LEON – SAN MARTIN DEL CAMINO 16.08.2009 XIX tappa

Signore, volevo cercare la mia felicità nelle creature di questo mondo, come vedevo fare da tanta gente intorno a me; ma quanto più cercavo, tantomeno trovavo; quanto più mi avvicinavo, tanto più mi allontanavo…In quanti cammini sfibranti non mi sono impantanato? Beato veramente l’uomo che tu previeni con tanto amore da non essere lasciato in riposo finché non cerchi in te solo il suo riposo. (Beato Henri Suso)
In questo cammino proprio non mi sono mai impantanato, anzi, insieme a Mariella, ho trovato quegli stimoli, quelle motivazioni che mai avrei immaginato. Mi rendo conto che non sto andando solo verso delle antiche pietre, verso il sepolcro di un Santo. La stanchezza è tanta, ma la volontà è più forte, da dove viene questa forza?
Sono sicuro, non è merito delle mie membra, dei miei piedi. Sono sicuro, lo scoprirò poco alla volta, chilometro dopo chilometro, polvere su polvere, casa dopo casa, chiesa dopo chiesa, pregando, cantando e convivendo tutto e per tutto con Mariella.
La sveglia di questa giornata è puntata su ore più abbordabili e solo alle 7,00 ci troviamo fra le vie che cominciano ad animarsi nello stesso modo con cui in tutte le città ritrovano il ritmo sempre più accentuato, ma calmo di una domenica.
Costeggiamo le possenti mura romane e il gusto di immaginarle baluardo a difesa della guarnigione e dei suoi abitanti, si smarrì con il passaggio alla contemplazione, si fa per dire, degli squallidi palazzi disordinatamente innalzati nell’espansione dell’abitato.
Così, per più di un’ora, marciapiede dopo marciapiede, condomini, negozi, semafori, incroci, traffico e nient’altro fino a Trabaio, sobborgo di Leon e poi Virgen del Camino, località estrema della grande periferia, dove gioco forza sei costretto a fermarti per la grande colazione: rito non più procrastinabile, pena il suicidio libero e consapevole.
In questo posto c’è un grande e moderno Santuario dedicato alla Vergine Maria, come dice il nome e dicono che sia interessante da vedere, ma dopo quanto assaporato ieri, proprio non ce la sentiamo di affrontare tutto quel cemento armato.
Eravamo partiti con l’intenzione di avere come luogo di arrivo Villar De Mazarife, ma quando, appena dopo la sosta, ci trovammo al bivio, scoprendo che per quella via si dovevano percorrere almeno 3 o 4 chilometri in più, optammo per la via più dritta, meno interessante dal punto di vista paesaggistico, ma più breve, pur se, comunque, alla fine avremo accantonato altri 26 chilometri.
In realtà è questa la traccia più originale del cammino, purtroppo si svolge quasi tutta parallela alla statale n.120, sempre in sicurezza, ma pur sempre sotto l’assordante chiasso del traffico veicolare.
I paesi che ci sono venuti incontro, Valverde De La Virgen, San Miguel del Camino, Villandagos Del Paramo, sono scivolati via senza lasciarsi coinvolgere più di tanto nella nostra fatica sempre più marcata. Ogni tanto qualche bar, per una birra San Miguel, ogni tanto ai margini di una cancellata dell’acqua fresca o qualche biscotto a sostegno dei pellegrini da parte della buona gente che vive sui bordi del cammino. E ogni volta i sorrisi illuminano i nostri volti tirati e sudati. Gracias amici e fratelli spagnoli.
Quando leggiamo il cartello San Martin del Camino, ripensiamo all’hostal San Martin di ieri e comprendiamo perché era un cavaliere in soccorso dei deboli. I proprietari dell’albergue, che si chiama Santa Ana, ci offrono una stanza a due letti, ma con servizi da condividere con tutto il resto del refugio.
Ciò comporta l’inconveniente di dover fare la fila, infradito ai piedi, asciugamano, sapone, sciampo in mano, pregando che l’acqua calda rimanga sempre tale al momento del tuo turno.
Dietro il nostro fabbricato, che sembra proprio un porticato di una vecchia casa colonica sistemato per sfruttare le opportunità offerte dal flusso di pellegrini sempre maggiore, c’è un esteso campo dove appendere il bucato e rilassarsi sotto l’ombra e la quiete del pomeriggio ormai avanzato.
Il caldo è impietoso, il paese è minimo, ma a tempo debito il giro turistico è dovuto. Finisce molto presto, anche perché la chiesa e la piazzetta centrale si conformano alle esigenze di un paese neutro. Sfruttiamo le strisce d’ombra delle case, la calura è micidiale, e ci infiliamo nell’unico bar affacciato sulla strada principale, nell’attesa che apra, alle 18,30 l’unica bottega di alimentari.
Rinforziamo le scorte di cibarie per il giorno dopo e mestamente decidiamo di accogliere la proposta di cena presente presso il nostro Albergue.
Giriamo l’angolo e all’anziano che fa altrettanto auguro “buenas noches”, al che mi guarda e mi dice “no, buena tarda”. E Mariella se la ride sotto i baffi, che non ha, forte del suo già buon spagnolo che sfoggia, con naturalezza, quando c’è da farsi capire.
La cena non è un granché, eravamo andati sul sicuro, con l’insalatona spagnola, ma ciccato clamorosamente, probabilmente da queste parti hanno un’idea più italiana dell’insalata. Perciò guardiamo con invidia la spaghettata che, nel frattempo, un eterogeneo gruppo di italiani stava spiattellando.
Se non altro la chiassosa allegria dei nostri connazionali ha vivacizzato una serata che sembrava destinata all’estinzione, ulteriormente vivificata dall’arrivo di una mandria di giovani pellegrini in ritardo sul ruolino di marcia.
La soddisfazione sulla faccia dei gestori era raggiante, il caos conseguente non indebolì la tenacia degli italiani e così arrivò l’ora di ritirarsi nei propri possedimenti  augurarando, veramente ora, “buenas noches”.