Quarta Domenica Quaresima Anno C
"Laetare": Gioia dell'abbraccio(preghiera) tra il figliol prodigo e il Padre |
La bontà del padre è davvero grande.
Egli conosceva l’immaturità del figlio, ma ha rispettato la sua libertà. Fino
in fondo. Pensate davvero che un uomo così ricco e potente, come quello della
parabola del “figliol prodigo”, non abbia pensato di mandare, in incognito, un
suo servo per vegliare su quello scapestrato figlio? Dicendogli, comunque, di
non intervenire in nessun caso, se non nel caso di immediato pericolo di morte?
Io penso che quel padre avrà sicuramente fatto questo. D’altra parte, quello
stesso padre non ha forse mandato il suo Figlio per salvarci anche se siamo sul
punto di non ritorno, come è successo a quel disgraziato appeso sulla croce di
fianco a Gesù?
Quel padre è paziente: “… egli divise
tra loro le sue sostanze.” (dal Vangelo secondo Luca) e ancora le divide fra di
noi. Egli, da prima che nascessimo, conosce le nostre ingratitudini, eppure non
smette di circondarci del suo amore e di darci l’occasione di cambiare. Niente
scalfisce la sua speranza.
Significativo, al riguardo, quel quadro del pittore fiammingo, Rembrandt, dove viene raffigurato il vecchio padre che riabbraccia il figlio in ginocchio. Su questa opera, insuperabile, si sono scritti libri, saggi, davanti ad essa tanti si sono convertiti, è l’arte che annuncia, tanto quanto il Salmo che dice: “… sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore.”
Quell’opera è il “frutto della terra” di cui si legge nel Libro di Giosuè, è il frutto della vita di quell’artista che loda il Signore, non con la bocca, ma con il suo lavoro. Che ci permette, ancora oggi, a distanza di centinaia di anni, di guardarci dentro, identificandoci ora con il figlio minore, ora con il figlio maggiore. Ed è qui l’angoscia, perché sono tutti e due dei figli perduti. Non a caso la parabola dice:“… quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro … suo padre, allora, uscì a supplicarlo.” (dal Vangelo)
E’ Lui, il padre che va incontro ai figli, sa che deve abbracciarli, baciarli e, nel quadro, quel padre è anche madre perché le mani appoggiate sulle spalle del figlio inginocchiato sono dipinte come una mano maschile e una femminile. Pensate, poi, la tenerezza che esprime quell’abbraccio, dove il capo del figlio è appoggiato sul cuore del padre, come a dire che noi tutti nei nostri abbracci di perdono siamo chiamati a diventare padre e madre. Certo solo Dio tiene per sé l’autorità della vera misericordia, ma a noi rimane il compito di testimoniarla con la nostra vita perché:“… in nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta.” (dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinti)
Perciò questa parabola dovrebbe diventare una nostra bandiera, un biglietto da visita, rallegrandoci nel presentarlo perché: “… bisognava fare festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”
Facciamo festa, allora, per il ritorno alla vita, quella vera, degna di essere vissuta per tutti, sotto le bombe e sotto le forche dell’aborto, nei letti dei terminali e nelle case di riposo, sotto i fumi delle droghe e fra le bidonville della povertà senza fine. Gridiamolo, diciamolo, sempre, a tutti, che il Padre è sempre lì a scrutare l’orizzonte per il ritorno a casa, esortiamo: “in nome di Cristo lasciatevi riconciliare con Dio”.
Gs 5,9°.10-12 / Sal 33(34) /2Cor 5,17-21 / Lc 15,1-3.11-22
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