IL PASTORE E IL MERCENARIO

 IVa Domenica di Pasqua (Anno B)

Il pastore conosce le sue pecore
L’altro giorno mi telefona una signora e mi chiede se mi ricordo di lei, mi dice che è la “Testimone di Geova” che ogni tanto passava da me, per fare due chiacchiere affinché capissi la bontà della loro missione. Adesso non possono andare di porta in porta, a causa del covid, e quindi ci provano con il telefono e con internet. Non demordono, comunque, hanno una bella costanza e determinazione. Mi spiace per loro perché si perdono in dottrine fasulle. Quanto sarebbe bello, invece, se portassero Gesù nel cuore: “… benedetto colui che viene nel nome del Signore. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.” (dal Salmo 117)
Ecco, allora, che è ben diverso il sacerdote o il diacono che proprio in questo periodo, come da tradizione, girano per le strade e passano di casa in casa per la benedizione Pasquale. Di solito, si fermano poco, giusto il tempo di una preghiera e di un saluto che, però, non inganna quelli che incontrano perché li orientano a Gesù. Solo da lui potranno ricevere sazietà di vita, di gioia, di amore, perché in Lui c’è l’Amore, appunto, per sempre: “… in nessun altro c’è salvezza; non vi è, infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini nel quale è stabilito che noi siamo salvati.” (dagli Atti degli Apostoli)

Queste parole non vengono dalla mentalità umana, che, per quanto buona possa essere, è sempre condizionata e limitata dall’egoismo. Vengono dal cuore di Dio, che è Padre e amore infinito. Gesù lo ha testimoniato, le ha vissute, ma se non viene fatto conoscere, tutto diventa inutile. Soprattutto, se non viviamo, nella Chiesa, come Lui ci ha insegnato, tutto diventa falso, merce di scambio. Penso a quei preti, vescovi, diaconi tedeschi a centinaia, che il prossimo mese manifesteranno contro la Santa Sede benedicendo pubblicamente unioni non sacramentate: “… per questo il mondo non ci conosce, perché non ha conosciuto Lui.” (dalla prima Lettera di San Giovanni Apostolo)
Già è difficile vincere l’indifferenza con cui questa umanità si pone nei confronti della religione, se poi ci mettiamo anche le divisioni fra i credenti, allora si è alla frutta, i più esperti, diranno, allo scisma. In fondo, però, penso che non sia questo il problema per la Chiesa, quella di cui Gesù ha dato le chiavi a Pietro, perché prima o poi i veri credenti sapranno quale pastore seguire, perché: “… il mercenario, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge … non gli importa delle pecore.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Oggi il mercenario non si presenta attrezzato: eccolo, tutti lo riconoscono, perciò sanno con chi hanno a che fare. No, si presenta in modo subdolo, frequenta i seminari, i partiti, i salotti televisivi, il mondo finanziario, la bella società, è rispettato e rispettoso e racconta a più non posso che, lui, vuole solo fare il bene della gente, fare progredire la società, includere ogni esigenza, non escludere nessuno. Salvo svelare la sua anima vendibile quando le opportunità proficue si manifestano e di fronte al pericolo di perdere i suoi privilegi fugge, abbandonando quella gente, quelle pecore cui aveva garantito tutta la sua fedeltà. Non è difficile da capire, stiamo vivendo queste situazioni. Consola che nella Chiesa di Gesù, il Pastore che guida il suo gregge, quelle pecore che sanno riconoscerlo perché lo amano, che lo seguono anche per pascoli poveri perché Lui vive con loro, in questa Chiesa non mancano veri pastori. Quelli che vengono nel nome del Signore.
At 4,8-12 / Sal 117 / 1Gv 3,1-2 / Gv 10,11-18

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