XVIII Domenica del T.O.
Anno B
Durante il giovedì santo in alcune chiese si
predispone un altare con al centro una grossa pagnotta e un grappolo d’uva che
simboleggiano ciò che è stato consumato nell’ultima cena da Gesù e i suoi
apostoli. Sul pane è tracciato il segno della croce che sta ad indicare a quale
sacrificio il Signore si offrì. Quel segno è il sigillo che santifica ogni pane
consacrato, da quella cena in poi. Ogni volta che accade, cioè ad ogni Santa
Eucaristia, si perpetua la Parola che dice: “…datevi da fare non per il cibo
che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio
dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo.”
(dal Vangelo secondo Giovanni)
Ci sono stati, e probabilmente ci sono anche in
questi tempi, uomini e donne che hanno vissuto cibandosi solo delle particole
consacrate, nella vita così assimilate in Cristo che quel sigillo si è impresso
anche su di loro per speciale grazia del Buon Dio nei loro riguardi. Noi ne
ammiriamo la testimonianza e non possiamo che “rendere grazie a Dio.
Ringraziandolo, poi, non solo per i beni che ci ha dato, ma anche per quelli
accordati agli altri. Potremo, così, debellare l’invidia e mantenere ed
accrescere l’amore al prossimo.” (San Giovanni Crisostomo)
Oltretutto, in questo modo, saremo degni
d’innalzare la preghiera del salmo quando recita: “…ciò che abbiamo udito e
conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai
nostri figli.” (dal Salmo 77)
A questo riguardo è, perciò necessaria una
riflessione: quali strumenti utilizziamo per raccontare chi è Gesù Cristo,
cos’è la sua Chiesa alle nuove generazioni? Cosa presentiamo: il Corpo di
Cristo o una Organizzazione Umanitaria come tante altre? Occorre vigilare su
questi punti perché è giusto fare il bene, oltre che insegnare agli altri a
farlo, però bisogna farlo nel nome del Signore e in quanto suoi discepoli. Per
perseguire la ricompensa alla fine dei nostri giorni? Certo, anche e
soprattutto per questo. A tutti dobbiamo indicare il vero fine della propria
vita: quello di guadagnarsi la vita eterna al cospetto di Dio nostro Padre:
Perciò fa bene San Paolo a ribadire: “…vi dico, dunque, e vi scongiuro nel
Signore, non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri.” (dalla
Lettera agli Efesini)
Lo vediamo anche oggi: i vani pensieri sono
dominanti, le attuali olimpiadi ne sono un eloquente esempio. Non bisogna stare
a quel gioco. Accettiamo discorsi rispettosi della nostra unica vera religione,
condividiamo “l’impegno per la pace, la giustizia, i diritti dell’uomo, la
promozione umana in quanto sono testimonianze evangeliche, purché siano segno
di attenzione per le persone e siano ordinate allo sviluppo integrale
dell’uomo.” (Papa Giovanni Paolo II)
Purtroppo dell’insegnamento del papa del terzo
millennio e della sua testimonianza rimane ben poco. Si fa presto a dimenticare
e si è subito pronti a cadere come accadde ad Israele: “…ho notato la
mormorazione degli israeliti: io lo metto alla prova per vedere se cammina o no
secondo la mia legge.” (dal Libro dell’Esodo)
La cosa si ripete anche oggi, anzi l’idolatria
è ancora più diffusa e trascinante. Oltretutto, alla guida non ci sono dei Mosè
e neppure degli Aronne. Senza dubbio siamo messi alla prova. Per ora, le
sbandate più gravi e pericolose sono contenute da “piccoli resti”, da fioriture
monacali che spianano il cammino, da santi uomini e donne di Dio che
testimoniano la vera fede in Dio con preghiere ed opere di giustizia. E poi
abbiamo Gesù che c’invita continuamente: “…io sono il pane della vita, chi
viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!” (dal Vangelo
secondo Giovanni)
Ecco, quel sigillo è, può essere, anche sulla
nostra vita, sul nostro cuore, e nessuno potrà mai spezzarlo.
Es 16,2-4.12-15 / Sal 77(78) / Ef 4,17.20-24 /
Gv 6,26-35digiemme