22 ottobre 2022

XXXa Domenica T.O. Anno C

OLTRE il PECCATO

O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri

.....non è pesante da portare la croce con inciso il nome di Gesù, tanto più che ci permette di aiutare pure quelle degli altri: “… non trascura la supplica dell’orfano, né della vedova.” (dal Libro del Siracide). Anche per coloro che conducono senza soste la battaglia per la vita, negli Stati Uniti, ma pure in Italia, stanno sperimentando non proprio benevolenza, ma violenza.
Vedi l’ultima aggressione che hanno subito gli Universitari per la Vita presso la “Sapienza” a Roma (https://www.provitaefamiglia.it/blog/solidarieta-agli-universitari-per-la-vita-aggrediti-dagli-abortisti-alla-sapienza-di-roma%20)
Sulla porta bronzea della chiesa di S. Floriano di Canazei sono raffigurate otto persone: tutte portano la loro croce, più o meno pesante: sette con l’iscrizione di uno dei vizi capitali, superbia, avarizia, lussuria ecc … L’ottava, più piccola e leggera, è quella con inciso il nome di Gesù.Sant’Efrem Siro a riguardo della croce commenta così: “e poiché a causa dell’albero del paradiso il genere umano era sprofondato in quei luoghi sotterranei, per l’albero della croce, Cristo entra nell’abitazione della vita. Su quell’albero era stata innestata l’amarezza, su questo la dolcezza.”
Ecco perché si può ascoltare il salmo con sollievo laddove canta: “… il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti.” (dal Salmo 33)
Al di là delle vicende personali che possono trasformare la vita in ogni istante della giornata, penso ai quei genitori, proprio ieri, a cui viene comunicato che il loro meraviglioso figlio diciottenne è stato travolto ed ucciso sul marciapiede a Roma; esiste ormai una condizione generalizzata di appiattimento che svilisce e demoralizza. Tutti a dare la colpa agli altri, alla società, al destino cui nulla si può opporre, quindi al fatalismo, senza accorgersi che, in realtà, il problema sta dentro sé stessi e nell’incapacità di riconoscere il peccato che rode il rapporto con Dio e, conseguentemente, con gli altri. Tutto diventa conflitto e l’altro è visto solo se necessario alla propria convenienza. Penso a questi ultimi tre anni, dove il tutto si è elevato all’ennesima potenza. Mi viene in mente quell’operaio dei cantieri di Trieste che nel tentativo di esprimere le sue idee e giustificare le sue posizioni circa le decisioni politiche prese in repressione delle libertà di manifestazioni pubbliche, fu drasticamente cacciato via da Roma e nessuno prese il suo posto. Questo fatto mi è ritornato alla mente con la lettura di: “… nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto.” (dalla seconda Lettera di San Paolo a Timoteo)
A nessuno degli amici di Paolo conveniva esprimergli solidarietà, questa è la verità, ma lui in cuor suo e sull’esempio di Gesù li ha perdonati. Qui sta il cambio di mentalità e di passo. San Francesco, qualche anno dopo, diceva ai suoi frati che: “dobbiamo, anzi, godere quando siamo esposti a diverse prove e quando sosteniamo qualsiasi angustia o afflizione di anima o di corpo in questo mondo, in vista della vita eterna.”
Perciò, non è per niente pesante quella croce con inciso il nome di Gesù, tanto più che ci permette di aiutare pure quelle degli altri perché così: “… non trascura la supplica dell’orfano, né della vedova. Chi la soccorre è accolto con benevolenza.” (dal Libro del Siracide)
A dire il vero, coloro che conducono senza soste la battaglia per la vita, negli Stati Uniti, ma pure in Italia, vedi l’ultima aggressione che hanno subito gli Universitari per la Vita presso la “Sapienza” a Roma, stanno sperimentando non proprio benevolenza, ma violenza, minacce, discriminazioni.(https://www.provitaefamiglia.it/blog/solidarieta-agli-universitari-per-la-vita-aggrediti-dagli-abortisti-alla-sapienza-di-roma%20)
Va, comunque, bene perché non c’è conflitto con gli altri in fin dei conti, ma solo il superamento del peccato che ammorba questa povera umanità. Soprattutto se lo si fa con umiltà, con l’atteggiamento del servo che dice: “… o Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi, invece si umilia sarà esaltato.” (dal Vangelo secondo Luca)
Andiamo, perciò, oltre il peccato che vuole trattenerci, chiedendo perdono, torniamo a casa, via, alziamoci, andiamo via. Ogni volta che pensiamo di sederci, ricordiamoci di quegli orfani, di quelle vedove, portiamoli con noi, quanto meno nei nostri cuori. Forse, anche noi, ne usciremo giustificati.
Sir 35,15-17.20-22 / Sal 33(34) / 2Tm 4,6-8.16-18 / Lc 18,9-14
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