LE STELLE DEL NOSTRO CIELO


Seconda di Quaresima
“Guarda il cielo e conta le stelle…” (Genesi), a chi non è mai capitato di guardare di notte, in luglio o in agosto, in una notte limpida e brillante, e vedere l’immensità delle stelle…e pensare, nello stupore, nell’incantato silenzio, nello stordimento, che, sì!, Dio esiste, non può essere che così…è così sarà stato pure per Abramo, nel suo tempo, che è tanto uguale al nostro.
E sentirsi chiamati, e domandarsi: “o mio Signore, cosa vuoi da me?, non sono che un fragile, senza neanche un futuro, sono ormai avanti in età, neppure una figliolanza…e Tu sei qui, ancora oggi che mi chiami. Guarda che ti stai sbagliando…
E allora, in questa seconda domenica di Quaresima, oltre a Pietro, Giacomo e Giovanni, ecco che prende anche me e mi porta con Lui sull’alto monte ad incontrare la storia del suo popolo, quello delle discendenze di Abramo.
La cronaca evangelica dice che i suoi amici, i suoi discepoli a Lui più vicini, rimasero interdetti, al cospetto della Trasfigurazione e lo credo bene. Ancora una volta sperimentano la vicinanza del Mistero presente nella Santissima Trinità.
Pietro è quello che più di tutti non ci capisce niente e vuole costruire tre tende per Gesù, per Mosè e per Elia, e non pensa ai suoi due compari, e neppure a me.
Ci pensa lo Spirito Santo…”ecco che li copre una nube con la sua ombra…”., caspita, come avvenne per Maria. Ecco il concepimento della Chiesa, ecco la scintilla di vita del corpo mistico di cui subito fecero parte quegli apostoli e di cui faccio parte anch’io in forza del Battesimo.
Una sola Chiesa, con un ben preciso dna che nessuna alterazione OGM può soppiantare in altre denominazioni o sottochiese varie. Sono solo tentativi destinati ad abortire in forza del comando che viene dal Padre “…Questo è il figlio mio diletto, l’eletto, ascoltatelo” (Vangelo). Ecco perché è in azione la Santissima Trinità.
Badate bene: è come una nuova maternità che si vive nella contemplazione e nel silenzio, così come sicuramente avvenne per Abramo. Ancora una volta, quindi, ascoltiamo una promessa di fecondità.
Dio vuole una generazione di popolo fecondo, che sia con Lui procreatore e per questo ne fa una nazione grande e se qualcuno non ci crede, non ne può fare parte, si esclude “perché molti - dice San Paolo - , ve l’ho già detto più volte e, ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto, si comportano da nemici della croce di Cristo…” (lettera ai Filippesi).
Si comportano come quel padre e quella madre del Salmo “…sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non
abbandonarmi Dio della mia salvezza. Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto”.
Per questi, alfine, non c’è speranza, saranno dannati, mentre per gli innocenti c’è l’aiuto del Signore. Prerogativa di questo aiuto è, però, l’ascolto: “..questo è il mio figlio, ascoltatelo!”, ed è un imperativo, chi vuole essere suo discepolo deve ascoltarlo.
Non c’è altra strada, viceversa è solo un mentitore è non è degno di fregiarsi del suo nome, è un nemico della croce di Cristo.
Come quel medico, ginecologo in un ospedale della Sardegna, che dice di essere cattolico, credente e praticante, ed esegue gli aborti nella sua clinica dove è primario.
Preghiamo perché si converta e finisca d’infangare la croce di Cristo. Se vuole servire il suo “ventre” è “libero di farlo”, ma lasci in pace i comandamenti del Signore e si penta per tutto il male che, soprattutto per la soppressione di quelle vite indifese e innocenti, dispensa a grandi e sanguinolente mani.
Costui non guarderà mai il cielo e le sue stelle, perché fra quelle vi sono anche quelle che lui ha spento in terra e se ne vergognerà. Potrà pentirsene e vivere il resto dei suoi giorni nella contrizione dolorosa per il male che ha coltivato e per le vite che ha soppresso e la misericordia di Dio potrà di certo abbracciarlo.
Solo così potrà capire e ammirare il disegno di quel cielo dove il Signore ha voluto mettere fra la sua discendenza anche quelle stelle che non hanno potuto brillare in terra, ma che sono ben contate nel cuore e nella mente di Dio.
Gen 15,5-12.17-18 / Sal 26(27) / Fil 3,17-4,1 / Lc 9,28b-36

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