NOVE MESI PER LA VITA - OTTOBRE 2022

 Domenica   30  Ottobre 2022  ore  16,00                                                                       alla Chiesa della Madonna degli Angeli

IL FIGLIO: IL MISTERO DI UN DONO
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SIAMO NATI E NON MORIREMO PIU’

Chiara Corbella Petrillo muore a 28 anni per un carcinoma alla lingua, scoperto quando è al quinto mese di gravidanza: rimanda le cure per dare alla luce suo figlio. La vicenda di Chiara, di suo marito Enrico e del loro figlio Francesco si dipana attraverso altre due gravidanze, quella di Maria Grazia Letizia e quella di Davide Giovanni. Questa figlia, questo figlio. A Maria Grazia Letizia, dopo un’ecografia tridimensionale, viene diagnosticata l’anencefalia: non può vivere, si consiglia l’aborto terapeutico. Chiara riflette: ”non potevo pretendere di capire tutto e subito; il Signore aveva un progetto che io non riuscivo a comprendere”.

Con Enrico decidono di proseguire la gravidanza e portano avanti un’idea di vita che molti trovano scomoda, ma così scoprono che Maria Grazia Letizia è una bambina come tutte le altre, là in quella sacca del liquido amniotico, anzi più bella. Poi Davide Giovanni, anche per lui la diagnosi è infausta, non potrà vivere a causa di disabilità. Con Maria, scrive Chiara, il Signore ci aveva chiesto “siete disposti ad accompagnare un figlio fino a dove Io vi chiedo e basta?” La seconda volta, con Davide, ci ha chiesto: “siete disposti ad accogliere un figlio disabile nella vostra famiglia, anche se avrà problemi seri?” E vissero il secondo accompagnamento fino al luogo e al tempo che il Signore aveva loro indicato. Chiara lasciò scritto che ⸨Per arrivare al Signore non devi correre, né camminare troppo piano: devi avere un passo costante, continuo e soprattutto sul presente, perché la stanchezza viene se pensi al passato e al futuro, mentre se cammini pensando ai piccoli passi possibili che tu ora puoi fare, a un certo punto arrivi alla meta e dici: “Sono già arrivata! Incredibile, Signore, Ti ringrazio!

LA PAROLA

Gen. 22, 1b-12.15.18 - Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!» Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!».L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Un figlio è un essere che Dio ci ha prestato per fare un corso intensivo di come amare qualcuno più che noi stessi, di come cambiare i nostri peggiori difetti per dargli migliore esempio, per apprendere ad avere coraggio. Sì. È questo!
Essere madre o padre è il più grande atto di coraggio che si possa fare,
perché significa esporsi ad un altro tipo di dolore, il dolore dell’incertezza di stare agendo correttamente e della paura di perdere qualcuno tanto amato.

Perdere? Come? Non è nostro. È stato solo un prestito. Il più grande e
meraviglioso prestito, siccome i figli sono nostri solamente quando non possono prendersi cura di sé stessi.

Dopo appartengono alla vita, al destino e alle loro proprie famiglie. Dio
benedica sempre i nostri figli, perché a noi ci ha benedetto già con loro.”  
Josè Saramago