Ogni borgo, ogni villaggio una sua chiesa: “…quando busserò alla tua porta, avrò
fatto tanta strada, avrò piedi stanchi e…” cantavamo al Gruppo Giovanile
Immacolata. Ora quel canto si sente quasi solo alle esequie, ma a noi dice che
ogni momento è buono per mettere ai piedi del Buon Dio il breve o lungo pezzo di
vita che stiamo percorrendo.
Visto l’affollamento di pellegrini e i nostri tempi di percorrenza, eravamo
preoccupati per il giorno successivo e prima di andare a dormire presso il
rifugio di Melide, avevamo provato a fare un tentativo di prenotazione
telefonica presso i vari paesi che avremmo attraversato l’indomani. Tutto
occupato e il primo che arriva meglio si accomoda.
Allora decidiamo di partire ancora più presto e alle 6.05 siamo in pista…ma non
da soli. L’alba schiarisce i sentieri, filtra tra gli alberi dei boschi e
tratteggia una lunga fila di pellegrini che vanno, allegri e gioiosi, superati
di tanto in tanto da altri, altrettanti, urlanti e sfreccianti: hola…buen
camino…, in bicicletta.
Ce la prendiamo con calma, stiamo bene e così un paese dopo l’altro, meglio, un
borgo dopo l’altro, Santa Maria/Raido/Parabispo/Boente/Castaneda (dove facciamo
una sostanziosa colazione, nello stesso posto del 2007) /Pedrido/Ribadisso da
Baixo, scivolano via fino ad Arzua, questo sì è un bel paese. Lo attraversiamo,
comunque, velocemente, ma la conversazione con Mariella si trasforma in una
paciosa risata al ricordo di quanto successe durante il pellegrinaggio con gli
amici del Centro di Aiuto alla Vita.
Essendo in dodici, avevamo pensato di prenotare ancora prima di partire per
tutte le notti che saremmo stati in giro. Avevamo due fine tappa, una a
Castaneda ed il giorno successivo a Pedrouzo. Per il giorno che ci portava a
Castaneda, pensavamo di aver prenotato l’albergue a Melide. Con i pulmini
potevamo permetterci spostamenti anche di parecchi chilometri, in realtà poi
scoprimmo che il nostro albergo era ad Arzua. Avevamo fatto fatica a trovarlo,
sfido io lo cercavamo a Melide, ma alla fine eravamo anche sistemati bene e vi
abbiamo pure consumato un’abbondante ed ottima cena. Il giorno dopo, la tappa a
piedi, ripartiva da Castaneda con arrivo a Pedrouzo ed il pernottamento era
previsto ad Arzua presso un albergo che…era proprio di fronte a quello dove
avevamo dormito la sera precedente. Non vi dico le risate e la presa per i
fondelli verso l’autore delle prenotazioni. Indovinate chi? A discolpa devo dire
che avevo chiesto la collaborazione di un’amica sudamericana che quanto meno non
aveva difficoltà con la lingua, ma evidentemente lasciava a desiderare sulla
geografia.
Tornando al presente, dopo Arzua, in un saliscendi continuo, con i sempre
ammirabili boschi di eucalipto, proseguendo quasi sempre in parallelo con la
statale, che ogni tanto riattraversavamo, s’incontrano ancora tante altre
borgate: Pegontuno/Calzada/Pedrido/Boavista/Salcedo/Brea (pensavamo di essere
entrati nel mondo del Signore degli Anelli) e in tutti questi posti ci fermavamo
per chiedere ospitalità, ma niente, tutto occupato. Intanto le ore trascorrevano
e i chilometri pure, eravamo ormai vicini ai 30. Stavamo, nonostante tutto
ancora bene, e quindi ancora avanti, un’altra salita ed un’altra discesa
(subidas y bajados), un Alto, di S. Irene (380mt) e poi l’abitato di Sant’Irene
dove arriviamo alle 15,35. Anche qui pensavamo di non trovare ed infatti
l’albergue era pieno. L’hospitaliero ci dice di proseguire fino a Pedrouzo dove
sicuramente avranno aperto la palestra e già siamo in marcia, quando mi viene in
mente di aver visto, poco prima una casa con un cartello. Torniamo indietro e
bussiamo, scoprendo l’iniziativa privata di una signora che mette a disposizione
la sua casa per accogliere pellegrini e, combinazione, ci sono ancora due posti.
Costa un po’, ma chi se ne importa, per noi è una grazia. L’ambiente è
famigliare, bello e pulito, con un ampio cortile ed è pure prevista la cena che
subito prenotiamo. Praticamente, attorno ci sono solo campi, una fresca fontana
con acqua sorgiva ed un folto bosco dove vediamo arrivare un paio di macchine
con due famiglie di spagnoli pronti a campeggiare. Li osserviamo mentre montano
le tende, con i bambini piccoli che scorrazzano felici, mentre le donne
preparano per la cena all’aperto. Noi, invece, ce la gustiamo in un’appropriata
sala da pranzo in compagnia di altri pellegrini con i quali si scambiano
informazioni e suggestioni, soprattutto sul fatto che questo è l’ultimo giorno
prima dell’arrivo a Santiago, l’indomani.
Il resto della serata trascorre seduti attorno ad un tavolino in mezzo al prato
ad osservare il cielo mutante di colori, quasi come in veglia, trepidante ed
orante nel sereno abbandonarsi al Buon Dio per il felice esito che sembra
pregustare il nostro andare ad Limina Jacobi.