IL RESPIRO DELLO SPIRITO

 Domenica di Pentecoste - Solennità

Ho sempre avuto una certa antipatia per tutte le cose da tenersi a memoria, alcune mi sono entrate in testa, altre invece non c’era e non c’è verso, nonostante l’impostazione dell’antico catechismo. Ci pensa questa festa a sollecitarmi, a cercare di ricordarmi i sette doni dello Spirito. Con l’età, penso, che il primo dono, la “sapienza” abbia preso dimora anche nel mio rapportarmi con gli altri. Ci vuole, però, “intelletto”, ed in giro non ne vedo poi molto, soprattutto per quanto riguarda l’approfondimento della fede. Anche perché ci vuole “scienza” e chi davvero si pone alla ricerca con serietà ed umiltà non può non convenire che è più difficile non credere in Dio, Padre e Creatore. Bisognerebbe, inoltre, avere il coraggio di saper chiedere “consiglio” per sapere ben dirigere tutte le proprie azioni. In queste, sia che riguardino le persone che incontriamo ogni giorno, sia quelle rivolte a Dio, occorre metterci una buona dose di “pietà”, per accendere quell’amore filiale che caratterizza ogni rapporto di benevolenza. Senza strafare, certo, ma con “fortezza”, perché quella occorre, in questo mondo sempre più scristianizzato, per testimoniare il Dio della vita. Che è Amore, ma pure autenticamente Giusto, perciò non vergogniamoci di averne “timore” perché questo ci obbliga a sentire la sua presenza salutare. Infatti, un mondo senza Dio, altro non sarebbe che una palude dove tutto è insidia, dove:“… togli loro il respiro: muoiono … mandi il tuo spirito, sono ricreati e rinnovi la faccia della terra.” (dal Salmo)
Cioè, senza Dio è automatico, gli uomini si riducono a polvere, di loro si perderà ogni traccia. Se, invece, il respiro dello Spirito viene sentito sulla nuca e viene assorbito fin nel profondo del cuore, allora, comincerà a vedersi la faccia pulita di questa umanità. Che si ritroverà affratellata, che saprà capirsi nelle diversità, che avrà il coraggio di affidarsi a Dio e di cooperare al suo infinito progetto creativo: “… e come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?...e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio.” (dagli Atti degli Apostoli)
Da quanto tempo non sento più parlare delle meraviglie di Dio, ma solo del progresso dell’uomo. Che stolti! Parallelamente alla crescita del tenore di vita, si verifica, infatti, un decadimento continuo della morale, uno sfrenato desiderio di soddisfare ogni inclinazione, anche in coloro che si dichiarano credenti:“… fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne.” (dalla Lettera di San Paolo ai Galati)
Quando si legge “carne”, bisogna riferirsi alle leggi umane e, pure, alle degenerazioni dell’uso del corpo per fini e scopi diversi da quelli stabiliti da Dio. San Paolo al riguardo è ben preciso. Possiamo ancora leggerlo, possiamo ancora sostenerlo perché nella verità e nella libertà ci identifichiamo come cristiani e non ci saranno censure o leggi, come quelle di cui si sta discutendo in questi tempi di gender mania, che ci metteranno il bavaglio. Perché il respiro dello Spirito ci sollecita alla testimonianza:“… Egli darà testimonianza di me, e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Quel riferimento al principio non vale solo per gli apostoli che ascoltano la promessa di Gesù, cioè la discesa dello Spirito Santo, ma credo proprio che sia rivolto a ciascuno di noi, nella propria vicenda storica. Ed è bello saperlo, perché vuole dire che fin dal nostro concepimento, noi eravamo con Lui. E’ un respiro all’unisono fin dall’inizio, è stupefacente, ecco perché non possiamo che esserne testimoni.

At 2,1-11 / Sal 103 / Gal 5,16-25 / Gv 15,26-27;16,12-15
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