XXXIIa Domenica T.O. Anno A
Ciascuno di noi ha i
suoi limiti che lo portano a piccole, ma pure a grandi esperienze, che
permettono di accogliere, comunque, la Parola del Signore. Viverla, poi, non
sarà automaticamente conseguente, perché il più delle volte è faticoso. Come
quando, ad esempio, siamo invitati al perdono, a scelte di povertà, alla
mitezza, alla fedeltà, alla sapienza del cuore, come quella che ritroviamo nel
Libro omonimo:“…la sapienza…chi si alza di buon mattino per cercarla non si
affaticherà, la troverà seduta alla sua porta.” (dal Libro della Sapienza)
Non c’è bisogno di
molte parole per trovarla, basta abbandonarsi come un bambino che ascolta la
favola raccontata dalla madre, o dal padre, o ancora, dal nonno.
In quella casa
non si affaticherà, nel suo mattino della vita, e saprà riconoscere facilmente
colui che sta alla porta del suo cuore, quel Gesù che è la Sapienza in persona.
Il bambino che ascolta sta in silenzio e vede le cose trasferite nel suo modo
di vivere. “Il silenzio ci fa vedere ogni cosa diversamente. Abbiamo bisogno
del silenzio per toccare le anime degli altri. L’essenziale non è quello che
diciamo, bensì quello che Dio dice, quello che dice a noi, quello che dice
attraverso di noi. In un tale silenzio Egli ci ascolta, parlerà alla nostra
anima e udremo la sua voce.” (Madre Teresa di Calcutta)
Ecco perché, nel corso
del nostro tempo, c’è necessità, ogni tanto, di inoltrarsi nel deserto, non in quel
luogo di morte, abitato dal nulla, ma come luogo in cui cercare momenti di
silenzio per godere la confidenza del nostro Dio:“…O Dio…dall’aurora io ti
cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida,
assetata, senz’acqua.” (dal Salmo 62)
Se rileggiamo, come in
una lectio divina, le espressioni “di buon mattino” e “all’aurora”, non
dovrebbe sorprenderci la sensazione che si riferiscano allo stato primordiale
della vita di ogni persona. Crescendo ci si può allontanare da quelle
condizioni originarie per intraprendere strade diverse. Ciò non esclude la
sensazione che manchi qualcosa, che cresca il desiderio di ritornare, anche se
formalmente si è già a casa, si è sempre stati a casa. San Giovanni della Croce
scriveva: “La fonte viva che io continuo a desiderare, in questo pane vivo m’è
già dato di contemplare: benché sia notte.” Cioè, benché il male dilaghi fra di
noi, la guerra pure, e non solo quella guerreggiata in Ucraina, o nel
Medio Oriente. Un male che distrugge le coscienze, che vuole cancellare la
legge naturale, che offusca la giustizia inglese che vuole uccidere, per il suo
bene!?, una bambina di 8 mesi, Indi Gregory, perché secondo alcuni medici non è
curabile e non permette che altri possano tentare, invece, di trovare terapie
adeguate.
E’ un orizzonte di
morte, da qualunque parte ci si volti. E’ così, ecco perché:“…fratelli, non
vogliamo lasciarvi nell’ignoranza a proposito di coloro che sono morti, perché
non siate tristi come gli altri che non hanno speranza.” (dalla prima Lettera
ai Tessalonicesi)
E’ una tristezza che si
tocca con mano ai funerali, non perché sia improprio piangere chi lascia questo
mondo, ma perché non si ha idea della destinazione. Si usa, è di moda,
un’espressione: “che la terra ti sia lieve” che non vuole dire niente.
Sant’Ambrogio diceva che i defunti non sono presi dalla morte, bensì ricevuti
dall’eternità. Non sono stati mandati lontano da noi, bensì che ci hanno
preceduti.
In questa logica appare
logica la parabola delle dieci vergini in attesa dello sposo:“…ora, mentre quelle
andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte
entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.”
Questa volta la porta
sbarra, non offre vie alternative, lo sposo conosce solo coloro che hanno
preparato le nozze tutta la vita e con loro si chiude la porta alle spalle
perché: “Io ho acceso la luce della vostra lucerna, spetta a voi custodirla,
non solo a vostro vantaggio personale, ma pure nell’interesse di quanti la
scorgeranno e saranno, da essa, condotti alla verità.” (San Giovanni
Crisostomo)
Viene da auspicare,
perciò, che alle finestre delle nostre case traspaia sempre quella luce, che in
queste nostre case ci siano madri, padri, nonni che sappiano affabulare i
piccoli figli, permettendo loro di andare ad aprire la porta, dove sulla soglia,
seduto, li aspetta Gesù.
Sap 6,12-16 / Sal
62(63) /
1Ts 4,13-18 / Mt 25,1-13digiemme