6 settembre 2024

LONTANO DALLA FOLLA

XXIII Domenica del T.O.

                            Anno B

C’è una cosa che non ho mai sopportato, fin dalla giovinezza, ed è la raccomandazione. L’ho sempre ritenuta una ingiustizia, se ricorrervi significa favoritismi personali a discapito di chi si pone in gioco per una domanda di lavoro o di altro, forte solo delle proprie capacità o disponibilità. Per questo ho sempre rifiutato qualsiasi raccomandazione. Mi ha fatto, perciò, piacere leggere quanto scrive l’apostolo:
“…la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.” (dalla Lettera di San Giacomo apostolo)
I favoritismi sono sempre esistiti e, ne sono cosciente, sempre esisteranno, però l’apostolo fa riferimento alla fede in Gesù che nella vita di tutti i giorni deve animare in modo cristallino le scelte del cristiano. Impostare la propria vita su queste basi significa partire con il piede sbagliato, essere discriminato, mettere a rischio le proprie aspirazioni? Non importa, la coerenza deve essere un tratto distintivo dei credenti. Gli aggiustamenti, i compromessi non possono fare parte della testimonianza cui si è chiamati a vivere, anche se tutto ciò potrà portare a delusioni, ad incomprensioni, a rinunce. Qui entrano in gioco i pastori, come lo fu San Giacomo:
“…dite agli smarriti di cuore…” (dal Libro del profeta Isaia) che Dio vede e provvede. Occorre, però, che le esortazioni “le tue parole siano piene di sapienza; sia chiara la tua esposizione, ne sia illuminata l’intelligenza. Nessuna parola priva di senso esca invano dalla tua bocca:” (Sant’Ambrogio)
Aveva ben presente, dunque, il santo vescovo del come sostenere i buoni principi per ravvivare una comunità, sia nell’ambito religioso che quello civile. Senza ombra di dubbio, era certo della sua guida pastorale perché:
“…il Signore rimane fedele per sempre.” (dal Salmo 145)
Anche quando la “gestione” della sua Chiesa da parte dei suoi rappresentanti in terra non è proprio in linea con il mandato conferito fin dai tempi apostolici. C’è da dire che, comunque, se “passiamo in rassegna tutte le epoche del mondo, constateremo come in ogni generazione il Signore abbia concesso modo e tempo di pentirsi a tutti coloro che erano disposti a ritornare a Lui.” (San Clemente di Roma) Una garanzia che si trova solo nella Chiesa indipendentemente da tutti e da tutto. Bisogna solo trovare la voglia, ogni tanto, di uscire dalla quotidianità e portarsi in un luogo lontano dalla folla.:
“…gli portarono un sordomuto. Lo prese in disparte, lontano dalla folla…e gli disse “effatà”, cioè, “apriti”. (dal Vangelo secondo Marco)
Quando si va ad un “ritiro spirituale” non è forse come un modo di essere preso e allontanato dalla folla? Così è anche per noi, sordi e muti, bisognosi di essere guariti da questa condizione. Via dalla pazza folla, mi verrebbe da gridare, perché questo mondo è effettivamente folle. Un mondo che vuole rinunciare a Dio e i demoni ci sguazzano alla grande. Sarebbe già buona cosa se ritornati da questo appartarsi con Gesù, si riuscisse a non vergognarsi più della sua croce e si avesse il coraggio di manifestare pubblicamente il segno sulla fronte, al collo, affinché i demoni alla vista di questo segno regale fuggano lontani. Vorrei tanto sentire riecheggiare nelle chiese, dagli amboni il comando “effatà” rivolto ad ognuno dei presenti perché è proprio a ciascuno di noi che il Signore dice “apriti”. Aggiungerei quanto scritto dal Vescovo San Cirillo di Gerusalemme: “fortifica il cuore con il pane spirituale che è il corpo di Gesù e rallegra il volto dell’anima. E tu possa, a viso aperto e con pura coscienza, riflettere come uno specchio la gloria del Signore.”
Il sordomuto rientra e segue Gesù, viene inglobato fra discepoli e folla, ma soprattutto si mette alla sua sequela, così è per chi esce dalla Messa domenicale, così dovrebbe essere dopo aver fortificato, in disparte, la nostra fede con l’Eucaristia del Signore.
Is 35,4-7a / Sal 145(146) / Gc 2,1-5 / Mc 7,31-37