FIGLI POVERI

 26 Dicembre 2021
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno C)

Dopo il Natale, da bambino aspettavo l’Epifania perché almeno in quella festa ricevevo qualche regalo, povero, nella calza disusa e, soprattutto, partecipavo al pranzo dei bambini in carico ai patronati. Oltre al dono dei mandarini, in chiesa durante i vespri. Mi teneva compagnia, in quei giorni, una canzoncina che diceva, più o meno, così: “caro Gesù Bambino, tu che sei tanto buono, fammi questo piacer, lascia una volta il ciel e vieni a giocar a giocare con me. Tu sai che il babbo è povero ed io non ho giocattoli, sono un bambino povero come lo fosti tu. Vedrai, però, se vieni, noi ci divertiremo anche senza balocchi, vieni Bambin Gesù,” Me la cantavo continuamente, tanto che me la ricordo ancora, pur se ho i capelli bianchi. Devo dire, però, che successivamente di doni ne ho ricevuti tantissimi: l’amore delle persone care, che già c’era, ma io non lo comprendevo, la famiglia, la moglie, i figli, la comunità, i fratelli, la vocazione. Insomma c’è da ringraziare, come suggerisce Giovanni: “… Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.” (dalla prima Lettera di San Giovanni Apostolo) E non è ancora finita perché non ci dato di sapere come, appunto, finirà la vita che ci è stata donata. Come abbiamo messo a frutto i regali che abbiamo ricevuto? Li abbiamo accantonati, dimenticati in solaio o in cantina? O peggio ancora, li abbiamo svenduti, riciclati, per risparmiare o per grettezza ed inaridimento del cuore. Come sarebbe stonato, in tal caso, il Salmo: “… beato l’uomo che trova in Te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore.”
E’ proprio il caso, invece, di intonarlo con gioia perché quelle vie nel cuore, impresse dallo Spirito Santo nel momento del Battesimo, portano sicuramente al dono di sé stessi, portano all’accompagnamento di chi ci è stato affidato nella nostra famiglia, come, per esempio, la mamma di Samuele:“… per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto dal Signore.”  (dal primo Libro di Samuele)
Perché è così, possiamo crederci o no, tutti noi siamo richiesti per tutta la nostra vita dal Signore, siamo sue creature cui ha consegnato, incommensurabile follia d’amore, quel piccolo Bambinello che, quasi tutto il mondo ha festeggiato proprio ieri. In modi diversi: come credenti, come proprio nelle sacre liturgie ci si può ritrovare; irridenti, come solo nel consumismo festaiolo si possono osservare; paganeggianti, come solo in una indefinita religione del dio-uomo ci si può specchiare. Le ultime due ipotesi sono, purtroppo, le più diffuse, tanto da renderci tristi, se non angosciati, quasi come se quel Bambinello ci avesse, di colpo, dimenticati: “… Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo.” (dal Vangelo secondo Luca)
Leggendo questo passo mi riecheggia continuamente quella poesia di Khalil Gibran: “… i tuoi figli non sono figli tuoi … sono vicini a te, ma non sono cosa tua … tu puoi dare dimora al loro corpo, non alla loro anima … tu sei l’arco che lancia i figli …”
Come non condividere, comunque, l’angoscia dei Santi Genitori? Quando penso al pianto di una figlia per una profonda delusione, alla decisione di un figlio che si stacca dalla protezione della sua famiglia. Poveri nostri figli e poveri noi cui sfuggono i perché, cui si intrufola la paura per il domani e per cui manchiamo di fiducia e di speranza. Come se tutto a noi fosse dovuto. Non era così per la Sacra Famiglia, figurarsi per noi. L’unica è accettare, senza condizione alcuna, la volontà del Signore, del Padre, con umiltà ed abbandono nel suo abbraccio. Che ci consola e ci invita a fare la nostra parte: la vita stessa ci racconta qual è, in povertà, senza tremori, come fecero Maria e Giuseppe.

1Sam 1,20-22.24-28 / Sal 83(84) / 1Gv 3,1-2.21-24 / Lc 2,41-52
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