LE NOSTRE MONETINE

XXXII Domenica T.O.
Anno B
riflessione a casa

 

Mi capita, durante la Messa festiva, all’offertorio di soffermarmi sul giro che il sacrista fa per raccogliere le domenicali offerte e notare come le dita delle persone, soprattutto quelle anziane, nascondono delle monetine, nel metterle nel cestino. Si riscontreranno successivamente anche di quelle bronzee dei centesimi. Ci sta. E proprio per questo, il Vangelo di oggi mi apre al sorriso, anche per via del fatto che pure i piccoli, gioiosi, stendono le loro manine con la moneta da gettare in quello stesso cestino. Mi sembra proprio bello questo binomio, perché vi intravedo un accostamento di intenzioni semplici, fiduciose di essere gradite: “…tutti, infatti, hanno gettato parte del loro superfluo (nel tesoro del tempio). Lei, invece vi ha gettato quello che aveva, tutto quello che aveva per vivere.” (dal Vangelo secondo Marco)
Non posso sapere se gli offerenti di oggi lasciano cadere il superfluo o meno, ma a grandi linee sono certo che lo sentono come un dovere, quanto meno per collaborare al mantenimento della chiesa, della parrocchia o della comunità. Vi vedo anche un gesto di umiltà, di chi non si vergogna di prostrarsi davanti a Dio partecipando a alle funzioni liturgiche.
“E’ l’umiltà la maestra di tutte le virtù, il fondamento incrollabile dell’edificio celeste, il dono proprio e magnifico del Salvatore.” (San Giovanni Cassiano)
In sostanza, cosa vuole dirci Gesù con quell’acuta osservazione circa la misera condizione della vedova che solo lui aveva notato? Che nella sua casa non c’è spazio per chi attribuisce lunga durata solo a ciò che possiede sul momento.
In questa logica, mi piace riascoltare il salmo quando canta: “…egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge la via dei malvagi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.” (dal Salmo 145)
Con questi versetti riesco a intravedere una speranza anche per la nostra generazione. Nonostante i venti di tempesta che scuotono questa umanità depravata che vuole decidere quali figli possono nascere (il diritto all’aborto) e quali vecchi devono morire (il diritto all’eutanasia). In questa umanità si celano quei malvagi che il Signore sconvolgerà. E’ questa la speranza: che i progetti di morte e di tutti quei diritti miranti al rifiuto dell’opera creatrice del nostro Dio trovino resistenza, mezzi e tempi per ribaltare la disumanizzazione in corso.
Anche in una situazione che pare disperata, come quella in cui si trovava a vivere la vedova di Sarepta, ma alla fin fine:“…la farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra.” (dal primo Libro dei Re)
La promessa del profeta Elia ebbe conferma, anche per noi può avverarsi, purché si ritrovi il coraggio di mettersi in gioco. Possiamo trovarlo ai piedi dell’altare, dove si ripete il sacrificio di Colui che:“…nella pienezza dei tempi è apparso per annullare il peccato, mediante il sacrificio di sé stesso.” (dalla Lettera agli Ebrei)
E’ lì che viene giustificata la nostra generazione, quando si riuscirà ad andare oltre le condiscendenze degli scribi, di quel mondo ecclesiale che corre dietro al mondo, quando sapremo testimoniare quel sacrificio nella vita di tutti i giorni, in modo che: “se il fuoco comincia a prendere in noi, abbiamo cura di coprirlo, perché non lo spenga il vento. Nascondiamolo sotto la cenere dell’umiltà e del silenzio, e non morirà.” (San Giovanni d’Avila)
E’ un fuoco che, in ogni caso, consuma, con tutti i rischi che questo comporta. Non importa, il Signore Gesù saprà cogliere il buono e tutto l’amore che le nostre monetine nascondono.
1Re 17,10-16  /  Sal 145(146)  /  Eb 9,24-28  /  Mc 12,38-44
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