COME UN GRANELLO, COME UN RAMOSCELLO

Undicesima Domenica del T.O. 
Anno B


Ho un piccolo orticello: vi ho seminato alcuni tipi di insalata, cipolle, carote, patate; ho messo dei pomodori, fagiolini, melanzane, peperoni e zucchine. Tolgo l’erbaccia, innaffio e controllo la crescita per esercitare la raccolta con positiva risultanza. Ogni tanto mi soffermo a squadrarlo, soddisfatto. Tutto ciò mi rende più comprensibile la parabola del granello di senape, perché il parlare di Gesù è semplice e utilizza parametri di vita quotidiana. Così ci fa capire, con parole povere, di quale pasta è fatta la sua persona quando ci parla del Regno di Dio e con un pratico esempio ci apre lo sguardo sulla magnificenza dell’Amore di Dio per l’uomo: “…il regno di Dio è come un granello si senape, il più piccolo di tutti i semi, ma quando cresce diventa più grande di tutte le piante dell’orto.” (dal Vangelo secondo Marco)Dio, come un buon ortolano, è all’opera tutti i giorni perché altrimenti la luce del sole si spegnerebbe, la terra perderebbe di consistenza, tutti i frutti mancherebbero di succo e la vita dell’uomo perirebbe nel niente. Ma il “Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino” recitava un canto degli anni settanta e proseguiva “il Signore ha messo un seme nel profondo del mio mattino”. Versetti che vanno all’inizio di ogni vita umana, se pensiamo a quanto piccola fosse la prima cellula che ha caratterizzato il nostro primo essere, il nostro primo istante di vita umana. Crescendo ciascuno di noi diventa la più grande di ogni creatura voluta dal Buon Dio.
Infatti, ci ha presi come: “…un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente.” (dal Libro del profeta Ezechiele)
Sopra un alto monte, la prospettiva della vita, della nostra vita, è sempre rivolta verso l’alto, nel bene e nel male, perché la scalata, comunque, comporta sì la bellezza che si può ammirare dalla cima, ma significa anche fatica e dolori alle gambe, fiato corto e spossatezza per superare gli sbalzi che l’ascesa richiede. C’è poco da fare, siamo come “il ramo che vive della linfa che sale dalla vite. La sua funzione è trasformare la linfa in frutti. E’ la sua ragion d’essere. Se, però, il ramo non porta frutto è logico che sia tagliato e gettato nel fuoco. Così è l’ordine delle cose.” (Beato Maria Eugenio di Gesù Bambino – Carmelitano)
La natura che ci sta attorno, quindi, ci spiega il corso della vita e ci aiuta ha capirne le possibilità di sussistenza e di adeguamento. Che passano attraverso il nostro vivere l’umanità in cui, fin dal principio, siamo catapultati. Un vivere che non è un sopravvivere, ma una ricerca continua di comunione e di libertà, nella verità che quel regno di Dio ci promette. Per questo: “…tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute, sia in bene che in male.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
Nessuno può sfuggire a questo epilogo dell’esistenza, neppure il più incallito ateo e nessuno può sapere in anticipo quale sarà la ricompensa o la dannazione. Sappiamo, però, che il bene e il male sono alla nostra portata e possiamo scegliere verso chi tendere le nostre mani. L’inclinazione naturale è per il bene al punto tale che non possiamo fare a meno di cantare: “…è bello rendere grazie al Signore e cantare al tuo nome, o altissimo, annunciare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte.” (dal Salmo 91)
Così quel piccolo seme e quel piccolo ramo diventano grandi e riconoscono che è l’Amore di Dio ad alimentare tale grandezza. Che è facilmente riconoscibile nel momento stesso in cui sapremo suscitare il rispetto e l’affetto premuroso che un figlio ha per un padre, la madre per il figlio, il fratello per la sorella, l’amico per l’amico, la sposa per lo sposo, la Chiesa per i suoi. Sono questi i frutti che, spero, maturino nel mio, nel nostro, orticello.
Ez 17,22-24 / Sal 91/92 / 2Cor 5,6-10 / Mc 4,26-34
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