Va Domenica di
Pasqua (Anno B)
ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto |
La
giovane Chiara Luce Badano scriveva che “riflettendo ci accorgiamo spesso che
l’uomo non vive la sua vita perché immerso in tempi che non esistono: o nel
ricordo e nel rimpianto del passato o proiettato nel futuro. In realtà allora
l’unico tempo che possiede è l’attimo presente che va vissuto interamente,
sfruttandolo appieno. Vivendo così certamente l’uomo si sente libero perché non
è più schiacciato dall’angoscia del suo passato e dalle preoccupazioni per il
suo avvenire.” Ci vuole un bel coraggio, per lei che stava sul letto di dolore dove
la malattia la costringeva e che l’avrebbe portata alla morte, affermare tale
pensiero.
Un
po’ come San Paolo, che doveva fare i conti con il suo passato, ma: “… e come
in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù.” (dagli Atti degli
Apostoli) E non si preoccupa più del suo
futuro, perché ormai è discepolo e apostolo di Gesù Cristo e tutto sarebbe
stato fatto in funzione di lui. Infatti, dirà che “Cristo vive in me” a tal
punto che non avrebbe che potuto parlare nient’altro che di Cristo: “… si
parlerà del Signore alla generazione che viene.” (dal Salmo)
Abbiamo noi quel coraggio? Sapremo affrontare la derisione, il disprezzo, il carcere? Come, proprio in questi giorni, è successo a quel Pastore anglicano che è stato messo in prigione perché ha letto alcuni passi della Genesi che ricorda come Dio abbia creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. Sembra assurdo, ma è così, a causa di leggi ingiuste che, fra l’altro, vorrebbero attuare anche in Italia.
Ci vuole, poi, ancora più coraggio se all’annuncio della Parola riuscissimo a fare nostra l’esortazione apostolica: “… figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.” (dalla prima Lettera di San Giovanni Apostolo)
Cioè, non possiamo passare accanto a nessuno con il volto indifferente. Dobbiamo, viceversa, preoccuparci di coloro che sono disorientati, che soffrono senza mostrarlo, che si sentono isolati senza volerlo. Aiutarli a superare gli ostacoli che rendono loro difficile la vita, tendendo la mano, amandoli ed ammonendoli nella verità, che non può mai essere disgiunta dalla carità. Per esempio, nei confronti di quelle mamme che non sanno darsi pace per un aborto subito o voluto. Non a caso sono poi quelle che, dopo aver riconosciuto il figlio, con coraggio si gettano nella testimonianza per la vita e sanno parlare alle nuove generazioni, del Signore e del dono incommensurabile della vita. I frutti si possono, perciò, cogliere, basta fare un giro presso le associazioni “pro-vita” o in quelle comunità cristiane dove il protagonista è ancora quel Gesù Cristo di cui ci parla San Paolo.
D’altronde: “… ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Capita l’antifona? Dobbiamo avere il coraggio di lasciarci potare, soprattutto quando il peso degli affanni di ogni giorno ci distrae e ci blocca e ci dice “ma chi me lo fa fare …”. Noi, forse, i frutti non riusciamo a vederli, perché siamo circondati da un mondo cui interessa solo il proprio orticello, però basterebbe un piccolo ragionamento circa il fatto che nessuno è inutile, se è capace di alleggerire i pesi di un altro uomo. Coraggio, allora, guarda che il Buon Dio è un buon vignaiolo e sa ben distinguere i tralci secchi da quelli verdi.
Abbiamo noi quel coraggio? Sapremo affrontare la derisione, il disprezzo, il carcere? Come, proprio in questi giorni, è successo a quel Pastore anglicano che è stato messo in prigione perché ha letto alcuni passi della Genesi che ricorda come Dio abbia creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza. Sembra assurdo, ma è così, a causa di leggi ingiuste che, fra l’altro, vorrebbero attuare anche in Italia.
Ci vuole, poi, ancora più coraggio se all’annuncio della Parola riuscissimo a fare nostra l’esortazione apostolica: “… figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.” (dalla prima Lettera di San Giovanni Apostolo)
Cioè, non possiamo passare accanto a nessuno con il volto indifferente. Dobbiamo, viceversa, preoccuparci di coloro che sono disorientati, che soffrono senza mostrarlo, che si sentono isolati senza volerlo. Aiutarli a superare gli ostacoli che rendono loro difficile la vita, tendendo la mano, amandoli ed ammonendoli nella verità, che non può mai essere disgiunta dalla carità. Per esempio, nei confronti di quelle mamme che non sanno darsi pace per un aborto subito o voluto. Non a caso sono poi quelle che, dopo aver riconosciuto il figlio, con coraggio si gettano nella testimonianza per la vita e sanno parlare alle nuove generazioni, del Signore e del dono incommensurabile della vita. I frutti si possono, perciò, cogliere, basta fare un giro presso le associazioni “pro-vita” o in quelle comunità cristiane dove il protagonista è ancora quel Gesù Cristo di cui ci parla San Paolo.
D’altronde: “… ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Capita l’antifona? Dobbiamo avere il coraggio di lasciarci potare, soprattutto quando il peso degli affanni di ogni giorno ci distrae e ci blocca e ci dice “ma chi me lo fa fare …”. Noi, forse, i frutti non riusciamo a vederli, perché siamo circondati da un mondo cui interessa solo il proprio orticello, però basterebbe un piccolo ragionamento circa il fatto che nessuno è inutile, se è capace di alleggerire i pesi di un altro uomo. Coraggio, allora, guarda che il Buon Dio è un buon vignaiolo e sa ben distinguere i tralci secchi da quelli verdi.
At 9,26-31 / Sal 21 / 1Gv 3,18-24 / Gv 15,1-8
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