XXIma Domenica T.O. Anno C


 L’ingiustizia, la fedeltà
sforzatevi di entrare per la porta stretta

 stampa
C’è un invito ben preciso nella Lettera agli Ebrei di questa domenica di fine estate, quando l’atmosfera vacanziera ti avvolge nel dolce far niente, è quello di riprendere con forza un cammino che dia senso alla tua vita di tutti i giorni. E’ una metafora facilmente riscontrabile per chi si pone nell’esperienza diretta del pellegrinaggio a piedi: “…rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.”

E’ così che si deve riprendere il cammino giorno dopo giorno e se qualche impedimento ti crea difficoltà, ascolta il tuo corpo e proteggilo con cura ed intelligenza. Non occorre andare oltre le tue possibilità. “Un sacrificio protratto nel tempo può rendere il cuore una pietra” (William Butler Yeats), tanto più che Dio non comanda l’impossibile, pur se comandando ti chiede di fare tutto ciò che puoi e di chiedere ciò che non puoi. L’eventuale grazia deve, comunque, essere gestita con affidamento ed intelligenza, così che “la tua gioia e la tua tristezza si convertano a Dio; sarà così se soffrirai e ti rallegrerai soltanto in Lui.” (San Bernardo di Chiaravalle)
Capisci bene, allora, che camminare diritti vuole dire camminare certi di non essere mai soli, soprattutto perché con Gesù tutto cambia: si può vivere da fratelli, ci si può guardare con simpatia, ci si può aiutare senza timore, ci si può dar fiducia reciproca, “…perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre.” (dal Salmo 116)
E’ una fedeltà che non si spegne, infatti è durata nella storia, nonostante i tradimenti del popolo eletto, nonostante le apostasie della sua Chiesa, tant’è vero che anche noi possiamo dire oggi: “…abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.” (dal Vangelo secondo Luca)
Non è un modo di dire, è il reale Mistero della mensa eucaristica, dell’altare della Parola, a cui, però, si corrisponde con sempre meno attenzione e fedeltà, tant’è che:“…Egli vi dichiarerà: “voi non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori d’ingiustizia.” (dal Vangelo secondo Luca)
Sono parole dure, segnano uno schifare che non ammette, apparentemente, alcuna possibilità di recupero.
Ci disconosce, ci ordina di allontanarci perché non siamo degni della sua Chiesa, ed infatti le chiese sono sempre più vuote, per via delle ingiustizie che commettiamo costantemente.
E’ preciso al riguardo, parla di ingiustizie e quali possono essere se non quelle che non riconoscono, con la violenza inaudita dell’atto abortivo volontario, il suo atto creativo per eccellenza: il suo Amore infinito per ogni sua vita che Lui chiama al mondo. Lui, che diceva al suo popolo eletto: “…io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria.” (dal Libro del profeta Isaia)
Lui, che per mantenere fede a questa promessa ha mandato il suo Figlio, il quale ha testimoniato il modo con cui si glorifica quell’Amore.
Ha dato la vita morendo sulla croce e ancora non capiamo.  
E’ vero però che dei due in croce al suo fianco almeno uno capì, ma non è cosa avveduta aspettare l’ultimo momento per accorgersi che le cose, infine, ci abbandonano e non è, perciò, cosa buona aspettare di essere un astro al tramonto. Riprendiamo, fin tanto che abbiamo ancora possibilità di rinfrancarci, il cammino che ci riavvicini a Gesù, facciamo sì che quelle ingiustizie siano sanate, sia tra di noi che nella società in cui viviamo, e la fedeltà alla Legge del Signore ritorni ad essere lo stile di vita che glorifichi permanentemente il Dio creatore e amante della vita.
digiemme
Is 66,18b-21  /  Sal 116(117)  /  Eb 12,5-7.11-13  /  Lc 13,22-30