COME DORMIRE NELLA MORTE

 XIII Domenica del T.O.
Anno B


E’ raccapricciante quanto avvenuto a Pescara: due minorenni hanno trucidato un loro coetaneo per una questione legata all’uso di droghe. E’ terribile, poi, il modo con cui hanno infierito, incuranti dello strazio che provocavano, anzi godendone, ingalluzziti dalla presenza acquiescente di altri giovani attorno a loro, in parte atterriti, ma impotenti. E come se niente fosse accaduto, poco dopo se ne vanno in spiaggia a glorificarsi del loro agire. Si è inorriditi, ma come è possibile? Altri episodi terribili come questo ne erano già accaduti, si pensava, però, fossero legati a menti malate dei protagonisti. Qui, invece, vi possiamo leggere solo e proprio il sonno della ragione, il piacere di dare solo dolore e morte. Non possiamo nasconderci, tutti noi siamo chiamati a renderne conto a Dio.
Sì, perché chi più si preoccupa di andare a chiamare Dio Padre o suo Figlio Gesù per salvare i propri figli? Purtroppo nelle case d’oggi Dio è bandito e questi sono i risultati.  Eppure il Vangelo ci presenta un padre, Giairo, che non esita a gettarsi ai piedi di Gesù per chiedergli aiuto per la sua bambina ammalata, che nel frattempo moriva. Gesù si commuove per quell’uomo: “…la bambina non è morta, ma dorme. E lo deridevano. Ma Egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui (Pietro, Giacomo e Giovanni).” (dal Vangelo secondo Marco)
In realtà la bambina era effettivamente morta, ma la sua innocenza è tale che nella morte si può solo dormire, pronti ad essere aiutati a rialzarsi solo che tutti quelli che stanno intorno svolgano fino in fondo il compito che è stato loro assegnato dal Buon Dio. Non a caso Gesù porta con sé il padre e la madre, cioè coinvolge a pieno titolo la famiglia, non a caso chiede la presenza dei tre apostoli, cioè la Chiesa, per chiamare a sé, nel miracolo del ritorno alla vita della bambina, la testimonianza e la compartecipazione di chi riconosce in Lui la causa prima della vita, di ogni vita, anche di quella che rifiutiamo con l’aborto volontario. Abominevole peccato che cancella la bontà di quanto creato da Dio. Al mondo tutto questo non interessa, infatti, il Vangelo dice che “lo deridevano”. Tutt’ora lo deridono, anzi lo contrastano, lo vogliono cancellare dalla faccia della terra. Per fare questo la famiglia è da distruggere, così come la Chiesa. C’è, però, da notare che Gesù quando si rivolge alla bambina con l’espressione aramaica “Talità kum”, la stessa può essere tradotta anche con “Agnellino, io ti dico alzati!” Ecco che compare la figura del Gesù Buon Pastore, colui che si pone alla guida e alla protezione del suo gregge. Isacco Della Stella, un santo monaco del XII secolo scriveva che la “pecora” del Buon Pastore è unica nel suo mistero, molteplice nelle persone, molteplice nella carne secondo la natura, unica nello Spirito secondo la grazia. Insomma una sola “pecora” e una folle innumerevole. Motivo per cui tutti noi, credenti e discepoli del Signore, ne facciamo parte. Quant’è vera la Sapienza che ci viene in soccorso: “…Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, l’ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.” (dal Libro della Sapienza)
Queste parole ci aprono gli occhi, non possiamo continuare a comportarci come le tre scimmiette, non possiamo lasciare che i figli non abbiano più famiglia, che siano manipolati dalle sirene di questo mondo senza Dio, in mano ai satanisti che ormai stanno anche dentro la Chiesa. Bisogna stanarli e cacciarli, l’indifferenza non sia il nostro quieto vivere, perché intanto nulla mai cambierà. Certo, la morte infesta la vita dei nostri figli e nipoti, ma con fiducia innalziamo per loro la preghiera del salmo:“…Signore hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.” (dal Salmo 29)
Gli inferi si spalancano sotto i nostri piedi ogni volta che ammicchiamo ai suoi richiami, che cediamo alle sue lusinghe, ogni volta che moriamo nel peccato. Perché si muore, ma se qualcuno lotta per me, per te, per loro, anche quelli di Pescara, allora quel morire è un dormire. E Gesù, presente in quella casa che è il suo tabernacolo, proprio vicino alla nostra casa, verrà a prenderci per mano e ci rialzerà. Lui sa del nostro cuore, sa della nostra innocenza, sa che crediamo solo in Lui e ci dona, così, la sua salvezza.
Sap 1,13-15;2,23-24 / Sal 29(30) / 2Cor 8,7-9.13-15 / Mc 5,21-43
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