LA BISACCIA


XVII Domenica T.O.(Anno B)
Per il pellegrino medievale la bisaccia, che veniva benedetta prima della partenza per uno dei tre grandi itinerari di fede, a Gerusalemme, a Roma, a Santiago di Compostela, assumeva diversi significati. La bisaccia avrebbe dovuto essere stretta perché il pellegrino non deve portare con sé altro che una piccola e modesta quantità di denaro in quanto privo di mezzi, povero come Cristo, povero come gli apostoli, avrebbe dovuto fare affidamento solo nella divina provvidenza. Inoltre, la bisaccia ricordava al pellegrino la necessità di mortificare la carne afflitta dai vizi e dalle concupiscenze. Di essere pronto, quindi, a soffrire la fame, la sete, il freddo, le umiliazioni, la fatica. Infine la bisaccia non avrebbe dovuto essere chiusa da lacci, e anzi, doveva avere l’imboccatura sempre aperta, perché il pellegrino deve dividere i propri averi con i poveri e, dopo, essere pronto a ricevere e donare.
Il riferimento alla bisaccia, invece, per il Profeta Eliseo è segno della benevolenza di Dio per il suo popolo:
“…venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.” (dal secondo Libro dei Re)

IL GERMOGLIO GIUSTO


XVI Domenica T.O. (Anno B)
Quando ci rechiamo alla Santa Messa domenicale sappiamo di presentarci al cospetto del Signore che ci accoglie nella sua Casa e: “…davanti a me tu prepari una mensa, sotto gli occhi dei miei nemici…”(dal Salmo).
Abbiamo nemici? Purtroppo è proprio così. Siamo sotto una morsa di chi non ci vuole bene. I cristiani sono coloro che a causa della fede sono i più perseguitati nel mondo. Il guaio è che spesso e volentieri a non volerci bene sono pure quelli che a parole dovrebbero difendere e salvaguardare l’integrità della propria professione di fede. “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo…” (dal Profeta Geremia). Chissà, oggi, in quante omelie si sentirà piangere un “mea culpa” in relazione all’attuale vita della Chiesa che è in affanno. Non disperiamo, però: “…Ecco, verranno giorni nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero Re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra…e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia.” (dal Profeta Geremia).

LA POLVERE DEI CALZARI


XV Domenica T.O.(Anno B)
Efrem il Siro così si rivolgeva a Dio: “Signore e Sovrano della mia vita, non darmi uno spirito di pigrizia, di scoraggiamento, di dominio e di vana loquacità! Concedi invece al tuo servo uno spirito di castità, di umiltà, di pazienza e di carità.” Possiamo ben associare questo pensiero, questo proposito, questa preghiera ad ogni uomo che sente la chiamata al servizio di Dio. Sicuramente sarà stato così anche per il profeta Amos: “…il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge…”. Un uomo che viveva la sua vita in semplicità accontentandosi della sua famiglia, della sua terra, ma ecco che gli viene chiesto di mettersi davanti al gregge, di fare veramente il pastore perché le perdite non possono più essere accettate. Allora come oggi.

LA SOLITUDINE DEL PROFETA


XIV Domenica T.O. (Anno B)
Ogni tanto, fra la moltitudine di notizie giornaliere, riesce a trovare spazio il genocidio di cristiani che sta avvenendo in Nigeria. D’altronde qui da noi sono tutti concentrati a piangere per i presunti migranti che non trovano più aperti i porti italiani. In compenso, anche nella chiesa cattolica, delle migliaia di persone uccise, le loro case e chiese distrutte, famiglie costrette a fuggire a causa del loro credo, non fa né caldo né freddo. Sarà perché a commettere quei crimini sono musulmani? E, quindi, guai a parlare male di questi? Allora che il Salmo si riversi su di noi:
“…pietà di noi, Signore, pietà di noi, siamo già troppo sazi di disprezzo dei superbi…
dello scherno dei gaudenti.” 
E quando succederà anche da noi, bisognerà proprio vedere come reagiremo. In parte già lo constatiamo quando vediamo come siamo disprezzati nella politica come nell’andazzo sociale, con tutti quei gay-pride che altro non sono che uno sfregio alla Santa Chiesa.

AI PIEDI DI GESU’


XIII Domenica T.O. (Anno B)
L’espressione  “talita kum” che troviamo nel Vangelo di oggi, letteralmente, in aramaico significa “agnellino, alzati”.
Mi piace, indipendentemente dalle interpretazioni filologiche di quelle parole, riconoscere un tocco quasi voluto di tenerezza che esprime tutta la compassione di Gesù per i suoi “agnellini”. E’ un riandare a quell’altra immagine del Cristo Buon Pastore con sulle spalle la pecorella smarrita. Come dire, con gesti semplici, seppur misteriosi, come il ritorno alla vita della figlia di Giairo, quanto il Libro della Sapienza ci consegna: “…perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi…ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.”