IL GERMOGLIO

Quinta Domenica

di Quaresima 

Anno C

Sono due le facce di una medaglia: la gioia per la conquista, la fatica e i sacrifici per giungere alla meta agognata. Questo vale per gli atleti seri, corretti e coraggiosi, a maggior ragione vale per chi impegna la sua vita per gareggiare sulla pista della fede, rispettando gli esercizi proposti dall’allenatore Gesù Cristo.
E’ una metafora che cerca di spiegare e di capire lo stato d’animo che assorbiva tutte le energie e gli sforzi dell’Apostolo delle genti, quando parlava della sua conversione:“…non ho certo raggiunto la meta, non sono arrivato alla perfezione, ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù.” (dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi).Certo, ciascuno di noi deve puntare alla perfezione evangelica, ma cerco di essere realista perché non sono, con riferimento al correre, che un gregario. Certo, non siamo solo corpo, abbiamo anche un‘anima, opera di Dio in persona. Dobbiamo solo non opporre resistenza al suo agire, far sì che il nostro portamento traspari la sua presenza in noi. Bisogna che quel germoglio, spuntato dal seme delicatamente deposto al nostro concepimento, sia curato e protetto come cosa estremamente preziosa.
Non può essere trattato a piacimento perché:
“…ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”(dal Libro del profeta Isaia)
Fin dall’inizio, ogni volta che il Buon Dio pensa ad una nuova creatura, fa una cosa nuova. E non si stanca, nonostante i milioni di rifiuti, di strappi di quel germoglio, che lasciano solo tristezza e cattiveria sparpagliati nel mondo. Spappolamenti che, proprio perché all’inizio dello sbocciare, quasi non si vedono e non si percepiscono, ma non per questo meno indignanti per la volontà di Amore del Buon Dio. E di questo tutti noi, consapevoli o meno, colpevoli o indifferenti, dobbiamo rendere conto. Anche noi prima o poi saremo messi in mezzo, molti per essere stati presi in flagrante coinvolgimento, altri per omissione di soccorso, come avvenne per la donna del Vangelo: “…allora gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo…”
In quel luogo veniva posto in evidenza il peccato di quella donna. Ora proviamo a metterci i nostri peccati, proviamo a stare in silenzio, ascoltando i rumori dei disastri provocati da queste scelte, ne saremo sicuramente sgomenti, eppure: “…lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo…Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata? neanch’io ti condanno, và e d’ora in poi non peccare più.”(dal Vangelo secondo Giovanni)
Gesù non la condanna, a differenza degli altri, perché vuole concedere a quella donna l’ulteriore possibilità di riscatto e di salvezza, attraverso la conversione del cuore e dei comportamenti, affinché in questi “vi si espandesse il buon odore delle virtù. Vinta la fornicazione, è la castità che regna nell’anima; superata la passione, regna la tranquillità; calpestata la superbia, regna l’umiltà.” (San Giovanni Cassiano)
Per Gesù questi cambiamenti sono possibili, per questo lascia andare quella donna, per questo lascia andare anche noi. Per questo ristabilisce con noi, attraverso il Sacramento della Riconciliazione quel rapporto interrotto con il peccato, come a dire: “…quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia.” (dal Salmo 125)
A pensarci bene, è un po’ quanto avviene nel ricevere dal sacerdote l’assoluzione: ci sentiamo più leggeri, pronti al sorridente saluto, desiderosi di ben parlare di tutti e di tutto. Vediamo tutto sotto una luce diversa, sappiamo cogliere ogni sfumatura del vivere e del tempo che ci avvolge. E’ bello sapere che il Buon Dio mi tiene proprio come un germoglio, mi custodisce, mi nutre, mi cura proprio come se fossi l’unico del suo giardino. Cambia la prospettiva con cui guardare, a nostra volta, ai germogli che stanno attorno a noi.
Is 43,16-21  /  Sal 125(126)  /  Fil 3,8-14  /  Gv 8,1-11
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