IL DONO DEL FIGLIO

 Seconda Domenica di Quaresima
Anno B

Fu trasfigurato davanti a loro
e le sue vesti divennero splendenti

Il vangelo di Marco pone nei primi capitoli una serie di domande su chi sia Gesù. Almeno fino alla decisa risposta di Pietro che dice a Gesù: “Tu sei il Cristo”. Risposta che è un dono, una rivelazione che gli viene da Dio Padre. Solo con la fede, perciò, si riesce a comprendere ed accogliere questa sconvolgente, per la nostra ragione, verità e realtà che, oggi come allora, ti scombina la vita. Perché ci conduce alla Trasfigurazione, cui assistettero i tre apostoli, ai quali poi: “…ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.” (dal Vangelo secondo Marco)
Ma vi rendete conto cosa è successo a quei tre? E cosa può succedere anche a noi, quando Gesù ci prende con sé, quasi come privilegiati, anzi lo siamo, e ci spiega tutto quanto non riusciamo a capire con pazienza, con chiarezza, quasi come in confessione, al punto che, poi, non sappiamo più cosa dire, tanto è bello stare con lui.
Davvero questo può avvenire, basta stare davanti al Tabernacolo! Vi possiamo trovare “l’intera Trinità che ha fatto l’uomo a sua somiglianza. Nella memoria assomiglia al Padre, nell’intelligenza assomiglia al Figlio, nell’amore assomiglia allo Spirito Santo”. (Sant’Antonio da Padova) 
Questa somiglianza è insita, fin dal principio, nella volontà fondante di Dio, creatore e amante della vita. Noi ne siamo creditori indegni, ma in forza di chi, come Abramo che non ha messo in discussione la volontà di Dio, possiamo continuare ad essere benedetti: “…si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce”. (dal Libro della Genesi)
Quanto meno, siamo in linea diretta beneficiari di questa promessa, però siamo ai minimi storici visto le condizioni in cui si trovano oggi quasi tutte le nazioni della terra. La cartina di tornasole che permette di verificare questo stato di cose sono le leggi che autorizzano l’uccisione del più innocente ed indifeso figlio dell’uomo nel grembo di sua madre. In tutte le nazioni dove si è legiferato in questo senso la benedizione di Dio è stata ritirata, non ci sono dubbi, e il caos domina e distrugge quanto di buono nei secoli era stato costruito. Motivo per cui è urgente un’inversione di tendenza, una conversione che ci riporti alla casa di Dio dove: “…adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme”. (dal Salmo 115/116)
Che le nostre preghiere, i nostri digiuni siano sinceri. “Non è male né inutile pregare a lungo quando abbiamo tempo, cioè quando non si è impediti da altre incombenze di azioni buone e necessarie, sebbene anche in quelle azioni bisogna pregare sempre con desiderio”. (Sant’Agostino) Quindi un prostrarsi che non è fine a sé stesso, ma foriero di quella carità necessaria per dare lode a Dio, proprio nell’andare incontro ai bisogni dei fratelli, degli altri. Primo fra tutti, il bisogno di poter esercitare il diritto di nascere e di crescere in dignità e potenza. D’altronde per capire tutto questo dobbiamo solo cercare di rispondere alla domanda che pone Pietro nella Lettera ai Romani: “…Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?”
Il Buon Dio è giunto a donarci suo Figlio, Gesù Cristo, ha lasciato che venisse offeso, deriso, spogliato, straziato, che venisse messo in croce, ucciso come un malfattore, ma ce lo ha di nuovo donato con la sua Resurrezione. Con fede, perciò, preghiamo “di nuovo verrà nella gloria…” sapendo che ci porterà quell’infinità di cose che, se già possiamo goderle quaggiù, a maggior ragione le avremo in pienezza nella vita eterna.

Gen 22,1-2.9a.10-13.15-18 / Sal 115(116) / Rom 8,31b-34 / Mc 9,2-10
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