ESSERE SERVI

XXXIa Domenica T.O. 

Anno A


                             Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, 
                                            ma non agite secondo le loro opere, 
                                                perché essi dicono e non fanno
                                        -----------------------------------------------------------
A volte proprio mi domando quanto grande sia la pazienza di Dio, per non stancarsi mai di noi uomini. La storia in questo senso è molto eloquente, nonostante i numerosi richiami sparsi nella Bibbia, come questo:“…se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome,…manderò su voi la maledizione.” (dal Libro del profeta Malachia)
In realtà la maledizione se la infligge l’uomo con il non voler seguire la Legge del Signore, o addirittura, voler cancellare dalla faccia della terra la stessa idea di Dio.Sappiamo bene quali sono stati i risultati di tale ateismo, la rivoluzione francese, il regime massonico messicano, la guerra civile spagnola, il comunismo, il nazismo, hanno tradotto l’esistenza umana, soprattutto dei credenti, in terrore, mattanze, gulag, persecuzioni, discriminazioni. Salvo poi piangersi addosso, dimenticandosi che il tutto è stato perché non hanno amato la Legge di Dio, né la vita eterna, ma le illusioni che non durano che un istante. Tanta agitazione, tanta presunzione, quando, invece, c’è a portata di mano la pace, la condivisione, la comunione, basta affidarsi al Signore, così come è scritto nel Salmo:“…io, invece, resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.” (dal Salmo 130) 
C’è tutta la purezza di Dio in questa figura del bimbo svezzato, c’è l’innocenza servita dalla maternità, che sa come accogliere e servire, c’è l’abbandono totale sul petto e sulle braccia della madre. Mi piace al riguardo riportare questo pensiero di Santa Chiara: “…stringiti alla tua dolcissima Madre, la quale generò un Figlio tale che i cieli non potevano conoscere, eppure ella lo raccolse nel piccolo chiostro del suo santo seno e lo portò nel suo grembo verginale.
Mi commuove questa tenera e potente espressione della maternità.
Questo è il primo e principale modo di essere serva.
Il resto viene da sé, a cominciare della trasmissione della fede:“…ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio che opera in voi credenti.” (dalla prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi)
Ecco la seconda condizione per poter accettare di essere servi: essere credenti, capaci cioè di sapere e potere ascoltare quotidianamente la Parola. Perché senza questa saremo facile preda di travisamenti, illusioni ed ideologie. Bisogna, perciò, riconsiderare con serietà l’importanza, per esempio, del secondo altare durante la celebrazione festiva della Santa Messa: l’ambone, dove si proclama la Parola di Dio. Scrive San Girolamo: “quando ci avviciniamo ai santi misteri, se un frammento viene a cadere per terra, siamo inquieti. Quando ascoltiamo la Parola di Dio, se pensiamo a qualcosa d’altro mentre essa entra nei nostri orecchi, quanta responsabilità ne abbiamo.”
Una responsabilità tanto più grande, quanto maggiore è il ruolo che si ricopre nella comunità cristiana. Non si può servire Dio come si deve se lo si ascolta con sufficienza, distratti da altre cose, irrispettosi delle più elementari logiche della comunicazione e dei rapporti personali con l’interlocutore.
Bisogna, perciò, darsi una regolata ed accettare il consiglio evangelico:“…chi tra voi è più grande, sarà vostro servo, chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Per capire, la chiave di volta è l’umiltà, lo testimonia la vita stessa di Gesù Cristo che: “lo scopriamo in tutto ciò che il Signore ci insegna per condurci all’umiltà. Appena nato, eccolo già in una grotta, non in una culla, ma in una mangiatoia. Nella casa di un artigiano e di una madre senza risorse, è sottomesso a sua madre e al suo sposo.” (San Basilio)
Il più grande fra gli uomini, eccolo come si è presentato e tanto altro ci sarebbe da ricordare, ma ciò che conta è che ci lasciamo prendere dalla sua persona, mettersi alla sua sequela, consapevoli che alla fine resteremo sempre, al suo cospetto, dei poveri servi inutili. Necessari, però, per i fratelli nella fede e per quelli cui va comunicata.
Ml 1,14_2,2.8-10 / Sal 130(131) / 1Ts 2,7-9.13 / Mt 23,1-12
digiemme