21 settembre 2024

LA FINE DEI MARTIRI

XXV Domenica del T.O.
                            Anno B

Quasi tutte, anzi, tutte le storie dei martiri nel nome di Dio testimoniano che il giusto soccombe alla violenza e alla prepotenza dell’avversario. E’ facile intuire, in quei frangenti, che dal cuore e dalle labbra di quei martiri si siano alzate preghiere simili a quelle del salmo n.53: “…Dio, per il tuo nome salvami…poiché stranieri contro di me sono insorti e prepotenti insidiano la mia vita; non pongono Dio davanti ai loro occhi.
Eppure prepotenti, tali e quali a quelli inquadrati dal salmista, sono presenti in tutte le epoche, anche oggi. E si pavoneggiano delle loro posizioni di forza per tramare contro il bene, perché non funzionale ai loro interessi. Basta osservarli con un pizzico di maggiore attenzione per capire da che parte stanno. Lo si può constatare guardando ad oriente in quelle martoriate terre dove è passato Gesù; oppure al centro di quest’Europa scristianizzata dove un parlamento decide che guerreggiare con armi ancora più sofisticate e distruttive sia cosa buona e giusta, tanto per incrementare una guerra che rischia di trasformare tutto in una escalation senza fine, anzi, nella fine di tutto. Tanto a pagare sono sempre i più indifesi, gli innocenti. Parlo soprattutto di bambini che hanno solo il torto di esserci: vale per quelli sepolti dalle macerie, come quelli uccisi nel grembo delle madri o appena dopo esserne usciti, ma destinati all’aborto post-nascita, come ormai si vuole sdoganare e giustificare anche questo “diritto”. E chi cerca di opporsi, viene stroncato, viene deriso come il giusto raccontato nel Libro della Sapienza: “…vediamo se le sue parole sono vere; se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.”
Ecco però, a dispetto di costoro che si beano nel tendere insidie al giusto, che se “le onde sono alte e si abbatte la tempesta, non temiamo di essere sommersi: siamo in piedi sulla roccia. Anche se il mare si scatenasse, non spezzerà questa roccia. Anche se si sollevassero le onde non potranno inghiottire la barca di Gesù.” (San Giovanni Crisostomo) Lo scriveva questo santo vescovo nel IV secolo, ma è come se fosse stato scritto per noi oggi.
Anche allora, come in questi nostri tristi giorni, non mancavano, e non mancano:“…fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Per coloro che fanno opera di pace (invece) viene seminato nella pace un frutto di giustizia.” (dalla Lettera di San Giacomo Apostolo)
Quanto sono realistiche queste parole anche adesso: evidenziano la situazione che serpeggia nella Chiesa nella confusione, così come, viceversa, sottolineano i semi di speranze per una pace che non sia solo di popoli, ma anche di cuori. Santa Caterina da Siena ripeteva che “uno dei segni che mostrano che siamo amici e discepoli di Gesù è rendere il bene per il male.” E’ quello che dobbiamo a tutti i costi cercare di fare. Ma noi, poveri cristi, che possiamo fare più di quanto già non si faccia? Ce lo dice Gesù:“…Se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse: “chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me.” (dal Vangelo secondo Marco)
Il modo di porsi di Gesù, semplice ed umile, mi commuove. Anche il gesto di abbracciare il piccolo è di una tenerezza unica, è Dio che abbraccia e abbraccia un bambino. Ci dice che se vogliamo accoglierlo, (pensate: accogliere Dio) non dobbiamo fare altro che abbracciare un bambino. Sembra semplice? Neanche per sogno! Oggi se cerchi di abbracciare anche solo con la preghiera silenziosa davanti ad una clinica per aborti sei arrestato e condannato. Ecco la fine dei martiri, dei nuovi martiri; ecco dove si risponde al male con il bene, ecco come si può diventare discepolo di Gesù e servitore di tutti.
Sap 2,12.17-20  /  Sal 53(54)  /  Gc 3,16—4,3  /  Mc 9,30-37
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