Baccio Maria Bacci - 1925 |
Ripete anche lui l’invito
pressante del Salmo: “…custodisci la lingua dal male, le labbra da parole di
menzogna. Sta’ lontano dal male e fa’ il
bene, cerca e persegui la pace” (Sal 33(34)).
Ho l’impressione che tutto cada
nel vuoto, viste le ultime “vendolate” della Bonino. Perseguono nel fare il
male e pensano di essere autosufficienti, un po’ come gli israeliti della prima
lettura: “…come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò”, cioè, “adesso
siamo capaci di fare a meno di te” e perciò il Buon Dio capisce che la manna
non serve più. Ci mette, allora, la Misericordia, ma forse anche questa non è
sufficiente se San Paolo nella seconda epistola ai Corinti: “…vi supplico, in
nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio”.
“Vi supplico”, pare di vederlo,
in ginocchio, Paolo, constatare il vuoto che dilaga, e ritorna tutto da capo,
non rimane che la supplica, cui, sembra di poter capire, corrispose il Figliol
Prodigo, così detto perché prodigo per sé e per quelli che gli stavano attorno
finché le cose gli andavano bene.
Diviene, quindi, il “Figlio
perduto” che: “ritornò in sé … e si alzò..”. Ha risposto a quella supplica,
piangendo tutte le più amare delle sue lacrime; “si alzò”, si levò dal
sudiciume che sommergeva la sua vita, piena di supponenze e di nefandezze, come
quelle dei peccatori d’oggi. A differenza, il figlio perduto, ritrova la
strada, la retta via che ritorna alla porta dell’amore paterno.
Il Padre si commuove, è così per
ogni padre, per ogni madre, anche per il più imbecille dei figli. “…ebbe
compassione..lo ha riavuto sano e salvo..allora uscì…”. Si commuove,
addirittura gli corse incontro, si alzò, anche Lui si levò perché non sa
rimanere indifferente al sudiciume che sommerge la vita di chi è supponente e
diffonde nefandezze e vuole che siano levate dal vivere degli uomini.
Qui entra in gioco il “figlio
fedele” che non capisce e…si alzò ed uscì da casa sua.
Questa volta, però, il Padre non
lascia che anche questo figlio si perda e lo “supplica” di rientrare: “…tutto
ciò che è mio è tuo…”, memore dell’esperienza dell’altro figlio, cosciente che la
voglia di libertà, il libero arbitrio può condizionare o comandare la volontà
dell’agire.
Il Padre lascia che il figliol
prodigo se ne vada, sa che è immaturo, ma non lo segue, non lo fa neppure
seguire di nascosto, ne avrebbe la possibilità, non vuole neppure sapere cosa
gli succede. E’ la logica della libertà che ciascuno di noi può esercitare. Una
libertà che se non è, però, ancorata al “…tutto ciò che è mio, è tuo…”,
travolge il tutto, trasforma in niente.
E’ talmente semplice constatare
questo fatto, che, allora, si capisce perché niente, comunque,è perduto per
sempre, se solo ci si lascia amare da questo Dio, così misericordioso, che
addirittura: “…bisogna far festa e rallegrarsi…”.
Anche quando non si capisce in
pieno. C’è più gioia in cielo per un peccatore pentito che per
novantanove giusti (Lc 15,7). In terra, le cose, forse non stanno nello stesso modo, ma pensandoci bene, in quell’ “ospedale da campo” che è la vita prima di nascere, non si fa certamente festa per ogni bambino che riusciamo a strappare all’aborto per ogni novantanove che sappiamo rifiutati? Lo sanno bene i volontari del Centro di Aiuto alla Vita, pronti a “commuoversi, ad alzarsi, andare incontro…” per quei figli, dono, sempre e comunque, del Padre.
novantanove giusti (Lc 15,7). In terra, le cose, forse non stanno nello stesso modo, ma pensandoci bene, in quell’ “ospedale da campo” che è la vita prima di nascere, non si fa certamente festa per ogni bambino che riusciamo a strappare all’aborto per ogni novantanove che sappiamo rifiutati? Lo sanno bene i volontari del Centro di Aiuto alla Vita, pronti a “commuoversi, ad alzarsi, andare incontro…” per quei figli, dono, sempre e comunque, del Padre.
Gs 5,9°.10-12 / Sal 33(34) / 2Cor
5,17-21 / Lc 15,1-3.11-32
digiemme