IN MEZZO A NOI

Seconda Domenica di Pasqua
 Anno C

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Se entri in una chiesa e non vedi al centro della stessa una croce, se non vedi il lumino acceso all’altare principale, davanti al tabernacolo, significa che sei entrato in un auditorium, quando va bene, o in un tempio senza Dio, cioè in un parlamento. Non può stare in piedi una Chiesa che non mette al centro Gesù Cristo, perché fin dai tempi apostolici: “… venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!” (dal Vangelo secondo Giovanni).
Gli apostoli erano nel cenacolo, la prima chiesa, stavano a porte chiuse, per paura, poi, con Gesù in mezzo a loro, le cose cambiarono. Non poteva essere diversamente, perché avevano un riferimento ben preciso: il loro Maestro, vivo e risorto, ed ora ricordavano le sue parole. Ora sapevano che con la sua Pace nel cuore potevano affrontare ogni rischio, potevano sentirsi fratelli in fiducia fra di loro e con Gesù.

IL SEPOLCRO

Domenica 
Pasqua di Risurrezione

 Giuseppe d’Arimatea era una persona facoltosa e previdente al punto di farsi anche un sepolcro, bello, in mezzo al verde e nuovo di zecca. Poi però, si fece, seppur in sordina, discepolo del Signore e utilizzò quel magnifico sepolcro proprio per deporvi il corpo di Gesù. Si procurò anche quel telo con il quale avvolse il corpo del Maestro, che sarebbe stato, successivamente, la reliquia più importante della cristianità: la Sacra Sindone. Sicuramente anche lui, insieme a Nicodemo, altro importante personaggio del Sinedrio, gli unici che si opposero alla condanna a morte di Gesù, avrà gioito in cuor suo alla notizia che Gesù era risorto, ma il meglio lo ha provato, oltre ogni aspettativa, l’apostolo Giovanni: “…allora entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.” (dal Vangelo secondo Giovanni).

ALL’ALTARE DI GESU’

 Domenica delle Palme
Anno C

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C’era un prete contadino, due manone screpolate, parroco di un paesino di 150 anime e cappellano di una caserma di almeno 500 militari. Fra i suoi campi dietro la chiesa, la cura pastorale della sua gente e i doveri da ottemperare nei confronti di quei pochi militi che rispondevano alle chiamate per la Messa festiva, la sua missione di “Alter Christus” fra i suoi era pienamente compresa. Pure da me e da altri 5/6 miei compagni d’arme. Ci fu chiara, soprattutto, quando una sera c’invitò ad una Santa Messa nella parrocchiale, solo noi e lui, attorno all’altare, nella luce del solo presbiterio. Ecco, in quel frangente compresi veramente il significato di quell’altare, nell’ascolto di queste parole: 
“…poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me.” E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi.” (dal Vangelo secondo Luca)

IL GERMOGLIO

Quinta Domenica

di Quaresima 

Anno C

Sono due le facce di una medaglia: la gioia per la conquista, la fatica e i sacrifici per giungere alla meta agognata. Questo vale per gli atleti seri, corretti e coraggiosi, a maggior ragione vale per chi impegna la sua vita per gareggiare sulla pista della fede, rispettando gli esercizi proposti dall’allenatore Gesù Cristo.
E’ una metafora che cerca di spiegare e di capire lo stato d’animo che assorbiva tutte le energie e gli sforzi dell’Apostolo delle genti, quando parlava della sua conversione:“…non ho certo raggiunto la meta, non sono arrivato alla perfezione, ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù.” (dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi).