XXVI Domenica del T.O.
Anno B
Chi ha fatto l’esperienza del Cammino di Santiago può testimoniare di aver ricevuto almeno una volta un bicchiere d’acqua dalla gente del posto che vede passare ogni giorno decine di pellegrini nel nome di Cristo:“…chiunque vi darà un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.” (dal Vangelo secondo Marco)
E’ consolante sapere che quel gesto di
solidarietà, meglio dire, di misericordia, comporta una ricompensa
inestinguibile nel giorno del giudizio. Il nostro Dio, l’unico vero Dio, è
fatto così, non dimentica i gesti di bontà fatti in suo nome. Però, ci ricorda
anche che “se ti sembra di aver fatto qualcosa di buono, mettilo sul tuo conto,
ma senza dimenticare le tue colpe e se vedi peccare il tuo prossimo, guardati
dal considerare in lui solo questa colpa, ma pensa pure al bene che ha fatto e
fa.” (da una omelia di San Basilio)
E’ importante lo sguardo che poniamo su chi ci
sta vicino, astenendoci da giudizi sommari, magari dettati da simpatie o da
pregiudizi. Se certa è la ricompensa, come ci viene garantita dal versetto
evangelico, è anche vero il contrario: “…chi scandalizzerà uno solo di questi
piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo
una macina da mulino e sia gettato in mare:” (dal Vangelo di Marco)
C’è da rabbrividire al pensiero di cosa sia
peggio dall’essere gettato in mare con una pietra al collo. Eppure, questa è la
logica con la quale il giudizio sulla vita di ciascuno di noi sarà esercitato
dal Buon Dio. Richiama il famoso “timor di Dio” che sembra ormai sprofondato
nel mare dell’indifferenza quando parli o richiami l’opera di Dio nei confronti
dell’uomo. Il quale, a questo punto, ha (per contrappasso) paura di tutto.
Basta un’influenza per fargli accettare l’impensabile fino a pochi decenni fa;
ha paura di non essere all’altezza degli standard di vita imposti e quante
tragedie si consumano per questo; ha paura della morte perché ha rinunciato a
capirne il senso e la esorcizza teorizzando che possa vincerla determinando
momento e luogo per darsela come segno di autodeterminazione. L’eutanasia come
diritto sta facendo passi da gigante nelle legislazioni. Ci sta, quindi,
l’ammonimento dell’apostolo quando dice:“…Ora a voi, ricchi: piangete e gridate
per le sciagure che cadranno su di voi.” (dalla Lettera di San Giacomo
Apostolo)
Non a caso tutte queste cose stanno avvenendo
proprio nei paesi più ricchi, dove vivono quelli che sfoggiano quella ricchezza
che non è solo avere, ma anche supponenza, vanagloria e rifiuto della Legge di
Dio. L’antidoto a tutto questo è la povertà, ovviamente non tanto quella
dell’indigenza, ma quella che ha testimoniato San Francesco che riteneva “la
povertà come la regina delle virtù perché la si vede brillare così
fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei re e nella Regina sua Madre.”
E’ una questione di obiettività, non si può fare a meno di contemplare la vita
terrena di Maria e di suo Figlio Gesù e come dice il Salmo:“…la testimonianza
del Signore è stabile, rende saggio il semplice.” (dal Salmo 18)
Quindi la povertà rende anche saggi (“beati i
poveri in spirito”) a cui il Signore assicura il Regno dei cieli che sarà dato
a coloro che si perfezionano nell’umiltà dell’animo piuttosto che per la
scarsezza delle risorse. E’ questa la condizione migliore per vivere e
testimoniare la nostra fede. Allora anche a noi sarà permesso di profetizzare: “…fossero
tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il
suo Spirito.” (dal Libro dei Numeri)
Tenendo presente che profetizzare “significa
esprimere con la parola e la vita le grandi opere di Dio, conservando la verità
è l’originalità di ogni persona, sia donna che uomo.” (San Giovanni Paolo II)
La
ricompensa che ci spetta altro non è che l’essere riconosciuti come figli,
perché tali siamo stati voluti nella nostra speciale ed unica originalità,
anche quando avremo terminato la nostra esistenza terrena.
Num 11,25-29 / Sal 18(19)
/ Gc 5,1-6 / Mc
9,38-43.45.47-48
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