IN MEZZO A NOI

Seconda Domenica di Pasqua
 Anno C

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Se entri in una chiesa e non vedi al centro della stessa una croce, se non vedi il lumino acceso all’altare principale, davanti al tabernacolo, significa che sei entrato in un auditorium, quando va bene, o in un tempio senza Dio, cioè in un parlamento. Non può stare in piedi una Chiesa che non mette al centro Gesù Cristo, perché fin dai tempi apostolici: “… venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!” (dal Vangelo secondo Giovanni).
Gli apostoli erano nel cenacolo, la prima chiesa, stavano a porte chiuse, per paura, poi, con Gesù in mezzo a loro, le cose cambiarono. Non poteva essere diversamente, perché avevano un riferimento ben preciso: il loro Maestro, vivo e risorto, ed ora ricordavano le sue parole. Ora sapevano che con la sua Pace nel cuore potevano affrontare ogni rischio, potevano sentirsi fratelli in fiducia fra di loro e con Gesù.

Potevano assistere al miracolo della gioia dello stare insieme nella Chiesa, superando anche le diversità esistenti fra di loro. Così come le superiamo oggi, perché Gesù continua a stare in mezzo a noi. Viceversa, è scontata la divisione ed il dissidio nello stesso popolo di Dio, soprattutto se a provocare tale situazione sono gli stessi pastori, quelli che dovrebbero condurre e confermare lo stesso nella fede. Guai a costoro, che riscoprono la gioia, in Gesù Cristo, perché: “…tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. (dagli Atti degli apostoli). Ecco un particolare interessante: gli uomini importanti, i detentori del potere, anche quelli immanicati con lo status quo, se ne stanno alla larga, cioè non si convertono, mentre il popolo, i semplici, gli umili si lasciano attrarre, entusiasmare dall’annuncio. E’ Gesù che interviene nella vita dei discepoli, esaltandoli, quando trova l’umiltà nei loro cuori. Come avviene per una donna delle nostre, moglie e madre di due bambini piccoli, chiamata ad accudire il giovane marito, malato di Sla, che con semplicità ci dice: “riconobbi che non potevo nulla, se non appoggiandomi a Chi può tutto. Compreso e accettato questo, la nostra vita fu un fiorire di meraviglie.” Come non si può non sentirsi fratello di tale testimone, anche l’evangelista lo è: “…io Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù:” (dal Libro dell’Apocalisse).
La forza della Parola, sussurrata all’apostolo dallo Spirito Santo, lo ha confortato, lo ha illuminato e gli ha dato il vigore per vivere come integerrimo discepolo. E’ così, lo fu per Giovanni che subì ogni persecuzione, lo è per coloro che soffrono al tramonto della loro vita. San Pio da Pietrelcina ammoniva: “la vita è una lotta dalla quale non possiamo ritirarci”, perché abbiamo una risorsa speciale: “…dica Israele: “il suo amore è per sempre; dicano quelli che temono il Signore: “il suo amore è per sempre.” (dal Salmo 117)
Ecco, l’Amore di Dio è per noi, per ciascuno di noi, e nel salmo è ripetuto per ben tre volte per farci capire che “Dio è sopra ogni cosa, e tutte le altre cose per lui. Poiché ogni amore che non si rapporta a questo fine, cioè alla volontà di Dio, è un amore completamente vano e sterile.” (San Tommaso Moro).
E se la volontà di Dio è di amarlo sopra ogni cosa, è sua volontà anche farci suoi araldi: “…come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (dal Vangelo di Giovanni).
Non possiamo, infatti, godere di quell’Amore, qui sulla terra, in camera, ma dobbiamo annunciarlo, testimoniarlo, esaltarlo nel mondo. E’ difficile, è faticoso, non ne siamo forse neanche degni e neppure all’altezza, ma “Dio non comanda l’impossibile, ti comanda di fare ciò che puoi e di chiedere ciò che non puoi.” (dal Concilio di Trento).
E’ una prospettiva che bisogna tenere ben presente, tanto più che abbiamo anche noi, oggi, Gesù che sta in mezzo a noi.

At 5,12-16  /   Sal 117(118)  /  Ap 1,9-11a.12-13.17-19  /  Gv 20,19-31   

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