10 dicembre 2022

LA SEMPLICITA’

Terza Domenica di Avvento   anno A

Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?

E’ da stolti, ma non c’è verso; proprio di questi giorni è la sentenza della Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che sancisce il diritto all’utero in affitto.
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Ho conosciuto una persona, una donna che da giovane aveva un certo fascino. Lo deduco da alcune antiche foto, in particolare da quella, in primo piano, incorniciata in un ovale d’altri tempi. Esprime, in pari modo, una semplicità di sguardo che ho potuto constatare in età avanzata, quando, vecchierella, stava indaffarata nel servizio verso i suoi famigliari. Silenziosa, ma di parole, quando necessarie, consolanti; generosa, con dolcezza, senza pesare i suoi doni; laboriosa, mai fermandosi se non per i momenti del Rosario; sicura nella sua fede, senza mai giudicare o sparlare di altri. Insomma, una donna che pur appesantita dagli affanni della vita, non ha mai mollato. Ha seguito il consiglio: “… irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti.” (dal Libro del profeta Isaia)
L’età adulta porta con sé proprio quel rischio, di lasciarsi andare, ma la crescita non smette, se accompagnata dal progredire della fede. Anima e corpo si evolvono e crescono, rimanendo, però, sempre gli stessi. C’è tanta differenza, infatti, tra il fiore dell’infanzia e la maturità della vecchiaia e, tuttavia, quelli che sono vecchi sono gli stessi che furono adolescenti. Le membra dei lattanti sono piccole, grandi quelle dei giovani, ma sono sempre quelle. Tante ne hanno i bambini, quante gli adulti e se qualcosa di nuovo appare in età più matura, già preesisteva nell’embrione. E’ tanto semplice da capire. A me è bastato guardare, conoscere quella donna.
Al Signore lo sguardo va oltre: “... Egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malfattori.” (dal Salmo)
Quando leggo questo versetto tiro come un sospiro di sollievo perché capisco che i più derelitti dei poveri sono i privilegiati di Dio. E’ pur vero che, però, Lui chiede la nostra collaborazione per andare incontro ai bisogni dei bambini e delle loro mamme. Di fronte a questa richiesta c’è purtroppo chi rema contro, e lo sappiamo bene.
Non si illudano costoro, le loro esistenze, da malfattori, avranno un esito ben preciso:“… non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati, ecco il giudice è alle porte.” (dalla Lettera di Giacomo)
Adesso viene alla porta nella figura di un bambinello, di un piccolo che ha bisogno di tutto, così come può essere gettato come “cosa”, ieri come oggi. Ma viene all’interno di una famiglia e questo fatto è sintomatico: solo nella famiglia c’è la salvezza, ieri come oggi. Distruggere la famiglia vuole dire rinunciare alla salvezza. E’ da stolti, ma non c’è verso; proprio di questi giorni è la sentenza della Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) che sancisce il diritto all’utero in affitto.
Un abominio agli occhi di Dio che sembra urlare con violenza quasi, superando la contingenza del profeta Giovanni: -cosa andate a cercare nelle chiese d’oggi? Allora cosa andate a vedere? Inutili liturgie in architettoniche bellezze? E’ solo questo che riuscite a sopportare, perché avete perso la semplicità del cuore e più non vedete oltre-.
Non ho messo il virgolettato perché mai oserei suggerire alcunché alla sua giustizia. Certo, occorrerebbe un nuovo potente profeta come il Precursore: “… in verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.” (dal Vangelo secondo Matteo)
Ma ancora una volta Gesù ci prende in contropiede. “Non abbiamo bisogno di grandi opere, né di alcunché che attiri l’attenzione più di tanto, perché saremo gli ultimi amici di Gesù, ma coloro che lo amano di più.” (San Rafael Arnalz Baron)
Perciò ci metteremo in coda ai più piccoli, quelli non voluti fin dal ventre delle loro madri, che sono per Lui i più grandi e importanti, perché semplice e importante è la loro breve vita, anche se non vista dai nostri occhi. Un discorso, alla fin fine, di una semplicità disarmante, come la vita della persona di cui, visivamente, è rimasta quella istantanea incorniciata in un ovale.
Is 35,1-6a.8a.10 / Sal 145(146) / Gc 5,7-10 / Mt 11,2-11
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