XXXIII Domenica T.O. (Anno A)
Spesso e volentieri mi capita di pensare: ma
quanto mi ha lasciato il mio Signore in dote quando sono stato chiamato alla
vita? Come fare per riuscire a capirlo? Così comincio a riandare a ritroso
dello sviluppo degli anni che hanno segnato la mia maturità. Oggi, invece, ci
provo alla luce della Parola che abbiamo appena ascoltato. Comincio con il
Libro dei Proverbi:
“…una donna forte chi potrà trovarla? a lei
confida il cuore il marito…Apre le sue palme al misero, tende la mano al
povero.”
E’ forse nostra madre quella donna forte?
Una donna cui ha donato il proprio cuore nostro padre? Allora è una coppia forte che, oltre a far crescere l’amore coniugale, ha come primo impegno la custodia della famiglia che ha costituito. Una famiglia non chiusa in sé stessa, una famiglia che abbraccia il misero, che aiuta il povero. Se questa è la nostra famiglia, allora si capisce bene che i talenti ricevuti sono ben pesanti. Farli fruttificare vuole dire avere la volontà certa e retta di mettere in pratica quanto sostiene il Salmo:
Una donna cui ha donato il proprio cuore nostro padre? Allora è una coppia forte che, oltre a far crescere l’amore coniugale, ha come primo impegno la custodia della famiglia che ha costituito. Una famiglia non chiusa in sé stessa, una famiglia che abbraccia il misero, che aiuta il povero. Se questa è la nostra famiglia, allora si capisce bene che i talenti ricevuti sono ben pesanti. Farli fruttificare vuole dire avere la volontà certa e retta di mettere in pratica quanto sostiene il Salmo:
“…Beato chi teme il Signore e cammina nelle
sue vie…la tua sposa come vite feconda…i tuoi figli come virgulti di ulivo.”
E’ bene temere il Signore, non perché possa
essere cattivo o vendicativo (Lui è il Sommo Bene), ma perché ci può mettere
alla prova. Proprio così! Quando non camminiamo sulle sue vie, deragliamo
irrimediabilmente, abbandoniamo i nostri cari e loro si dimenticano di noi.
Eppure guardate quali vantaggi, sentite l’eco di quel “prendi parte alla gioia
del tuo padrone”. Se solo capissimo come quella “sposa come vite feconda” è il
dono dell’amore che si apre alla vita. Se solo capissimo come quei “figli come
virgulti d’ulivo” è il perpetuarsi della promessa che sconfigge la morte, sia
che si affacci all’alba della vita con l’aborto, sia al tramonto della stessa
con l’eutanasia. La morte è lì pronta, pensiamo di averla sotto controllo, ma
ci sbagliamo alla grande. Lo ricorda San Paolo ai Tessalonicesi:
“…E quando la gente dirà: “c’è pace e
sicurezza”, allora all’improvviso la rovina li colpirà…non dormiamo dunque come
gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.”
Fanno ridere, se non piangere, coloro che si
svendono pur di accodarsi dietro a qualche bandiera arcobaleno e, al destino
delle anime, preferiscono mettere in guardia sulla differenziata e sul buco
dell’ozono. Non è nostro compito, non possiamo dormire il sonno del giusto,
dobbiamo vigilare e stare attenti. E allora, ritorna la domanda sulla reale
entità dei talenti che abbiamo da fruttificare. Certo lo capiremo nel giorno
del giudizio, però a noi rimane la scelta di come investire, anche rischiando,
le potenzialità che sono in noi a cominciare dalla Grazia dei Sacramenti che
abbiamo ricevuto. Già il partecipare di queste grazie sacramentali, dell’aver
avuto, o dell’avere una famiglia come quella indicata dalla Parola (non altre
“famiglie”) sono un anticipo di quel “vieni servo buono e fedele”. E’ il
sentire del Vangelo:
“…chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi
beni…a ciascuno secondo le sue capacità…Servo buono e fedele…servo malvagio e
pigro…Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha
verrà tolto anche quello che ha.”
Se, invece, ci accoccoliamo, relativizziamo
ogni cosa, snerviamo ogni vite ed ulivo, nessun frutto avremo da portare e,
senz’altro, ci sentiremo dire “fuori da qui servo malvagio e pigro”. La gioia
si trasformerà in tristezza per il Padrone perché nulla si è aggiunto e tutto è
perduto. Anzi, no, non tutto è perduto, quei talenti iniziali vengono tolti per
essere riassegnati ad altri figli che il Buon Dio ha già in seno perché,
nonostante tutto, ogni vita che sboccia è segno che Dio non si è ancora
stancato degli uomini.
Pr
31,10-13.19-20.30-31 / Sal 127(128) / 1Ts 5,1-6 / Mt 25,14-30
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