L’URAGANO E LA BONACCIA

XII Domenica del T.O. 
                                                              Anno B


In questi giorni d’inizio estate mi ritrovo spesso a guardare il cielo, sempre più denso di nuvolaglia che mi sembra alquanto strana. Non sono ancora del tutto persuaso delle teorie sulle famigerate scie chimiche, ma l’evidenza è sopra i nostri occhi. I cieli limpidi, di un forte azzurro, ben inondati dalla forte luce del sole, sono sempre più rari e quasi sempre al mattino, poi nel corso della giornata puntualmente le cose cambiano. Le perplessità crescono e, leggendo i versetti di Giobbe: “…il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano.” (dal Libro i Giobbe), ecco, pare anche a me di stare come in mezzo ad un uragano che non è solo meteorologico. E’ soprattutto esistenziale, per noi tutti ed in particolare per la Chiesa. C’è smarrimento, insicurezza, tentazioni continue a seguire i dettami del mondo, quasi si volesse trovare, nel suo apparente buonismo, gli appetitosi appigli per non naufragare. Ci si dimentica, così, che solo Gesù Cristo sa come calmare le acque turbolente. Ci si dimentica che “io vi ho dato la mia immagine e somiglianza, ma voi avete perduto la grazia con il peccato. Per ridonarvi la grazia, ho unito la mia natura alla vostra, coprendola col velo della vostra umanità”. (Santa Caterina da Siena)
E’ il peccato che trascina nell’uragano, che lo ravviva, che lo alimenta, portando distruzione e morte. Distruzione della convivenza sociale basata sulla legge naturale e morte delle coscienze nel rapporto con il prossimo, ma soprattutto con Dio. Solo riconoscendo la sua regalità potremo ritrovare l’ordine e:“…al vedere la bonaccia essi gioirono, ed egli li condusse al porto sospirato.” (dal Salmo 106)
L’uragano, perciò, cresce dentro di noi, la bonaccia, invece, la chiama il Buon Dio per offrirci la possibilità di gustare la pace e la serenità del ritorno a casa, là dove ci aspettano affetti e gioie, desiderate come non mai, perché “i figli di Dio sono totalmente pacifici, perché credono alla diffusione dell’amore, sanno che là dove si fa un po’ di pace si crea un contagio di pace abbastanza forte da invadere tutta la terra. E provano una duplice gioia: quella della pace attorno a loro e quella di riconoscere dentro di sé la chiamata del Padre”. (Venerabile Madeleine Delfrel)
E di riconoscere che si va al Padre attraverso il Figlio. E’ lui la chiave di volta della nostra umanità perché:“…se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
Non ha caso, con il Battesimo, si parla di nuova creatura. Le cose vecchie sono incrostate nelle scelte malsane, quelle dell’ingiustizia, dei delitti contro i fragili,, quelle che arrugginiscono la coscienza, lucidando solo egoismi e avidità di potere. Le cose nuove sono, invece, quelle che aprono al sorriso, alla bontà, al riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo, all’accoglienza, in primis, del più piccolo fra i figli dell’uomo. Se prevalgono le cose vecchie, c’è poco da fare, la sera scende sul mondo:“…venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: passiamo all’altra riva.” (dal Vangelo secondo Marco)
Quell’andare all’altra riva, quel comando vale anche per noi. E’ ora di muoverci, di svegliarci, senza paura di affrontare la tempesta: “…ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai ne era piena”
Non solo la nostra personale barca è in pericolo, ma anche di molti altri:“…c’erano anche altre barche con lui”
Abbiamo, perciò, una responsabilità anche nei confronti degli altri e per farcene carico dobbiamo solo avere fiducia in Dio. Nella tempesta la paura ci assale, ci mettiamo ad urlare per farci sentire, soprattutto quando le preghiere non hanno sortito le speranze auspicate, ma “non abbiamo bisogno di alzare la voce più di tanto perché egli è talmente vicino che, per quanto sottovoce gli parli, sente. Perché, come scriveva Sant’Agostino, Dio lo trovi dentro di te.” (Santa Teresa d’Avila)
Ecco perché può essere che, all’improvviso, la tempesta si trasformi in bonaccia, quella condizione essenziale per ritrovare la speranza del vivere.
Gb 38,1.8-11 / Sal 106 / 2Cor 5,14-17 / Mc 4,35-41
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