XVma Domenica T.O.(Anno A)
La Parola di questa domenica sembra sia
portata attraverso il linguaggio della creazione:
“…stillano i pascoli del deserto e le colline
si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di
messi: gridano e cantano di gioia.” (Salmo)
E’ come se fossimo invitati a cogliere la
benevolenza che ci viene dal guardare la natura intorno a noi per capire che lo
stare ripiegati su di noi non è il modo consono per godere della vita.
Perché anche dalle cose meno belle come il
deserto, anche da luoghi impervi si può cogliere l’essenziale per esultare.
Anche nell’estrema povertà, per esempio, è sempre una gioia la nascita di un
bimbo, perché l’orizzonte si apre alla speranza.
Una natura così è solidale con
l’uomo perché gli indica la strada che deve percorrere:
“…la pioggia e la neve scendono dal cielo e
non vi ritornano senza aver fecondato la terra e fatta germogliare perché dia
il seme a chi semina e il pane a chi mangia”(Isaia)
E’ evidente, con questo passo del profeta
Isaia, che questo paragone vuole mettere in risalto la potenza della Paola del Signore.
La sua è una parola solo di Amore in grado di
porre nell’uomo il suo stesso seme che feconda, che dal non esistente fa
spuntare, fa germogliare il futuro dell’uomo: un’altra vita, un altro dono, un
altro pane.
Quanto siamo vicini al comprendere che questo
è il mistero dell’amore che trasforma, che entra in relazione, che suggella
l’alleanza, che riconosce all’uomo e alla donna il progetto condiviso della
procreazione.
Tanto è vero che quando venne il tempo del
Figlio, questo avvenne nel mistero di quell’amore che vede protagonista una
donna, Maria, capace di ascoltare la Parola, comprendendola, meditandola dentro
di sé.
Quel meditare non è forse il lasciare che il
seme, la Parola, entri in noi e possa trovare l’humus giusto per il suo
nutrimento, la sua protezione, il suo germoglio:
“Ecco, il seminatore uscì a seminare…” Il
quadro che ci affresca il Vangelo di Matteo è in sintonia con la visione di una
natura che cadenza la vita dell’uomo. E pure, mette in evidenza che i frutti
che se ne possono ricavare dipendono solo dal buono e intelligente uso delle
risorse che questa offre:
“…una parte del seme, cade lungo la
strada…un’altra su terreno sassoso, altro fra i rovi e una parte su terreno
buono”. E da tutto ciò è ovvio aspettarsi frutti diversi.
Così è per la Parola, ci dice Gesù, la mia
Parola:
“…uno ascolta la parola del Regno e non la
comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore; poi
c’è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma appena giunge
una tribolazione…viene subito meno; un altro ancora ascolta, ma la
preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola;
colui che ascolta la Parola e la comprende, ecco questi dà frutto e produce il
cento, il sessanta, il trenta per uno. (Vangelo)
E’ significativo l’abbinamento fra il seme
che cade fra i rovi e colui che si lascia condizionare dal mondo e si lascia
attirare dalle tentazioni della ricchezza, cioè delle comodità, del proprio
personale interesse. Certo, per far sì di essere fra quelli corrispondenti al
terreno buono, bisogna accettare anche di non avere vita facile, di dover
faticare per togliere i sassi dal terreno che vogliamo lavorare e fecondare, di
soffrire come accenna San Paolo nella lettera ai Romani:
“…ritengo, infatti, che sofferenze del tempo
presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi”
Ecco quali frutti raccoglieremo. Porteremo
frutti, “quando busserò alla tua porta avrò frutti da portare, avrò ceste di
dolore, avrò grappoli d’amore”.
I nostri frutti, - il cento, il sessanta, il
trenta per uno – non sono altro che il frutto della sua Parola.
Is 55,10-11 / Sal 64(65) / Rm 8,18-23 / Mt
13,1-23
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