Durante
la S. Messa della domenica delle Palme, di solito, non vengono proposte le
omelie perché la celebrazione della Parola è impegnativa e lunga, centrata
sugli ultimi giorni di vita, la Passione di Gesù. Queste ultime ore dell’esistenza
terrena di Cristo iniziano da un monte, quello degli Ulivi, e finiscono sul
monte Calvario. Si snodano sulla via, dapprima gioiosa, quella dell’entrata a
Gerusalemme, poi su quella dolorosa, quella che esce oltre le mura per giungere
alla collina detta del Cranio.
La
via gioiosa coincide con la festa che viene tributata al Re dei Re, che entra
in città sul dorso di un puledro, cui anche le “pietre gridano” giubilanti di
mantelli e palme che vengono stesi davanti al Messia acclamato come Figlio di
Davide.
E’
evidente, come dice Isaia che “il Signore Dio mi assiste” e come, invece, dice
il Salmo “dal grembo di mia madre sei Tu il mio Dio…ecco l’opera del Signore”.
Che bella espressione. Rendiamoci conto che vale per ciascuno di noi e per ogni
essere umano che viene chiamato alla vita. Così come lo è stato per tutti quei
personaggi che costellano il racconto della Passione secondo Luca e che
ciascuno, nel proprio, meriterebbe un breve profilo utile per una comparazione
con i comportamenti di oggi.
Per
esempio gli Apostoli. Giuda che tradisce con un gesto di affetto, il bacio.
Quante volte vediamo rappresentato questo gesto, la cui banalizzazione ormai
rasenta la spudoratezza e non giova a nessuno, anzi l’affettività che
rappresenta ne viene ulteriormente deprezzata.
Pietro
che tradisce per paura, pur nella sua irruenza, un po’ come quanti si accendono
per partire “lancia in resta” ed al primo ostacolo si ritirano in canonica.
Giovanni
che, racconta l’altro Vangelo, non ha invece timore di restare sotto la croce,
come quei cristiani di Aleppo, in Siria, che non fuggono, pronti al martirio
pur di restare fedeli alla propria terra, alla propria dignità di figli di Dio.
Gli
altri nove, di cui, invece, non si sa nulla e che certamente rimasero lì
impalati o nascosti mentre portavano via il loro Signore, così come quelli fra
di noi che si lasciano espropriare il crocifisso dalle scuole, i presepi dalle
piazze, la famiglia dalle istituzioni.
Abbiamo,
poi, gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti, gli scribi che pensano di
essere nel giusto, senza capire che con la violenza non si ottiene nient’altro
che ingiustizia, come quella di condannare un innocente.
I
potenti di oggi sono ben rappresentati da Pilato e Erode che, addirittura,
“diventano amici” nel lavarsi le mani dai problemi che, anzi, così facendo
contribuiscono ad alimentare.
Simone
di Cirene rompe la carrellata di pusillanimi che sfila sui nostri schermi. Non
è ancora seguace di Cristo, ma il suo braccio sotto il palo della croce e
attorno alle spalle di Gesù sono l’esempio vivente della futura carità
cristiana.
Le
donne del popolo non sono altro che le donne di oggi, disperate, piangenti a
cui viene tolta anche la certezza della maternità, segno di una sterilità che prefigura
la distruzione, e non solo come quella di Gerusalemme.
I
malfattori che subiscono il loro, perché è ciò che ciascuno si merita quando
persevera nel male. E non c’è speranza nella misericordia se non si è capaci di
pentirsi umilmente e con
animo contrito.
I
soldati che non si rendono conto di ciò che eseguono, come coloro che alzano
pedissequamente la mano in Parlamento, salvo poi rendersi conto dell’assurdità
cui hanno collaborato, come il centurione che “dava gloria a Dio” dicendo
“veramente quest’uomo era giusto”.
Giuseppe
d’Arimetea chiude questa galleria di uomini e donne nella Passione del Vangelo
di Luca, che conferma il suo stile, quello della tenerezza, nel presentare un
uomo “buono e giusto”.
Come
cambierebbe il mondo se ciascuno di noi cercasse con tutte le sue forze, con
tutto il suo cuore, di crescere nel e per il buono, di lavorare,d’impegnarsi
per un mondo più giusto. Con lo stile di chi, come Giuseppe, è testimone delle
prime opere di misericordia corporali e spirituali. Questo è quello che San
Paolo ai Filippesi chiede “abbiate gli stessi sentimenti di Cristo…assumendo
una condizione di servo”
Sta
a noi scegliere, ora, a quale personaggio accostarsi per seguire Gesù sulla via
della Croce.
Lc 19,28-40 /
Is 50,4-7 / Sal 21(22) / Fil 2,6-11 / Lc 22,14-23,56
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