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Uno dei pregi più caratteristici e più utili del Santo Rosario è quello di poter essere recitato dovunque. Tenere in mano una coroncina e sgranarla piamente, è cosa che può farsi in ogni luogo, per le strade o sul treno, nei momenti di attesa in una sala d’aspetto o alla fermata del pullman, durante la fila allo sportello delle poste o salendo le rampe di una scalinata, stando fermo a riposo o guidando la macchina… Pensiamo a Sant’Antonio Maria Claret, che da giovane, lavorando nel cotonificio, recitava con gli operai il Rosario, mentre manovrava le macchine. E anche durante le pause alle sedute del Concilio Ecumenico Vaticano II, mentre tutti uscivano dall’aula conciliare per fare due passi o prendere un caffè, si vedeva don Giacomo Alberione restare al suo posto, in ginocchio, a recitare Rosari. Il santo Rosario può essere recitato da solo o in gruppo, con i grandi o con i piccoli, a voce alta o in silenzio. La recita del Santo Rosario non esige nessun apparato di cerimonie o di riti, né cambia in nulla se fatta per i vivi o per i morti, al letto di un moribondo o presso la culla di un bimbo… davvero il Rosario è una preghiera stupenda, la più semplice ed universale. E’ vero che il posto ideale per la recita del Rosario resta sempre la Chiesa, in ginocchio accanto al Tabernacolo o presso l’altare di Maria Santissima, come faceva ogni giorno, per ore ed ore, Padre Pio da Pietrelcina. ma quando ciò non sia possibile, in qualsiasi luogo, l’anima può mettersi alla presenza di Maria, rivolgersi a Lei con la pia recita delle Ave Maria. E anche in questo i Santi ci dimostrano con i loro esempi che il Rosario va bene dappertutto, non è condizionato da ambienti ed orari, si colloca agevolmente in tutti i luoghi e a tutte le ore.

          (tratto da: Il Santo Rosario e i Santi di padre Stefano Maria Manelli )


 

FAVOLA DI NATALE



In un paese piccolo, piccolo, come tanti paesi dalle nostre parti, si nasce, si cresce, si mette famiglia, si lavora e si costruisce il piccolo mondo fatto di case, officine, casolari, con i campanili che svettano  a protezione di una comunità che crede ancora nella Misericordia di Dio e si fa suo tramite per tutti e con tutti. E’ un paese tanto piccolo nei confronti della città, dove pochi comandano come devono vivere tutti i sudditi, anche quelli che stanno nei paesini. E così, ad un certo punto, anche sul loro piccolo ospedale la legge arrivò con medici ed infermieri pronti ad uccidere i più piccoli bambini ancora nella pancia delle loro madri.
Lo choc fu grande, tutto si offuscò, niente era più sicuro, le campane s’incrinarono e la gente cominciò a pensare sempre più a sé stessa. E tutto divenne più povero, nonostante si stia sempre più bene: si mangia, si beve, si è vestiti a buon punto, c’è casa, calda e con tutti i confort. La chiesa, sempre meno frequentata, non è più il luogo che unisce, non ci si sposa più e di figli manco a parlarne. Viene quasi voglia di sospirare…”gigante pensaci Tu…” E così avviene, il gigante si mette nei panni di una donna, madre di famiglia, felicemente sposata, che raccoglie attorno a sé un “piccolo resto” e costituisce il “Centro di Accoglienza alla Vita”. Dice: “da oggi non c’é solo la legge e l’ospedale, c’è anche la Legge di Dio Padre, che ci ricorda come dobbiamo riprendere a vivere”. Non basta, questo gigante, si ricorda pure dell’ammonimento…”tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me”…e poi, è Natale, cosa possiamo fare perché non ci sia più un bimbo non accolto? Pensa e ripensa, finché, davanti al presepe con la sua mangiatoia, il bambino suggerisce l’idea di una “culla per la vita”. Così, nel giro di poco tempo, proprio davanti al famigerato ospedale viene benedetta la “culla” e nel paese ritorna la speranza. Una luce si è accesa, le tenebre si attenuano, per un giorno si gioisce, le opere di misericordia tornano a fiorire per il bene di quel piccolo, piccolo paese. 

digiemme

Cultura dello scarto

Nei giorni di questa estate di gran caldo, come da aspettarsi, ma anche di gran disastri purtroppo, lasciamo per un attimo questioni e situazioni meteorologiche cercando di comprendere con l'aiuto del Santo Padre il significato del titolo: "Cultura dello scarto".
Tralasciando i moltissimi ambiti nei quali questa espressione è significativa, ci soffermiamo sul significato più importante per noi e per il nostro blog, quello della "vita".
Il 12 agosto, Papa Francesco ha inviato un messaggio in occasione dell'apertura della Settimana Nazionale della Famiglia, promossa dalla Conferenza episcopale brasiliana; chiaro il riferimento alla famiglia come grembo "per la trasmissione ed educazione alla fede cristiana", "per trasmettere con le parole e con le opere le verità fondamentali sulla vita e sull'amore umano", e soprattutto "di fronte alla cultura dello scarto, che relativizza il valore della vita umana ... i genitori sono chiamati a trasmettere ai loro figli la consapevolezza che essa deve essere sempre difesa, sin dal grembo materno".
Ci affidiamo ad un articolo, a firma di Massimo Introvigne, pubblicato sul quotidiano on line "La nuova bussola quotidiana":"Papa Francesco ha parlato diverse volte della «cultura dello scarto», un'espressione che a Buenos Aires aveva applicato specificamente a una cultura della morte che «scarta» i bambini indesiderati con l'aborto e i vecchi malati con l'eutanasia. Dal messaggio pubblicato ieri si evince che il senso in cui il cardinale Bergoglio a Buenos Aires e Papa Francesco a Roma usano l'espressione «cultura dello scarto» è proprio lo stesso. «Di fronte alla cultura dello scarto che relativizza il valore della vita umana - scrive il Papa - i genitori sono chiamati a trasmettere ai figli la coscienza che la vita deve sempre essere difesa, già dal grembo materno, riconoscendola come un dono di Dio e garanzia del futuro dell'umanità, ma anche nell'attenzione ai più vecchi, specialmente ai nonni, che sono la memoria vivente di un popolo e coloro che trasmettono la sapienza della vita».
In questa estate di gran caldo, un invito al valore fondamentale della vita umana fin dal grembo materno può essere un buon pensiero in un momento di serenità.