Domenica XXIII T.O. (Anno A)
Prendiamo spunto dal Salmo 94: “Se ascoltaste oggi la sua voce…”e proviamo sul serio ad ascoltare la sua
voce, quella del Signore Dio che non si stanca mai di rivolgersi a noi, proprio
a noi, per aiutarci nella nostra vita a prepararci all’incontro con lui. Non lo
fa in modo melenso, alla vogliamoci tutti bene, perché, nella sua bontà, ci ha
lasciati comunque liberi di non volerlo per niente incontrare. E lui rispetta
la nostra libertà, non rispetta invece la malvagità e lo dice chiaramente:
“Se dico al malvagio: “malvagio, tu morirai”
e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il
malvagio, morirà per la sua condotta, ma della sua morte io domanderò conto a
te.” (dal Libro del Profeta Ezechiele).
Non sopporta il malvagio e per lui ci sarà
solo la morte, e non solo quella fisica. Quando, perciò, optiamo per delle
azioni che sono contro la volontà di Dio, sappiamo bene a che cosa andremo
incontro. Ma, dall’ascolto di quella Parola, s’innesta un altro discorso: di
quella morte, anche di una sola persona, ci viene addossata una responsabilità
terribile, quella di non poter essere indifferenti a quanto quella persona
opera e propone. Capite, allora, che l’indifferenza, l’ignavia non possono più
essere il timbro del nostro modo di vivere.
Se qualcuno decide che il bambino nel grembo
materno può essere impunemente soppresso, quello è un comportamento malvagio e
se noi non l’ammoniamo di desistere dovremo rendere conto a Dio di quel
misfatto: la condotta di quel qualcuno e il mancato aiuto in soccorso del
bambino innocente.
Pensiamoci attentamente, non basta, perciò,
l’eroica resistenza di quanti operano nei Centri di Aiuto alla Vita, occorre
rendersi conto che di questo passo ci stiamo scavando una fossa enorme che ci
ingoierà in massa. Non basterà stigmatizzare negativamente tali comportamenti e
neppure solidarietà verso le opere di carità, bisogna prendere alla lettera
quanto ci chiede il Buon Dio. Che non va per il sottile, come d’altronde si
evince anche dall’ascolto del Vangelo:
“se il tuo fratello commetterà una colpa
contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo…se non ti ascolterà prendi
ancora una o due persone e va’…se non ti ascolterà
ancora dillo alla comunità…”
Quanto dice il Signore vale per tutti, non ci
sono esentati, fosse anche il papa. Allora,cosa vuol dire, che ognuno di noi
deve diventare un criticone, un continuo bastian contrario che vede solo colpe
nell’agire degli altri? Credo di no, che non voglia dire questo, credo che
bisogna mettersi nella condizione di guardare ai fatti alla luce del Vangelo,
da buoni cristiani cominciando con l’osservare il proprio comportamento. Poi ci
si mette in gioco con tutti i rischi che questo comporta, ma se siamo in
coerenza e in grazia di Dio, il seguito del Vangelo:
“…tutto quello che legherete in terra sarà
legato in cielo e tutto quello che scioglierete in terra, sarà sciolto in
cielo” ci immette in una nuova logica.
In qualche modo, in forza del Battesimo,
ciascuno di noi ha il mandato sacerdotale per cui dobbiamo indicare agli uomini
di buona volontà il modo per costruire la civiltà dell’amore. Gli strumenti non
mancano, San Paolo ai Romani ne ricorda uno:
“…la carità non fa alcun male al prossimo: pienezza
della Legge, infatti, è la carità.”
Che forza! Offrire quanto ci è possibile con
generosità e gratuità è un gesto accessibile a tutti, fosse anche
corrispondente all’obolo della vedova. Quel gesto, come faceva il Beato
Federico Ozanam, fondatore delle Conferenze di San Vincenzo, va accompagnato
con la Parola che è essa stessa carità.
Quando, quindi, ammonisci il tuo fratello,
dal più piccolo ed umile al più grande e importante degli uomini, sappiamo bene
che stiamo esercitando quella stessa carità che ci viene dalla profondità della
nostra fede in Cristo Gesù. Solo così la logica del malvagio può essere
scardinata.
Ez 33,1.7-9 / Sal 94(95) / Rm 13,8-10 / Mt
18,15-20
digiemme