Domenica
Pasqua di Risurrezione

Giuseppe d’Arimatea era una
persona facoltosa e previdente al punto di farsi anche un sepolcro, bello, in
mezzo al verde e nuovo di zecca. Poi però, si fece, seppur in sordina,
discepolo del Signore e utilizzò quel magnifico sepolcro proprio per deporvi il
corpo di Gesù. Si procurò anche quel telo con il quale avvolse il corpo del
Maestro, che sarebbe stato, successivamente, la reliquia più importante della
cristianità: la Sacra Sindone. Sicuramente anche lui, insieme a Nicodemo, altro
importante personaggio del Sinedrio, gli unici che si opposero alla condanna a
morte di Gesù, avrà gioito in cuor suo alla notizia che Gesù era risorto, ma il
meglio lo ha provato, oltre ogni aspettativa, l’apostolo Giovanni: “…allora
entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e
credette.” (dal Vangelo secondo Giovanni).
Infatti, vide quel telo disteso
come se ancora avvolgesse un corpo, e la cosa gli parve sicuramente strana,
senza una spiegazione logica: se qualcuno avesse preso il corpo, il telo doveva
trovarsi alquanto manomesso. Perciò comprese tutto quanto aveva detto loro il
Signore. Per lui, che era stato sotto la croce fino all’ultimo, fu una gioia
immediata. I gemiti e lo sconforto patiti sotto la croce divennero la forza con
cui avrebbe affrontato il futuro.
D’altronde Gesù stesso a Santa
Gemma Galgani aveva detto: “stai pur sicura che sotto la croce non ti perderai.
Il demonio non ha forza contro quelle anime che per amor mio gemono sotto la
croce.”
Così fu per Giovanni, così fu per
Santa Gemma. Così sarà per tutti coloro che, oggi, ripensano a quel sepolcro? Dipende
da come intendono appropriarsi del significato stesso della festa grande,
della Pasqua di Risurrezione. Si dice “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”,
ma se fra quel “chi vuoi” non c’è Cristo, allora non abbiamo capito niente. In
effetti, è previsto un flusso di circa 11 milioni di vacanzieri, mal tempo
permettendo, all’insegna degli auguri di “Buona Pasqua” vuoti del loro vero
significato. Che sarebbe quello di una rinascita, di un cambiamento di marcia
della propria vita, un po’ come ci dice San Paolo:“…celebriamo dunque la festa non
con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con
azzimi di sincerità e di verità.” (dalla prima Lettera ai Corinti)
Questa sollecitazione è quanto
mai attuale: di perversità è pieno il mondo, ad un livello traboccante di
livore nei confronti della Chiesa, che rasenta l’incredulità. Già Sant’Agostino
scriveva che “il malvagio usa per il male tutti i doni di Dio”, ma aggiungeva,
in linea con la sua visione della verità, che “il buono volge al bene anche le
cattive azioni del malvagio.”
Ridà coraggio tale osservazione,
tant’è che una miriadi di santi, conosciuti o meno, l’hanno testimoniato con la
loro vita, dando credito a San Pietro che, superato lo sbandamento, ha trovato
il coraggio di tuonare:“…ci ha ordinato di annunciare al
popolo e di testimoniare che Egli è il giudice dei vivi e dei morti e…chiunque
crede in Lui riceve il perdono dei peccati.” (dagli Atti degli Apostoli)
Quell’ordine vale anche per noi.
Con umiltà, incominciamo allora a parlare anche di Gesù con chi incontriamo
durante le nostre giornate. Non costa poi chissà quale cosa. Vero, il mondo non
vuole saperne di Dio. Oggi molti arrossiscono di Lui, altri lo odiano e cercano
di cacciarlo fuori della società, ma a questa empietà, a quest’odio,
opponiamoci con fermezza, perché:“…la destra del Signore ha fatto
prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore.”
(dal Salmo)
Guareschi, là nel lager, ha
lasciato detto che “non muoio neanche se mi ammazzano”, per certi versi è così
che dovremmo soffermarci davanti al sepolcro. E’ il luogo dove un giorno pure
noi saremo posti, vi consumeremo il corpo, ma se avremo vissuto alla sequela di
Gesù Cristo, non moriremo mai perché il Signore lo ha testimoniato e il suo
sepolcro vuoto è il segno che la vita eterna, il suo amore per sempre, per
ciascuno di noi, è la sua promessa.
At 10,34a.37-43 / Sal 117(118) / 1Cor 5,6-8 / Gv 20,1-9digiemme