La giornata per la vita di
quest’anno cade in contemporanea con il carnevale. Non è la prima volta, eppure
non mi piace proprio questo involontario abbinamento. Lasciarsi coinvolgere dai
ritmi carnevaleschi è una costante che tende a ridurre, almeno per quei giorni,
tutto in burla. Tempi fa ciò era giustificato a causa del contro altare della
quaresima, oggi sembra che questo salto di qualità sia proprio ininfluente. Pur
tuttavia l’attenzione per il messaggio che la nostra giornata vuole veicolare,
si riduce, purtroppo, ulteriormente, ed in modo significativo, verso il mondo
extra ecclesia. Il laicismo ci lascia anche questa eredità e, a volte, c’è
proprio da domandarsi a chi possiamo ancora rivolgerci. La chiesa italiana
stessa vive questo appuntamento, mi sembra, con stanchezza. Ne è un esempio il
messaggio stesso per questa 38ma giornata, tutto francesco-dipendente, come se
i nostri vescovi non avessero una specifica visione del tessuto sociale e
civile in cui i fedeli italiani si trovano a vivere e, da questa conoscenza,
trarre le opportune verifiche per giungere a modificare, cambiare,
rivoluzionare lo stato di cose che, come tutti ben sappiamo, è agli antipodi di
una vera cultura cristiana privilegiante i valori morali e civili assolutamente
non negoziabili.
Di positivo c’è che quest’anno pastorale s’identifica con la Misericordia, in occasione dell’anno giubilare. E la misericordia è il tratto con cui il buon Dio scrive sulle nostre righe storte. Anzi è il modo esclusivo con cui ci prende la mano e, come il vecchio buon maestro, ci sospinge alla corretta scrittura fra le righe dell’unico ed attuale quaderno della nostra vita. Non ci costringe a descrivere sogni, noi non sapremo manco immaginarli, i nostri sono forse ormai solo incubi, ci sottolinea, invece, i caratteri con cui rimarcare la nostra fede in Lui.
Sono segni indelebili come il
riconoscere che solo Lui è il padrone della vita e che ne dispensa a sua
immagine e somiglianza. Deturparne la fisionomia con il rifiuto dell’amore unitivo
e procreativo, con l’omicidio legalizzato dell’aborto volontario, con il
disprezzo del diverso e dell’inatteso è semplicemente bestemmiare il suo
Spirito. Sappiamo bene che questo è un peccato che non sarà perdonato se non
dopo un sincero pentimento ed una veritiera conversione di condotta.
Non basta dire che la famiglia,
costituita da un uomo e da una donna con un legame stabile, è vitale se
continua a far nascere e a generare, bisogna dire che solo in quell’unione,
fedele e indissolubile, può avvenire la procreazione; non basta dire che ogni
vita non accolta impoverisce il nostro tessuto sociale, bisogna dire che è
sempre e solo un abominevole delitto umano perché toglie arbitrariamente la
vita ad un essere indifeso, e questo è un crimine punto e basta; non basta dire
che la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere, bisogna
anche riaffermare che sui valori portanti di ogni civiltà, non possono esserci
margini di discussione e che la vedranno sempre schierata per realizzare e vivere
questi principi, nel rispetto reciproco e democratico di ogni consesso sociale
e politico.
La misericordia farà fiorire la
vita: è l’auspicio di chiunque lavora e testimonia per la vita; è la fede
stessa che offre l’humus per coltivare questo giardino. C’è una canzone che si
cantava alcuni anni fa che diceva “il Signore ha messo un seme nella terra del
mio giardino, il Signore ha messo un seme all’inizio del mio cammino”. Che
spuntino tante nuove primule, i fiori della vita, i fiori che vincono l’inverno.
Che c’invitino davvero ad iniziare un nuovo cammino, che si scenda dal proprio
balcone per guardare nel profondo di noi stessi e custodire con amore quel
seme, perché davvero vorremmo che nascesse una nuova età: quella antica
dell’amore, l’unica che accoglie e salva tutti.
Gaetano Mercorillo.