Prima Domenica di Avvento
Anno B
non sapete quando il padrone di casa ritornerà |
Ci affacciamo alla porta del nuovo anno
liturgico, alla prima domenica di Avvento, tempo che enfatizza l’attesa di un
evento speciale, chiamato da secoli il Natale del Signore Gesù Cristo, Figlio
di Dio Padre, fattosi uomo per ricondurre ogni creatura alla beatitudine
eterna. Però, se Gesù, che è la via, la verità e la vita, non prepara il suo
avvento presso di noi, è impensabile poter correggere la nostra via, secondo la
regola della verità, quella nostra. Tant’è vero che ci si attarda a vaneggiare
su un patriarcato, oppressore delle libertà, di questa società occidentale mai
così libertaria, che esiste solo nella mente malata di chi vuole cancellare del
tutto la figura del padre da ogni orizzonte culturale e sociale. Così da poter
abbattere una volta per tutte i residui di cristianesimo che persiste in difesa
della dignità di ogni esistenza umana. Una difesa ridotta ormai al lumicino a
dire il vero, a testimonianza, comunque, di un fronte che non molla di un
centimetro, a costo pure del martirio.
Per questo, onore a ProVita & Famiglia. Che
non desiste, così come ogni buon cristiano non può desistere dal considerarsi
figlio del:“…Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci
plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.” (dal Libro del profeta Isaia)
Dio, sul Sinai, ha inciso sulle tavole i
Comandamenti e con il soffio dello Spirito Santo li scrive nel cuore di ogni
uomo che viene alla vita. Dalla loro osservanza dipenderà il buon funzionamento
di questa sua opera.
Certo, “nella sua infinita potenza Dio potrebbe
sempre creare qualcosa di migliore. (San Tommaso d’Aquino) Tuttavia, nella sua
sapienza e nella sua bontà infinita, Dio ha liberamente voluto creare un mondo
“in stato di vita” verso la sua perfezione ultima.” (dal Catechismo della
Chiesa Cattolica)
Poiché Gesù è una cosa sola con il Padre, non
ci rimane altro che tentare di imitarlo per cercare di percorrere la via della
perfezione.
I santi hanno impostato la loro vita proprio in
questo modo: più santi si diventa, più si è consapevoli della propria
imperfezione e, quindi, della propria assoluta dipendenza dalla misericordia di
Dio. Per chi è alle prime armi occorre recitare:“…da te mai più ci
allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.” (dal Salmo 79)
Sant’Ignazio di Antiochia scriveva: “Una sola
preghiera, una sola supplica, solamente una sola speranza, animata dalla
carità, nella gioia incorruttibile. Tutto ciò è Gesù Cristo, al di sopra del
quale nulla c’è.”
Chi non è nelle sue corde, deve solo
accontentarsi di ringraziare ed adorare il Buon Dio. Soprattutto quando ci
accorgiamo, talvolta, di essere anche noi strumento della sua bontà, appunto,
opera delle sue mani. Purtroppo, siamo incostanti, ammettiamolo, e di fronte
alle tentazioni, le difficoltà, le seduzioni, non riusiamo a mantenerci fermi,
nonostante Paolo continui a dirci:“…egli vi renderà saldi fino alla fine,
irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo.” (dalla prima Lettera
ai Corinti).
L’incostanza è, infatti, uno dei più terribili
pericoli che minacciano l’uomo e, da come vanno le cose, l’umanità intera.
Perché:“…voi non sapete quando il padrone di casa tornerà, se alla sera o a
mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che giungendo
all’improvviso, non vi trovi addormentati…lo dico a tutti: vegliate!”
C’è chi veglia perché è obbligato a farlo per
insonnia o per lavoro, come i pastori nella notte di Natale, che per certi
versi furono dei privilegiati, ma evidentemente non è il sonno che deve
preoccuparci, è cosa buona dormire il giusto, ma è il non “essere pronti con la
cintura ai fianchi e le lucerne accese. La luce che abbaglia gli occhi scaccia
il sonno; la cintura che stringe i fianchi tiene il corpo in allerta, indica
uno sforzo che non permette alcun torpore.” (San Gregorio Nisseno)
E’ il torpore della nostra vita di tutti i
giorni il nostro nemico. Pensiamo di poter rimandare ogni impegno diretto, di
lasciare che sia altri a dover fare, al limite ci accodiamo, di chiuderci nel
nostro bozzolo, sicuri di aver dato e che nulla più è possibile aggiungere.
Niente affatto, quel vegliate è l’accorato appello del Padre che stringe al
petto i suoi figli per cercare di non perderli nel malefico vuoto del mondo.
Is 63,16b-17.19;64,2-7 / Sal 79(80) / 1Cor
1,3-9 / Mc 13,33-37digiemme