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SANT’IRENE – SANTIAGO DE COMPOSTELA Sabato 14 Agosto 2010 XXX Tappa

“Il cammino del corpo
  ti porta per le vie del mondo,
  il cammino della mente
  ti porta verso il mondo del sapere,
  il cammino del cuore
  ti porta verso Dio,
  il cammino di Santiago
  ti porta a conoscere te stesso.” (Fabio Cattaneo)
 
E finalmente l’ultima tappa. Ci alziamo tranquilli, sappiamo che sarà una giornata particolare, rivivremo l’esperienza del 2007; per questo, nonostante i chilometri da percorrere siano relativamente pochi, puntiamo la sveglia alle 6,00 e dopo un’oretta siamo a Pedrouzo per la consueta abbondante colazione. Quando riprendiamo, ci accoglie uno dei più bei boschi di eucalipto e subito ci troviamo trascinati da una specie di fiumana: siamo veramente in tanti ad andare, in una frenesia collettiva che contagia e incita. Siamo solo distratti da una serie di lapidi che ricordano tre pellegrini che trovarono la morte sul finire del loro cammino.

MELIDE – SANT’IRENE 13 Agosto 2010 XXIX tappa

Ogni borgo, ogni villaggio una sua chiesa: “…quando busserò alla tua porta, avrò fatto tanta strada, avrò piedi stanchi e…” cantavamo al Gruppo Giovanile Immacolata. Ora quel canto si sente quasi solo alle esequie, ma a noi dice che ogni momento è buono per mettere ai piedi del Buon Dio il breve o lungo pezzo di vita che stiamo percorrendo.
Visto l’affollamento di pellegrini e i nostri tempi di percorrenza, eravamo preoccupati per il giorno successivo e prima di andare a dormire presso il rifugio di Melide, avevamo provato a fare un tentativo di prenotazione telefonica presso i vari paesi che avremmo attraversato l’indomani. Tutto occupato e il primo che arriva meglio si accomoda.
Allora decidiamo di partire ancora più presto e alle 6.05 siamo in pista…ma non da soli. L’alba schiarisce i sentieri, filtra tra gli alberi dei boschi e tratteggia una lunga fila di pellegrini che vanno, allegri e gioiosi, superati di tanto in tanto da altri, altrettanti, urlanti e sfreccianti: hola…buen camino…, in bicicletta.

LIGONDE – MELIDE 12 Agosto 2010 XXVIII tappa

Seguire le impronte di Cristo per capire come accogliere chi cade, chi si ferma per la strada, chi “non è amato, non voluto, dimenticato, perché la grande povertà è il frutto del rifiuto.” (Madre Teresa di Calcutta), perché, quando si è stanchi e i passi sono pesanti, ci sia sempre qualcuno che tenda la mano e quella di Cristo potrà essere la tua.
Lasciamo quella piccola comunità di Ligonde abbastanza presto, ma non tanto, perché la colazione è già pronta e ne approfittiamo. La giornata si preannuncia serena e nella frescura dell’alba si cammina proprio bene. La strada si stende con una docilità complice per il godimento di ogni angolo, ogni curva, ogni discesa, anche ogni salita, con scorci d’infinito che assumono tutti i colori dell’iride. Come non essere felici? Quando, poi, si guarda avanti con a fianco la persona che più ami?

MORGADE – LIGONDE 11 Agosto 2010 XXVII tappa

“Abbiamo tutti bisogno di un viaggio, non per “vacanza” (cioè per fare vuoto attorno a noi), ma per trovare noi stessi. Tutti bisognosi di un cielo sulla testa e di una strada sotto i piedi” (Luigi Maria Epicoco)
 
Ci stacchiamo presto dalla porta di Morgade, alle 6,00, rinunciamo alla colazione che sarebbe stata servita troppo tardi,  e procediamo spediti fino al primo bar aperto che incontriamo. Consueta sosta con tanto di preghiera presso il primo “cruceiro” che si profila all’orizzonte, e se ne incontrano parecchi, il più interessante e caratteristico (del 1670)  lo ammiriamo a Lamerinos.

SAMOS – MORGADE Martedì, 10 Agosto 2010 XXVI tappa

“Il Signore Dio è la mia forza, egli rende i miei piedi come quelli delle cerve e sulle mie alture mi fa camminare” (Abacuc 3,19)
 
Alla partenza, circa le 7,00, siamo un po’ galvanizzati dal fatto che ci ritroveremo a percorrere parte del tratto che facemmo nel 2007 con gli amici dell’allora pellegrinaggio. Fino a Sarria il cammino si evolve fra saliscendi a fianco della strada provinciale, immersi nella nebbia come se fossimo stati a casa.
A Sarria ci fermiamo al primo bar che incontriamo per la colazione e poi saliamo alla città antica dove, davanti all’ostello comunale, troviamo i giovani pellegrini francesi che avevamo visto per l’ultima volta a O Cebreiro. Il ragazzone, sdraiato sui gradini, ammette che con il ginocchio così malandato non ce la fa più e, quindi, a malincuore  ritornano a casa.

O CEBREIRO – SAMOS Lunedì, 9 Agosto 2010 XXV tappa

“Quello che prima dovevo nascondere nel più intimo del mio cuore, ormai lo posso proclamare a voce alta e forte: credo, confesso. Signore è possibile che rinasca colui che è già giunto alla meta della sua vita? (Gv 3,4) Questo hai detto, e si è verificato per me….Nessun cuore umano può capire quello che tu riservi a coloro che ti amano. Ora che ti ho stretto a me non ti lascerò (Ct 3,4). Qualunque sia il cammino della mia vita, tu sei con me. Niente mi separerà dal tuo amore. (Santa Teresa Benedetta della Croce /Edith Stein\).
 
Come di consueto, ormai, alle 6,00 eravamo ancora avvolti dal buio, ma già in strada. Decidiamo di optare per l’asfalto per due motivi: si vedeva veramente poco e per il fatto che avevo dovuto calzare i sandali a causa della medicazione del giorno prima. Questo secondo motivo, ovviamente mi avrebbe fatto camminare male in quanto non potevo utilizzare i plantari ad hoc che sono costretto a portare.

VILLAFRANCA DEL BIERZO – O CEBREIRO Domenica 8 Agosto 2010 XXIV Tappa

“Farò camminare i ciechi per vie che non 
conoscono, li guiderò per sentieri sconosciuti,
trasformerò davanti a loro le tenebre in luce,
i luoghi aspri in pianura” (Is 42,16)
Ed ecco la madre di tutte le tappe. Ci siamo, finalmente, partiamo emozionati e paurosi. Villafranca del Bierzo (505mt slm) è buia e deserta, sono le 6,10, s’aggira solo, l’ho riconosciuta, la pellegrina che era stata ai nostri calcagni nella tappa da Astorga.

PONFERRADA – VILLAFRANCA DEL BIERZO XXIII tappa

Sabato 7 agosto 2010
“Mentre trascorre la vita,      
solo tu non sei mai,
Santa Maria del Cammino
sempre sarà con te…”
Santa Maria del Cammino è un canto nato su queste strade con i pellegrini. Ce l’ho in testa quando lasciamo Ponferrada alle 6,15 di una giornata che sembra presentarsi calda, seppur, sulla carta, facile. Non ci siamo accorti d’esser passati sul famoso vecchio ponte di ferro e, per certi versi, neppure ci accorgiamo dell’attraversamento dei paesini che incontriamo. Solo mi resta impresso Huerta del Sacramento che mi porta ad una riflessione. In Spagna la religiosità si misura anche dai nomi che vengono dati ai paesi e spesso, come questo, c’è proprio un richiamo diretto al Mistero della fede in Cristo Gesù. Pare, allora, incomprensibile l’odio contro la Chiesa Cattolica che si è accanito durante la guerra civile degli anni ’30 con persecuzioni, uccisioni e stragi di preti, religiosi e laici. L’ideologia, quando degenera, evidentemente, acceca le coscienze e distrugge il buon senso.
E mentre riflettevo su queste cose, altri nomi come Columbrianos, Fuentes Nevas, Camponaraja ci permettevano di scoprire una zona ad alta densità rurale, fatta di fattorie, di vigneti e di mandrie al pascolo.

FONCEBADON – PONFERRADA Venerdì 6 Agosto 2010 XXII tappa

A proposito dei Cavalieri Templari:
“ E’ difficile distinguere i fatti reali dalla leggenda…Non ho
riscontrato unanimità su cosa siano i fatti reali: dipende dai
punti vista. La cosa interessante è che la leggenda, che per
definizione è distorta, dà una versione degli eventi di gran
lunga più accettabile. Tutti si trovano d’accordo sulla leggenda,
ma nessuno si trova d’accordo sui fatti.” (Michael Coney)
Alle 6,30 quando siamo fuori dal rifugio, al buio, sappiamo già dove dobbiamo indirizzarci, basta seguire le filtranti luci delle pile di chi ha iniziato a camminare prima di noi. L’aria è fredda, il vapore si condensa nei nostri respiri e il monte Irago s’intravede in chiaro scuro. Sotto questo monte, ben presto, alla luce del sole che piana sui bassi arbusti di un ampio prato, giungiamo al cospetto della famosa “Croce di Ferro”, la “Cruz de Hierro”, punto nodale del pellegrinaggio.

ASTORGA – FONCEBADON 05.08.2010 21ma Tappa

Và, dillo alle montagne,
sopra i prati e le colline
và, dillo alle montagne
che Cristo è con noi.
Eccoci qua, un anno dopo, in pieno anno composteliano. Quando la festa di San Giacomo cade di domenica (il 25 luglio) viene indetto, appunto, l’anno composteliano. Il prossimo cadrà nel 2021.
Ieri siamo arrivati in macchina ad Astorga dopo un viaggio di due giorni, come negli anni precedenti, attraversando tutta la Francia e fermandoci a dormire sempre a Bourguette, appena dopo Roncisvalle. Naturalmente ne abbiamo approfittato per prendere la solita Messa del pellegrino concelebrata dai soliti sacerdoti, di cui quello che dà la benedizione finale ai pellegrini assomiglia in modo impressionante al nostro vescovo emerito Mons. Locatelli,  mangiare la solita trota alla cena dei pellegrini e gustare l’aria frizzante di chi è all’inizio della grande avventura del Cammino. C’era tanta gente, faceva freddo (13 gradi) e pioveva.

SAN MARTIN DEL CAMINO – ASTORGA 17.08.2009 XX tappa

“Santiago” fu il grido con il quale i cavalieri castigliani si gettavano in battaglia.
“Mira, Mira: ecco il barone per cui là giù si vicita Galizia”  (Paradiso XXV, 13-18)
“…in modo strecto non s’intende peregrino se non chi va verso la casa di sa’ Jacopo o riede…” (Dante, Vita nova XL., 6)
Questa mattina ci avviamo alle 5,45 perché vorremmo arrivare ad Astorga sul presto. Quest’anno interrompiamo qui la nostra seconda parte di cammino. Prenderemo, perciò, un pullman per Burgos dove pernotteremo ed il giorno successivo andremo a recuperare la macchina a Santo Domingo de la Calzada, per il ritorno a casa.
La giornata inizia bene, siamo sufficientemente riposati, un po’ dispiaciuti perché finisce l’avventura, ma non demordiamo di goderne fino in fondo lo spirito.

LEON – SAN MARTIN DEL CAMINO 16.08.2009 XIX tappa

Signore, volevo cercare la mia felicità nelle creature di questo mondo, come vedevo fare da tanta gente intorno a me; ma quanto più cercavo, tantomeno trovavo; quanto più mi avvicinavo, tanto più mi allontanavo…In quanti cammini sfibranti non mi sono impantanato? Beato veramente l’uomo che tu previeni con tanto amore da non essere lasciato in riposo finché non cerchi in te solo il suo riposo. (Beato Henri Suso)
In questo cammino proprio non mi sono mai impantanato, anzi, insieme a Mariella, ho trovato quegli stimoli, quelle motivazioni che mai avrei immaginato. Mi rendo conto che non sto andando solo verso delle antiche pietre, verso il sepolcro di un Santo. La stanchezza è tanta, ma la volontà è più forte, da dove viene questa forza?

RELIEGOS – LEON Sabato 15 Agosto 2009 XVIII tappa

“ La felicità non si presenta in un solo momento o in un giorno. La felicità è durante, è nel viaggio, che va avanti per tutta l’esistenza”. S.B.
Sembrava una tappa, sulla carta, facile. Invece, a parte le sette ore e mezzo di strada, siamo giunti alla meta sfiniti ed affannati.
Al mattino presto tutti leoni, alla fine muli sfiancati. E meno male che condividiamo proprio tutto. Da qui scaturisce la forza di andare avanti, dal sostegno psicologico vicendevole, dal pungolarsi continuamente per non demordere.
Chi va sul cammino da solo trova sempre un compagno di viaggio e non sarà quello che ti scegli o quello che capita, bensì quello che avrà il tuo stesso passo.

CALZADA DEL COTO – RELIEGOS 14.08.2009 XVII tappa

“Quando senti qualcuno cantare, fermati e ascolta, perché un cuore che odia non ha canzoni”
Ormai ci abbiamo preso gusto e alle 5.45 siamo già sul cavalcavia che supera la superstrada Burgos-Leon, pronti a lasciare il paese di Calzada nel buio della notte. Non come ladri, ma come viandanti speranzosi di un’altra giornata felice.
Riprendere il sentiero non è stato facile a causa di un cantiere stradale, uno dei tanti di questa Spagna in perenne fermento elettorale. Il nostro passaggio ha svegliato di soprassalto un operaio che se la dormiva di grosso dietro a dei cartelli e anche noi ci siamo un po’ spaventati, quasi mettendo le ali per allontanarci il più presto possibile da quella gimcana edile.

CALZADILLA DE LA CUEZA – CALZADA DEL COTO XVI tappa 13 Agosto 2009

La vita presente è un cammino che ci porta al termine della nostra speranza, allo stesso modo in cui si vede sui germogli il frutto che sta per sbocciare dal fiore; grazie al fiore il frutto giunge all’esistenza, anche se il fiore non è il frutto. Allo stesso modo, la messe che nasce dai semi, non appare subito con la spiga, ma dapprima cresce l’erba, poi quando è morta l’erba, si erge lo stelo di grano e così il seme matura in cima alla spiga…così, la morte, la vecchiaia, la giovinezza, l’infanzia e la formazione dell’embrione, tutti questi stati, sono come altrettante erbe, steli, spighe, che formano un cammino, una storia e una potenzialità che permettono di giungere alla maturità attesa.  (San Gregorio Nisseno)
Alle 5,30 la Mariella mi sveglia, ha sul capo la pila da “minatore” e sta già preparandosi per la partenza. Cercando di fare nel modo più silenzioso possibile, quasi tutti ancora dormono, siamo in strada alle 6,00 in punto, come da programma ed è buio pesto, appena fuori dall’abitato. Il cielo è limpidissimo, le stelle si vedono tutte e il fatto di aver dormito male, in una camerata da almeno 50 persone, con gli inconvenienti che questo comporta, per esempio avere sopra di noi due orientali con cui non si è riusciti a scambiare neppure un minimo, non dico di parole, ma neppure di gesti, è stato subito dimenticato per il piacere di questo momento. Oltretutto, allietato dalla visione di non meno di dieci stelle cadenti. Era tutto un indicare all’altro: “guarda quella,  un’altra!, un’altra ancora” . Quanti desideri sono inconsciamente scivolati sui nostri sorrisi, consapevoli che quanto meno uno già si stava realizzando: camminavamo felici, insieme, mano nella mano guardando il cielo e la luna, leggeri e spensierati.
In lontananza un’altra forte luce si stagliava, isolata, non riuscivamo a capirne l’origine, poi al primo paese che incontrammo, Ledigos, la nostra curiosità fu soddisfatta: era un carcere di massima sicurezza. La brezza che sentivamo sulla pelle ci fece riflettere sul senso di libertà che viviamo e di cui puoi naturalmente goderne, come puoi, all’improvviso, esserne privato.
E noi, avanti attraverso i “campos”. Siamo andati bene fino alle 11,00. Ad ogni paese una pausa. E’ una sensazione strana e particolare ogni qualvolta vedi all’orizzonte il segno di un paese, di solito tratteggiato da un campanile, cominci subito a cercare di immaginare come saranno le case, le vie, lunghe o ingolfate in piazzette, slarghi o incroci, che persone incontreremo, e già il leggerne il nome è un’emozione come quando ti compare il cartello di Terradillos de Los Templarios. Un nome che già dice la storia di questa cittadina protetta e tramandata dai famosi cavalieri cristiani.
Oppure, Moratinos, che ci meravigliò con alcune sue case interrate ed, infine, San Nicolas del Real Camino che deve, invece, la sua fortuna proprio al Cammino, viceversa non sarebbe altro che un paesello della pianura palenciana. A proposito, dopo si entra nella provincia di Leon. Subito s’incontra la cittadina più importante della giornata: Sahagun. Chissà perché, mi sembra più che altro un nome asiatico sudorientale, in realtà è proprio la classica città spagnola. Sul sentiero dal quale già si intravede Sahagun ci viene incontro un tizio in motorino che ci offre alcuni volantini
 reclamizzanti posti e luoghi dove mangiare e dormire, comincia la frenesia dell’accaparramento dei pellegrini perché ormai anche questo è “affari”. Per ritornare al giusto spirito, decidiamo di prendere la deviazione per passare davanti all’Ermita de La Virgen del Puente, ma era chiusa. Pazienza. La città è viva, frenetica, con parecchio traffico, il centro storico come si conviene per una città antica, mettiamo il “sello” e decidiamo di proseguire. Per ripida discesa arriviamo al Puente Del Canto, molto bello, costruito nel 1085 e dopo aver superato il rio Cea ci troviamo al cospetto del leggendario Prado de Las Lanzas (campo delle lance) dove si combattè una cruenta battaglia fra le truppe cristiane di Carlo Magno e quelle saracene del caudillo Aigolando. La leggenda dice che la notte prima dello scontro, presso l’accampamento cristiano i soldati infilzarono le loro lance nel terreno preparandosi alla battaglia nella preghiera. Al mattino trovarono quelle lance come fiorite, segno della benevolenza del cielo per quello che sarebbe stato l’esito del combattimento. Morirono in 40.000 ma la vittoria cacciò in modo definitivo i mori da quella regione.
Noi, per riposarci un po’, invece, ci dedicammo alla visita di una chiesa lì vicino, non ricordo il nome, forse dedicata a San Francesco, dove, con sorpresa e piacevole simpatia, ammirammo un altare in cui c’era una tela raffigurante Sant’Antonio che gioca a carte con Gesù Bambino.
Nel frattempo, svanita la freschezza fisica mattutina, il sole faceva il suo dovere e in quel di mezzogiorno è implacabile. Perciò non se ne poteva più. E la Mariella ad un certo punto, acquattatasi sotto un alberello, diceva che lei non faceva più un passo. Solo il profilarsi di un ennesimo campanile al di là di una superstrada, ci convinse che eravamo giunti alla meta: Calzada del Coto. Erano le 13.30.
Ci troviamo di fronte ad un piccolo caseggiato, una specie di spogliatoio per i nostri campi da calcio di periferia, con la scritta “Albergue del peregrino San Roque”. Era aperto, ma non c’era nessuno, informazioni presso il bar del paese. Andiamo al bar e il gestore ci dice che dobbiamo aspettare che torni sua moglie, ne approfittiamo per il “pranzo” e ritorniamo al “residence”. Nel frattempo si è quasi riempito: all’ingresso, di fronte ci sono i servizi, ampi con una doccia e acqua tassativamente fredda, a sinistra una piccola camerata, circa venti letti, totalmente già occupata da un gruppo di spagnoli, a destra idem, ma occupata solo da due suore coreane che avevamo già intravisto alcuni giorni prima. Ci sistemiamo nel più assoluto silenzio, tanto le monache erano impegnate nella preghiera. Dopo la rinfrescata e il riposo occorre medicare i piedi di Mariella che ha un paio di vesciche sui talloni, ma con nostro orrore scopriamo di non avere più negli zaini il necessaire per le medicine e i prodotti di pronto soccorso: l’abbiamo dimenticato, cioè ormai perso, a Calzadilla. Probabilmente, senza volerlo, i nostri vicini del piano di sopra, orientali, devono averlo spinto sotto il letto e quando al mattino, al buio, abbiamo preparato gli zaini non ce ne siamo accorti.
Va bene, ci mettiamo una pietra sopra e andiamo a cercare una farmacia (sic), c’è solo una bottega, ma non hanno ago e filo e, questa volta, neppure le buone intenzioni della signora gestora che va a cercarlo in casa e non lo trova, riescono a risolvere la faccenda.
Il paese non è che un gruppo di case affacciate sull’unica via, perciò ci stravacchiamo su una panchina, sull’altra ci stavano le suore (di clausura?) che non abbiamo mai sentito parlare. Sarà una caratteristica degli orientali.
In compenso gli spagnoli sono l’opposto e meno male perché il resto della giornata e della sera abbiamo potuto passarla con loro. Erano un buon numero, tutti amici, quasi della nostra generazione, uno di loro parlava molto bene l’italiano e ci faceva da traduttore oltre che da informatore. Ogni anno organizzano una decina di giorni di pellegrinaggio, cioè fanno il Cammino a pezzi, e quest’anno si fermeranno a Leon.
Sono molto ben affiatati e questa sera più gasati del solito perché uno di loro compie gli anni. Già la luna era alta, le suore erano scomparse, ma i baccanali sul prato antistante lo “spogliatoio” erano appena all’inizio. Siamo stati invitati a parteciparvi e così fra una bevuta ed una fetta di torta siamo giunti all’epilogo della nostra tappa. Al buio, con una lama di luce che entrava dalla finestra per un’imposta non del tutto chiusa, per doveroso rispetto delle evanescenti suore, sentiamo le ultime lontane iberiche risate, scivolando nel sonno riparatore.

VILLALCAZAR DE SIGRA – CALZADILLA DE LA CUEZA 12.08.2009 XV tappa

“Ricordati sempre il fuoco del viaggio,
il pane e il vino,
gli amici di un tempo, gli amici che verranno,
la gioia del cammino”.
Claudio Chieffo
Alle 7,00 in punto siamo già appoggiati sui paracarri che proteggono il sentiero, sotto il cartello che indica quanti chilometri mancano a Carrion De Los Condes.
C’è una luce strana, fra il buio e il chiarore, in lontananza, dell’aurora. Anche un automobilista si ferma e scende dalla macchina per fotografare quell’indefinito cielo. Arriviamo alla cittadina del cartello, giusto in tempo per una sostanziosa colazione e, conoscendo cosa ci aspetta, trascuriamo di fermarci per ammirare i variopinti negozietti di Calle Pina Blasco, il ponte medioevale sul Rio Carrion, il Monastero de San Zoilo, ultimo balaurdo di arte, storia e religiosità prima della spianata verso Calzadilla de la Cueza.
Prima d’imboccare il sentiero che per 17 chilometri ci guiderà verso il nulla, tocchiamo la bella località dell’antica Abadia de Benevivere. Già il nome è tutto un programma e lo si può intuire anche solo guardando le mura esterne sormontate da alte piante e alcuni punti cadenti della cinta, quanto basta per lasciarti intravedere la bellezza di ciò che sta all’interno.
Però, tanto non si può entrare, è chiuso, ritorniamo a bomba e ci riconcentriamo su quanto ci aspetta. Un paesaggio piatto, monotono, interrotto dall’andamento stanco di qualche pellegrino che ci precede. A proposito, davanti a noi c’è una persona che al suo zaino ha appeso un grande sacchetto di plastica, tirato in modo che stia aperto, perché ogni tanto si abbassa e raccoglie bottiglie, lattine, involucri che trova ai bordi del sentiero e li mette nel suo sacchettone sulle spalle. E’ infatti, nonostante tutto, una costante quella di buttare dove capita i propri rifiuti, piccoli o pochi che siano, anche sul cammino. E dire che il rispetto verso la natura dovrebbe essere più spiccato fra chi la può meglio apprezzare camminando. Tant’è, le abitudini sono dure da infrangere. Ebbene, quella persona, quella ragazza, quella magnifica donna era la nostra solitaria amica Melania. Non l’avremmo più rivista sul nostro andare.
Sul diario di bordo di San Nicolas avevo letto una definizione del Cammino:
Il cammino si compone di tre parti:
la nascita, da Roncesvalle, attraverso la Navarra e la Rioja;
la morte, la parte centrale del Cammino, Castilla y Leon;.
la resurrezione, la Galicia…Santiago.
Ecco noi stiamo assaporando proprio la seconda parte, ma anche questa ha la sua importanza e ha i suoi momenti di gloria. Come quando, proprio all’inizio della strada che s’immette nella sconfinata campagna, ci si affianca un’ambulanza ed i volontari di quella “croce” ci offrono alcune bottiglie di acqua.
Così carichi di scorte e di fiducia nella provvidenza che è sempre dietro l’angolo, ci immergiamo nella solitudine dell’ambiente, come pure nella solitudine del nostro essere che ci trascina in quegli intimi luoghi della mente e del cuore che solo la preghiera giornaliera riesce a colmare e a goderne nello spazio e nel tempo. E guarda caso, a noi va proprio bene, perché a circa metà del percorso, là dove ci sono quattro o cinque piccoli arbusti, un intraprendente personaggio del posto vi ha impiantato un rustico fatto di assi e/o cartelli pubblicitari dove vende bibite, panini e offre alcune sedie su cui riposarsi. A noi non risultava ci fosse questa “oasi”, una specie di “anguriera” dei nostri tempi, perciò vedete bene come la provvidenza arriva quando meno te l’aspetti.
Così come non ti aspetti, proprio quando la stanchezza ti sale sulle spalle, di vedere, come un miraggio, un mezzo campanile all’orizzonte. Segnalava la chiesetta all’interno del camposanto di Calzadilla de La Cueza.Ci arriviamo sfiniti e subito all’ingresso del paese c’è l’albergue comunale su cui ci precipitiamo per prendere possesso di una meritata branda.
Sembra ben tenuto, con tanto di piscinetta nella quale sguazzano decine di persone, ma è solo un’impressione dettata dal bisogno. In realtà è mal gestito da un gruppo di brasiliani e se non fosse che l’unica alternativa era un Hostal da 40 euro a persona, avremmo volentieri fatto trasloco. Purtroppo il paese è molto piccolo, saranno cinquanta anime, le pecore dentro un ovile vicino alla chiesa erano di più, e non riserva alcun interesse. Perciò, dopo i dovuti traffici, pulizia, riposo, lavaggi, stesura biancheria, il giro del paese ci ha impegnato per cinque minuti, lasciandoci tutto il tempo necessario per i vespri e per il dovuto relax (lontano dalla piscina) in attesa della cena che avevamo nel frattempo prenotato nell’hostal da 4 stelle.
Per fortuna, il menù del pellegrino è stato di qualità buona in rapporto anche al prezzo. Motivo per cui abbiamo potuto andarci a coricare ben pasciuti, perché l’indomani, avevamo deciso, ci saremmo alzati molto presto. Un’esperienza, anche questa, da fare.

DIARIO DI UN PELLEGRINO:SAN NICOLAS – VILLALCAZAR DE SIRGA Martedì, 11.08.2009 XIV tappa


 “ Ho fatto tutto quel che dovevo fare e per cui ero partito: ho camminato, ho pregato, ho chiesto perdono. Realizzo che questa è la vita. A misura che camminiamo, che avanziamo nel tempo, ci vengono tolte persone, cose, sicurezze, presunzioni, anni e possibilità. Ma è quando siamo così, così poveri nello spirito, che possiamo pronunciare il nome di Gesù. Adesso lo posso dire: Gesù confido in te. E accade che quel nome getta un ponte tra il niente che siamo e il Tutto, tra il tempo e l’eternità, tra la morte e la vita. Il Cammino ha fatto approdare tutto ciò che sono – spirito, anima e corpo – a una fiducia essenziale, forte come la morte. Mi accorgo di saper adesso fidarmi di Qualcuno invisibile e inafferrabile. Ma presente e reale”. (Don Paolo Asolan).
Sveglia di prima mattina per partecipare alla S. Messa che Don Paolo celebra nella memoria di Santa Chiara (l’onomastico di nostra figlia). Attorno all’altare, alla tiepida luce dell’aurora, gustiamo questo momento commossi e felici. Allegri, invece, godiamo della pronta colazione che ci viene servita e tutto questo senza nulla chiedere, solo chi può e vuole può versare il suo “donativo”. Alle 8,00 siamo pronti per la partenza, ma le sorprese non sono finite perché gli amici di San Jacopo si accingono a salutarci con una particolare benedizione che viene impartita da Don Paolo con la conclusione di un fraterno abbraccio.

DIARIO DI UN PELLEGRINO: BURGOS – SAN BOL Domenica, 9 Agosto 2009

Che la tua vita non sia una vita sterile. 
Sii utile. Lascia traccia.Illumina 
con la fiamma della tua fede
e del tuo amore.
Cancella con la tua vita d’apostolo
l’impronta viscida e sudicia che i seminatori
impuri dell’odio hanno lasciato.
E incendia tutti i cammini della terra con
il fuoco di Cristo che porti nel cuore”
(San Josemaria Escrivà)
Se tentate di localizzare San Bol, non lo troverete su alcuna cartina perché non è un paese, non è una cascina, è…segui il racconto.
Partiamo come al solito alle 7,00. La città è semideserta, ci accostiamo al fiume, su larghi marciapiedi, e ci avviamo freschi e silenti, guardando e sorridendoci.
Dopo un bel po’ usciamo da Burgos ed inizia un brutto sentiero fatto di sassi spezzati che fanno male ai piedi. Probabilmente non sapevano dove scaricare materiale di risulta ed hanno pensato bene di livellare il battuto. Lasciamo alla nostra sinistra il paese di Villabilla e dopo aver fatto alcune deviazioni dovute al nuovo svincolo autostradale ci troviamo finalmente su traccia più tranquilla.

DIARIO DI UN PELLEGRINO:SANT JUAN DE ORTEGA – BURGOS Sabato 08 Agosto 2009 XI tappa

Andare in silenzio
un passo e un passo ancora
un grano e un grano ancora
un volto che accompagna
non si è più soli
e vado in silenzio ancora.
Al mattino presto, albeggia appena, siamo sul piazzale davanti alla chiesa. E’ tutto ovattato ed andiamo in silenzio, imbocchiamo il sentiero oltre la strada, in mezzo al bosco. Sembra ci si inoltri verso l’ignoto, le chiome degli alberi alte, il cielo che si schiara ed in discesa verso la piana di Atapuerca. E’ un luogo di particolare importanza per gli amanti della preistoria. Infatti, in questo sito sono custodite e visitabili alcune tracce dell’esistenza degli uomini di circa 800.000 anni fa.
Quando ritorniamo sull’asfalto, poco prima del paese di Ages, una gigantesca immagine del nostro antenato preistorico, non troppa simpatica, ci porge il benvenuto. Sarebbe interessante accettare la sua ospitalità, ma urge una buona colazione ed il profumo a distanza di una caffetteria, già aperta di buon ora, ci spinge in quella direzione.

DIARIO DI UN PELLEGRINO:BELORADO – SAN JUAN DE ORTEGA 7 Agosto 2009

Sveglia alle 6,30 – Piove a dirotto – San Gaetano pensaci tu.
Che mi risponde con il Salmo 83 :
“Beato l’uomo che trova in Te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore…
Cresce lungo il cammino il suo vigore.”
Alle 7,00 pioviggina ed allora, zaini in spalla, mantellina sugli zaini e via, uscendo da Belorado attraverso il ponte sul rio Tiron che segna il confine del paese.
Testa bassa, in silenzio, sul sentiero che costeggia piantagioni di alberi da frutto, ogni tanto un cartello “non prendere, veleno”, fino al paese di Tosanto che lasciamo sulla destra. Avremmo potuto visitare l’Ermita del la Virgen de la Pena (Vergine della Roccia), ma era troppo presto, l’avremmo trovata chiusa, perciò non valeva la “pena” arrampicarci a mezza costa delle rocce dove si trova incastrata. Dicono che l’interno della chiesa sia appunto ricavato nella roccia. Certo che vista da lontano fa proprio effetto.