“ La felicità non si presenta in un solo momento o in un giorno. La felicità
è durante, è nel viaggio, che va avanti per tutta l’esistenza”. S.B.
Sembrava una tappa, sulla carta, facile. Invece, a parte le sette ore e mezzo di
strada, siamo giunti alla meta sfiniti ed affannati.
Al mattino presto tutti leoni, alla fine muli sfiancati. E meno male che
condividiamo proprio tutto. Da qui scaturisce la forza di andare avanti, dal
sostegno psicologico vicendevole, dal pungolarsi continuamente per non
demordere.
Chi va sul cammino da solo trova sempre un compagno di viaggio e non sarà quello
che ti scegli o quello che capita, bensì quello che avrà il tuo stesso passo.
E’ importante avere un compagno di viaggio che muove i suoi piedi a tempo con i
miei. Nel nostro caso, l’avere lo stesso passo è frutto di una ricercata volontà
d’intenti che scaturisce dal desiderio di condividere anima e corpo questa
esperienza, simultaneamente umana e spirituale.
Ecco, allora, che la felicità cammina con noi e solo adesso capisco perché,
diciottenne, fra gli amici, un sabato pomeriggio, al Sayonara, fui determinato
nell’ affermare di sentire, nella mia vita, di vivere l’esperienza della
felicità. La signora, proprietaria del locale, ascoltando i nostri discorsi,
s’avvicinò dicendo che ero solo un idealista, giustificato dall’età, perché la
felicità, per lei, non può esistere in quanto la vita prima la fa intravedere,
poi te l’allontana sempre più nei meandri dell’esistenza.
Evidentemente non aveva incontrato o cercato le persone capaci di camminare
sincroni con lei. I compagni di viaggio sono lì pronti a partire con te, solo
che tu voglia condividere la tua strada, passo dopo passo.
Meditavo su queste cose, alternando, di volta in volta, la recita silenziosa di
qualche Ave Maria a scambi d’intesa con Mariella per i dovuti scampoli di riposo
e di ristoro presso i paesi che incontravamo:
Mansilla De Las Mulas, antica città risalente, come fondazione, ai tempi romani.
Villamoros de Mansilla, Puente de Villarente, Arcahueja, Valdelafuente, tutti
paesi che non hanno lasciato traccia nella mia memoria.
Solo ricordo che dopo Mansilla de La Mulas il sentiero si è avvicinato
sensibilmente alla statale Burgos-Leon ed il traffico è aumentato in modo
esponenziale perché ormai questi paesi sono cinta periferica della grande città.
Non sono più ormai che sobborghi cresciuti disordinatamente, strangolati dalle
aeree commerciali ed industriali, motivo per cui è veramente un sollievo quando
all’altezza di Arcahueja si devia verso l’Alto Del Portillo (850mt) immergendosi
in un folto bosco. Il breve passaggio fra queste ombrose piante, in un sentiero
sempre più stretto e serpentino ci apre la vista, nella sottostante piana, del
panorama di tutta la città di Leon. E’ un bel colpo d’occhio, che soddisfa e
ricarica quelle energie per affrontare l’imminente attraversamento della
periferia.
Così, scendiamo, quasi a rotta di collo, verso la città. Le frecce gialle
scompaiono e cominciano le difficoltà per l’orientamento. Un vecchio che riposa
su una panchina all’ombra (la famosa siesta) ci indirizza per il verso giusto.
Dagli informi palazzi periferici agli antichi edifici leonini il passo non fu
proprio veloce, ma arrivammo finalmente in centro e grazie, questa volta, alle
frecce ricomparse, entriamo nel cortile del rifugio gestito da una comunità di
suore benedettine. E’ grande, c’è movimento e disponibilità di posto, ma
apprendiamo che di sera chiude alle 21,30. Perciò decidiamo di cercare
un’alternativa, pure se stanchi, e strascicando piano, piano, fra un vicolo e
una piazza, girando anche a vuoto, fino a quando uno spagnolo gentile non si
offre di accompagnarci fino al limitare della piazza centrale, quella della
Cattedrale: uno spettacolo. Qui ci guardiamo intorno, con attenzione, perché si
scivola, la pavimentazione è così ben tirata a lucido che bisogna camminare con
le gambe rigide. Già lo erano per motivi noti, questa aggiunta ci sorprende,
anche perché non riusciamo a vedere insegne incoraggianti su disponibilità per
la notte. Finché non ci viene in soccorso San Martino, cioè l’Hostal San Martin
che con trenta euro ci offre il possesso di una stanza a due letti con servizi.
Una pacchia, in centro. Ne approfittiamo, dopo i dovuti rilassamenti, per
visitare in largo e in lungo il meglio di Leon. Rimando ogni descrizione dei
tesori urbanistici e storici ad una comune guida turistica, mi limito a due
parole per la Cattedrale dedicata a Santa Maria La Regina. La facciata è
stupenda, tripudio del gotico-spagnolo. L’interno è uno scrigno di tesori fra
navate e absidi, ma ciò che trasforma la tua meraviglia in estasi sono le
vetrate. Sembra di essere in un prisma di luci che ti avvolgono e ti trasportano
verso mete di eterna beatitudine, invitandoti alla preghiera e al raccoglimento.
Abbiamo anche la fortuna di poter accedere ad una cappella dove stava iniziando
la Santa Messa che ci permette di rispettare il precetto.
Quando usciamo, l’effetto di luce si trasferisce fra le vie, i negozi, i
palazzi, notevole quello di Gaudì, i giardini, l’arredo urbano e il cicaleggio
della gente che va e viene fra profumi e suoni che ti avvolgono e ti
stordiscono. Sembra, incredibile, ma in questo bailamme, incontriamo gli amici
pellegrini spagnoli. Ancora la gioia dell’incontro è significativa, questa volta
le mete non combaciano e ci lasciamo ringraziando il Buon Dio per aver fatto
incrociare le nostre strade.
Mentre scende la sera, poi, doverosamente, incrociamo un posto dove con pochi
soldi ci possiamo permettere di soddisfare i bisogni della cena. Non occorre
andare oltre perché la giornata, o meglio, la serata non ha altro da offrire se
non un buon riposo e, speriamo, dei dolci sogni.