SESTA Domenica T.O. Anno B
             11 Febbraio : Festa della Madonna di Lourdes 
                                                                LA COMPASSIONE

 

L’impurità è lo stato in cui ci troviamo quando non aderiamo ai comandamenti di Dio. E’ il nostro contro altare  rispetto alla purezza di Dio, cioè il suo Amore per l’uomo, che è incontaminato, puro all’ennesima potenza e lo dimostra l’incarnazione di suo Figlio Gesù. Che si trova fin da subito, nella sua missione, a dover fare i conti proprio con l’impurità, nella sinagoga a Cafarnao prima, in strada poi, quando:“…venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio…ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò.” (dal Vangelo secondo Marco)
Anche in questo brano del Vangelo abbiamo l’opportunità di verificare qual è il tratto della persona Gesù. Già attorniato da discepoli e apostoli, mantiene un comportamento di grande umiltà che si lascia coinvolgere dai bisogni di chi incontra. I suoi sono gesti sempre di grande tenerezza, direi dolcezza: tende la mano, tocca, guarda negli occhi, si commuove. E’ stato così per la suocera di Pietro, è così per questo povero lebbroso. I miracoli ne sono la logica conseguenza. Aggiungerei, però, un’altra considerazione, è la fede che suscita la compassione. Lo si evidenzia soprattutto dall’inginocchiarsi, quasi in adorazione, del poveraccio che non esita a gettarsi ai piedi di Gesù. Ed è la fede stessa che spinge al servizio. La suocera, alzatasi, si mise con semplicità ad accogliere gli ospiti, il lebbroso ad annunciare felice come un bambino ciò che gli era accaduto. Questi, nonostante Gesù gli dicesse di non dire niente a nessuno, solo di presentarsi al sacerdote per dargli conferma dell’avvenuta purificazione. Era, infatti, un uomo nuovo, non si trovava più nella condizione che ricorda il Levitico:“…sarà impuro finché durerà il male.” (dal Libro del Levitico)
La lebbra veniva vista come una conseguenza di un malessere, di un cattivo vivere, di una vita immersa nel peccato. Per questo si cercava di esiliare, di confinare chi si trovava in questo stato. Un tentativo, cioè, di non lasciarsi contaminare da ciò che consuma e distrugge, di salvaguardare il buon vivere di una società. In quei tempi era così, anche perché non si sapeva come curare la lebbra, come guarirne. Oggi che lo sappiamo e ci si accosta ai malati con adeguata assistenza medica e amorevole cura, ci si accorge che di lebbrosi è pieno il mondo, pur senza le esplicite evidenze della malattia. Siamo un po’ tutti lebbrosi perché il male serpeggia, perché non sappiamo o vogliamo più inginocchiarci davanti al Signore. Abbiamo, come dire, quasi paura di dover ammettere i nostri limiti. Non è facile, ma la compassione del Buon Dio nei nostri confronti è di gran lunga superiore alla “vera penitenza che non è solo non ricadere di nuovo nelle stesse colpe, ma strappare del tutto dall’anima le radici dei peccati mortali.” (San Clemente d’Alessandria)
Motivo per cui, possiamo contare di sicuro su quanto viene enunciato nel salmo:“…beato l’uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato. Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto e nel cui spirito non è inganno.” (dal Salmo 31)
Per accedervi dobbiamo solo a “imparare a perdonare e voi che siete malati imparate a chiedere. Se non sperate il perdono direttamente per le vostre gravi colpe, ricorrete a chi può intercedere per voi, ricorrete alla Chiesa che pregherà per voi.” (Sant’Ambrogio). L’importante è che tutto sia fatto per la gloria di Dio, come scrive San Paolo: “…fratelli sia che mangiate sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.” (dalla prima Lettera di San Paolo ai Corinti)
Perché, dobbiamo esserne coscienti, quella compassione di Gesù per l’uomo, per ciascuno di noi, lo ha portato, e lo porta, al suo più grande prodigio: il patire e morire affinché possiamo vedere l’amore di Dio in pienezza e aprirgli così il nostro cuore.
Noi, portatori sani di lebbra, abbiamo le nostre colpe, ma siamo un po’ come quelle pecore senza pastore. Sentiamo il bisogno che qualcuno ci insegni ad ubbidire a Dio, che torni a guidarci con autorevolezza e dolcezza e se lo chiediamo in ginocchio, per questo susciteremo, anche noi, la compassione di Gesù.
Lv 13,1-2.45-46 / Sal 31 / 1Cor 10,31 – 11,1 / Mc 1,40-45
digiemme