“Il cammino del corpo
ti porta per le vie del mondo,
il cammino della mente
ti porta verso il mondo del sapere,
il cammino del cuore
ti porta verso Dio,
il cammino di Santiago
ti porta a conoscere te stesso.” (Fabio Cattaneo)
E finalmente l’ultima tappa. Ci alziamo tranquilli, sappiamo che sarà una
giornata particolare, rivivremo l’esperienza del 2007; per questo, nonostante i
chilometri da percorrere siano relativamente pochi, puntiamo la sveglia alle
6,00 e dopo un’oretta siamo a Pedrouzo per la consueta abbondante colazione.
Quando riprendiamo, ci accoglie uno dei più bei boschi di eucalipto e subito ci
troviamo trascinati da una specie di fiumana: siamo veramente in tanti ad
andare, in una frenesia collettiva che contagia e incita. Siamo solo distratti
da una serie di lapidi che ricordano tre pellegrini che trovarono la morte sul
finire del loro cammino. La loro meta era un’altra e, soffermandoci per una
preghiera, le domande sul perché di quegli epiloghi rimangono senza una
risposta. Un po’ di tristezza ci prende, ma proseguiamo e dopo Cimadevilla, il
susseguente ulteriore bosco, quasi una foresta, alcune altre borgate, giungiamo
a Labacolla, solcata dall’omonimo rio. In questa località, si dice, nei tempi
antichi i pellegrini si lavavano, loro e le quattro vesti che indossavano, prima
di entrare in Santiago. Adesso è solo la prima periferia di una grande città,
dotata di aeroporto che per un bel pezzo costeggiamo. Prima, però, non potevamo
mancare la foto presso il grande “mayon” di Santiago. Si fa la fila per lo
scatto. E si riparte, quasi di corsa, come se l’arrivo fosse dietro la curva,
amara sorpresa quando ti accorgi che ci sono ancora lunghi rettilinei, come
quello che si sviluppa a fianco degli impianti della TV galiziana. Il traffico,
anche veicolare, aumenta a vista d’occhio e si continua ad attraversare la
Carrettera Nacional N-544. A cinque chilometri dalla Basilica, dopo aver
lasciato alle spalle Villamayor, ed un ombroso chiosco per una pausa mattutina
come si deve, ci accoglie la Capilla de San Marcos, una chiesetta ai piedi del
Monde do Gozo. Il “Monte della Gioia”, così detto perché è un’altura da cui, per
la prima volta, si può ammirare la piana di Santiago e, in lontananza, le
sovrastanti guglie della cattedrale. Manca il fiato, non per la breve salita,
manca per la gioia, appunto, di vedere a portata di piedi la meta, l’agognato
punto di arrivo di un’impresa che non pensavi alla tua portata. Ed invece,
eccoci qui, arrampicati sul maestoso monumento eretto in ricordo della
memorabile IV Giornata della Gioventù voluta nel 1989 da Papa Giovanni Paolo II
proprio a Santiago.
Le foto di rito sono dovute, idem una breve preghiera nell’affollata Capilla, e
poi via in veloce discesa fino al cartello stradale “Santiago de Compostela”,
dove si scatta un’altra altrettanto dovuta serie di foto. In questa vasta
periferia, fatta di stabilimenti, strambi edifici, supermercati, rotonde,
incroci, smorti giardini, ci si perde. Stranamente i segnali sono insufficienti
e spesso non si capisce quale direzione prendere, allora, per non sbagliare, se
si intravede un pellegrino, quella è la via. La città vecchia, il centro
storico, quasi per incanto, ci appare ed il clima cambia un’altra volta. Le vie
sembra, con gentilezza, t’introducano in un mondo nuovo: la Rua do Franco, la
Rua do Vilar, la Rua do Nova ti conducono alla Porta do Camino. Attraversi
questo ultimo incrocio ed entri in una folla di gente che va, che viene, il
rumore del traffico non c’è più, solo un vociare avvolgente che passa da una
piazza all’altra, da una fontana all’altra. Già vedi le poderose pareti della
Chiesa, ci passi sotto, attraverso un portico, fuoriesci dai sottostanti scalini
e ti si apre l’immensità de la Praza do Obradoiro. Alzi il capo e davanti a te
c’è la maestosità della cattedrale, c’è il Portico della Gloria. La piazza è
piena di gente, a noi sembra di girare su noi stessi, come delle trottole, tutto
ci ruota attorno, siamo felici. Mi volto e vedo Mariella che piange, grosse
lacrime le solcano il viso e sorrido perché so che sono lacrime di gioia.
Perché? Non lo so, è tutto così impossibile, da non crederci, ce l’abbiamo
fatta, siamo ancora un’altra volta qui, tu ed io, insieme. E ridiamo, ci sediamo
per terra, la schiena appoggiata agli zaini, mano nella mano, a guardare davanti
a noi la forte sagoma di una chiesa custode di un tesoro, la vita di San Giacomo
Maggiore, e più su verso il cielo di un azzurro che contrasta nel colore il
bello di quella vista.
Pensiamo pure che nel 2007, quando vi arrivammo con gli amici del Centro di
Aiuto alla Vita, quel cielo era cupo di scure nuvole piangenti pioggia battente.
L’ingresso in piazza era stato altrettanto emozionante e gli abbracci
testimoniarono tutta l’amicizia rafforzata da quel pellegrinaggio in comune.
La cattedrale è una miniera da scoprire e da vivere sia all’esterno come nei
meandri dell’interno. Gli ingressi sono più d’uno, per ogni Praza che la
circonda, Praza do Platerias, do Quintana, do Immaculata, ma il primo ingresso
che utilizziamo non può essere che quello del Portico della Gloria. E’ il fiore
all’occhiello di tutta l’architettura medievale che giganteggia nel variegato
miscuglio di stili architettonici sovrapposti nel tempo e nella vita di queste
mura raccolte sopra la tomba del Santo. Anche noi avremmo voluto inchinarci alla
statua dell’apostolo e appoggiare la mano sui cinque solchi presenti sulla
colonna, dicendo “mi mandò il Signore”, ma i lavori di restauro in corso non ce
l’hanno permesso in tutte e due le occasioni. Restauri piuttosto lunghi. Tant’è
forse avremo un’altra occasione. Magari anche per vedere il famoso
“botafumeiro”, il mastodontico incensiere in movimento, perché abbiamo sempre
sbagliato orario della messa dove l’avrebbero messo in azione.
La confusione per certi versi è enorme, abbiamo fatto file su file, anche di
ore, per ottenere la “Compostela”, l’attestato che ci riconosce pellegrini
“pietatis causa” per San Giacomo, così come per poter entrare in chiesa dalla
Puerta Santa o del Perdon, che viene aperta solo durante gli anni santi come,
appunto, questo 2010.
Ma torniamo all’oggi. Eravamo arrivati in piazza alle 13,30 e ci accorgiamo che
il tempo è passato velocemente, dobbiamo trovare un posto per l’alloggio.
Avevamo rifiutato approcci di persone che ci offrivano una stanza, privati che
sbarcano il lunario o arrotondano il reddito personale affittando locali per la
notte. Pensavamo di trovare ospitalità presso l’ostello del Seminario (400
posti), ma quando vi arriviamo, dopo un lungo giro, pur essendo in linea d’aria
di fronte alla cattedrale, ci dicono che non c’è più posto, scoprendo che negli
anni è stato trasformato in un vero e proprio hotel. Non esistono e non
gestiscono, quindi, sistemazioni d’emergenza. Arrangiatevi. Ritorniamo, perciò,
sui nostri passi e ci mettiamo alla ricerca, ma è tutto occupato. Siamo quasi
sull’orlo dello sfiancamento e dell’angoscia di dover ritornare al complesso del
Monte Gozo, quando troviamo un “buco”, una stanza senza finestre con un letto,
solo per questa sera, “domani vi sposteremo in una “suite” come si deve”, ci
dice la signora che utilizza la sua casa in questo modo. In ogni caso, questa
sistemazione “provvisoria” ci permette di sistemarci, di abbandonare gli zaini e
di rituffarci per le vie della città, andare a prenotare i biglietti per il
ritorno ad Astorga, di trovare un buon ristorante per la cena. L’indomani,
domenica, l’avremmo dedicata alla partecipazione alla Santa Messa e alla dovuta
devozione culminante con l’abbraccio al fusto d’oro di San Giacomo posto
sull’altare maggiore e alle preghiere davanti al sottostante sepolcro.
Senza zaini, l’andare in giro per il centro storico è come scoprire di essere
dei semplici turisti, ma non ci stiamo e, perciò, è un continuo entrare ed
uscire dalla cattedrale. Avevamo molte cose da porre sotto la protezione del
primo apostolo martire, e non sempre ti riesce facile esprimerle. C’è bisogno di
pazienza e di silenzio. Lui, il Buon Dio conosce già, e bene, quali siano le
nostre speranze e le nostre aspettative, ma se ne parliamo anche con uno dei
discepoli prediletti del suo Figlio, sa che non potrà che farci bene. Intanto,
vi siete sobbarcati i 900 chilometri e passa per andarlo a trovare, e non è cosa
da poco, per il resto, lo sappiamo, molto dipende da noi, del modo in cui
riprenderemo la vita di tutti i giorni, una volta tornati a casa.
L’andare in giro per vicoli, portici, piazze, ci ha fatto rincontrare posti
vissuti nel 2007 con gli altri pellegrini, sorridendo alle vicissitudini ed alle
avventure trascorse con loro. La ricerca dell’hotel che avevamo prenotato che ci
ha portato a ben 20 chilometri da Santiago, un posto, comunque, molto bello e
chic. Il furto subito da Francesco, che mentre aspettava per ritirare la
Compostela si è visto sottrarre il borsello con soldi e documenti. La puntata a
Finisterre per affacciarci sull’Atlantico. Le cene favolose, come momento di
genuina condivisione di passato e futuro di ciascuno di noi.
L’andare in giro per Santiago ci ha colti, comunque, nell’unicità del nostro
stare insieme, della nostra storia, del nostro amore che continua a svilupparsi
sulla traccia sicura della fede. E’ bello sapere e capire che sono in molti ad
indirizzarci, quando rischiamo di smarrirla, su quella strada, su quel cammino
verso il porto sicuro. Un nome su tutti: Santiago, San Giacomo.