XIVma Domenica T.O. (Anno A)
Sulle nostre spalle (rubate all’agricoltura),
ciascuno ha il suo giogo. La vita, sulla base del luogo dove sei nato, della
famiglia che ti ritrovi, già in partenza ha in serbo il suo legnaccio da
calarti sulla schiena. Chi più, chi meno sente il peso del vivere mano a mano
che cresce. Certo, nell’avanzare con l’età, aiutato da una buona famiglia,
checché se ne dica, impostata sul matrimonio di un padre e di una madre, è un
bel vantaggio per sapersi districare in leggerezza ed agilità. Se pure, tutto
ciò non fosse sufficiente, neppure una buona educazione religiosa, ci pensa
sempre il Buon Dio che ci dice attraverso il Vangelo di oggi:
“…venite a me, voi tutti che siete stanchi e
oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate
da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.
A me viene da pensare che il suo giogo sia la
croce, come può allora essere dolce, di un peso insignificante?
Poi, c’identifica ben bene, quando coglie che
siamo stanchi ed oppressi. E’ l’amara realtà. Basta guardarsi attorno per
capire. C’è poco lavoro e quel poco è mal pagato, si arriva stanchi a sera e le
notizie della giornata raccontano solo di precarietà ed ingiustizie. Siamo
sempre sull’orlo del disastro, alle frontiere si è costretti a mandare i
soldati, le armi di distruzione di massa sono sempre pronte a colpire. Senza
contare l’arma di distruzione di massa sempre attiva e funzionante a pieno
regime: quella dell’aborto volontario legalizzato e pagato da tutti. Pagato non
solo dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista della
pace. Fin tanto che quest’arma non cesserà di trucidare innocenti indifesi, non
ci sarà pace.
Ecco perché solo nel suo giogo, con il suo
giogo potremo sperare in un cammino diverso, verso la pienezza della vita. Lo
spiega bene il profeta Zaccaria:
“…l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà
la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume fino ai
confini della terra.”
Rimane da capire chi vorrà e potrà spezzare
quell’arco. In teoria dovrebbe essere la Chiesa, la nostra Chiesa, ma se questa
segue il mondo, in pratica rimane in mano a ciascuno di noi la carta che
richiama San Paolo nella Lettera ai Romani:
“…così, dunque, fratelli, noi siamo debitori
non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché se vivete
secondo la carne morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere
del corpo, vivrete.”
Ecco l’escamotage, vivere secondo lo Spirito,
lasciarsi guidare da Lui. Allora si capisce perché il giogo è dolce e il suo
peso leggero. E’ libero dalle scorie che la carne, con i suoi peccati, produce
e che come una cupa cappa si posa sui nostri cuori e sulle nostre menti,
appesantendo il nostro andare, come un mendicante che si trascina. Via, quindi,
dalle funi che ci legano ai pilastri delle mondanità, liberiamoci verso chi ci
accoglie con umiltà di cuore e con il Salmo potremo cantare:
“…canti la mia bocca la lode del Signore e
benedica ogni vivente il suo santo nome in eterno e per sempre.”
Davvero siamo capaci di avviarci verso la
Santa Messa domenicale con questo spirito che rende gloria, davvero ci alziamo
la domenica pronti a ringraziare il Buon Dio per questo giorno che alleggerirà
i successivi della settimana?
Sarebbe troppo bello, purtroppo siamo ancora
gravati dal nostro giogo atavico. Al punto che molti non pensano proprio di
andare a Messa, ma dormire fino a mezzogiorno, trascinarsi tra un “iper” e un
altro, macinare chilometri fra un evento e un altro. E il giogo sarà sempre più
pesante. Non stanchiamoci però dal farlo notare e sappiamo presentare, indicare
quello del mite Gesù, quello che veramente dà ristoro.
Zc
9,9-10 / Sal 144(145) / Rm 8,9.11-13 / Mt 11,25-30
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