2 settembre 2017

IL FUOCO ARDENTE



XXII Domenica del T.O. (Anno A)
Domenica scorsa abbiamo letto il perché Gesù Cristo abbia voluto fondare la sua Chiesa sulla roccia di Pietro e come abbia a lui consegnato le chiavi del suo Regno. Oggi vediamo come allo stesso venga riservato un trattamento sorprendente:
“…Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo. “Dio non voglia Signore; questo non ti accadrà mai. Ma Gesù voltandosi disse a Pietro: “va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. (Vangelo di Matteo)

Pietro voleva opporsi all’idea che il suo Signore potesse essere condannato ed ucciso e si sarebbe sicuramente opposto, anche con la forza, per salvarlo. Eppure, il Signore lo apostrofa addirittura “Satana”. Per il fatto che in quel modo l’apostolo ragionava secondo gli uomini e per il fatto che in quel modo sarebbe stato di ostacolo alla missione salvifica per tutti gli uomini di sempre da parte di Dio.
Non è cosa da poco. In quel modo di pensare ci caschiamo un po’ tutti, dall’ultimo dei cristiani al sommo Pontefice regnante. Quando succede, ogni volta che ragioniamo come Pietro, non facciamo altro che togliere una pietra, un mattone, seppure forato, dall’edificio che Gesù Cristo è venuto ad innalzare nel mondo.
Per questo, in parte capisco, interventi come quello che ho letto recentemente di una donna che non va più in Chiesa per colpa dei preti. Io avrei aggiunto, anche per colpa di tanti cristiani che pensano di esserlo solo perché sono stati battezzati e compiono il minimo indispensabile per ritenersi persone per bene. Mentre, poi, accettano tutte le brutture possibili immaginabili. Basti pensare all’uccisione degli esseri più innocenti nel grembo della loro madre. E’ di questi giorni che anche in Cile è stata approvata una legge che legalizza l’aborto e la presidentessa, artefice di questa volontà, verrà prontamente ricevuta in Vaticano, dove terrà una relazione alla “Conferenza su clima e popolazione” promossa dalla Pontificia Accademia delle scienze.
Eppure, San Paolo dice ai Romani:
“…non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare…per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.”
Per certo, sappiamo che il rifiuto della vita di ogni essere umano non è a lui gradito, non è buono e non è la sua volontà. Anzi. Come possiamo allora chiamarci cristiani se poi avvaloriamo scelte e pensieri che sono contro il progetto di Dio? Il peccato è grande e di questo dovremo rendere conto personalmente nel nostro giorno di giudizio. Pensiamo forse di essere eterni? di poter fare a meno di Lui? Lo credeva anche il profeta Geremia:
“…mi dicevo: “non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome.” Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente”.
Io vorrei tanto che nel cuore di ciascuno di noi ci fosse come un fuoco ardente. Mi basterebbe anche che solo in una piccola percentuale di quelli battezzati ci fosse un vero fuoco ardente. Starebbe a significare che la speranza non è morta, che la fiaccola della vita non è spenta, che il conforto per il nostro dolore, per la nostra impotenza, non è venuto meno. Il Salmo ce ne dà conferma:
“…quando nel mio letto di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
Una preghiera che sta a significare il diurno vivere senza dimenticarsi della presenza del Signore, discreta, ma costante, umile, ma forte, onnisciente, potente e ampia come le ali di un’aquila che si estendono, planando, sulle nostre debolezze.
Quel fuoco ardente, allora, è sinonimo di esultante gioia. Spetta a noi estenderlo.
Ger 20,7-9 / Sal 62(63) / Rm 12,1-2 / Mt 16,21-27   

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