VI Domenica T.O. (Anno A)
va
prima riconciliati con tuo fratello, poi torna ad offrire il
tuo dono
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Quando
al momento dell’offertorio vengono portati il pane ed il vino
sappiamo che questi saranno, dopo la consacrazione, il corpo ed il
sangue di Gesù Cristo. Lo crediamo per fede, lo sappiamo per grazia.
E’ l’offerta della sua vita terrena che nel sacrificio e nella
passione trova la giustificazione per la salvezza degli uomini, per
ogni singola creatura che la magnificenza di Dio Creatore vuole per
sé.
Mi
domandavo: noi, invece, di nostro, cosa portiamo all’offertorio? Mi
rispondeva il ritornello di un canto di qualche anno fa: “Io ti
offro la mia vita, o mio Signore, io ti offro tutto di me, tutto di
me, tutto di me, tutto di me…” E mi sentivo trasportato, pronto a
gustare quel momento liturgico propedeutico alla Consacrazione. Ma
per meglio capire l’importanza di quella liturgia riascolto la
Parola di Gesù:
“…se
dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che
tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti
all’altare, va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi
torna ad offrire il tuo dono…” (dal Vangelo di Matteo).
Ecco
il punto: noi pensiamo di essere già giustificati perché siamo lì
alla Messa ed offriamo il nostro tempo, quindi parte della nostra
vita, mentre in realtà stiamo mancando di qualcosa alla grande. Chi
di noi non ha qualche conto in sospeso, qualche incomprensione,
qualche storia legata ad un dito? Per carità, il passato è passato,
eppure certe incomprensioni, certe mancanze tendono a ritornare. Ci
abbiamo messo una pietra sopra, ma non è sufficiente se non è
accompagnata dal perdono. In questo sta la riconciliazione. In quella
frazione di tempo tutto passa nel profondo di noi stessi, per esempio
la sollecitazione del Salmo:
“…Tu
hai promulgato i tuoi precetti perché siano osservati interamente.”,
e così già sapremo se nella nostra condotta avevamo fatto i furbi,
osservando solo quelli che ci erano più comodi. Da adesso non ci
sono più scuse, anche perché:
“…a
nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso
di peccare.” (dal Libro del Siracide)
Giusto
per ricordare, in veloce passante, l’inopportuna e discutibile
decisione di cambiare la preghiera del “Padre Nostro”.
Ritorniamo,
però, a quella nostra offerta, rimasta come sospesa, per continuare
a riflettere sulla decisione che vogliamo prendere: stare dalla parte
dei:
“…dominatori
di questo mondo…” (San Paolo) e lo possiamo essere anche senza
far parte della élite. Basta adeguarsi al loro pensiero, alle loro
leggi, distruggere la vita, la famiglia, l’amore, la sessualità,
il lavoro. In sintesi essere loro schiavi. Oppure stiamo dalla parte
di Dio perché in ogni caso quei “dominatori di questo mondo
vengono ridotti al nulla.” (dalla Prima Lettera di San Paolo ai
Corinzi).
Sappiamo
che loro, i dominatori e i loro schiavi, saranno giudicati, non
sfuggiranno al giudizio, come d’altronde tutti noi, ma se sapremo,
ogni qualvolta ci avviciniamo all’altare, offrire “tutto di me,
tutto di me, tutto di me”, allora la nostra vita stessa sarà
veramente il nostro dono. Un’avvertenza, da quel momento tutto
cambia, ma la nostra vita si farà più semplice perché:
“…sia
invece il vostro parlare: Sì, si, No, no, il di più viene dal
Maligno.” (dal Vangelo di Matteo)
Anche
perché c’è un solo modo per evitare le critiche, diceva
Aristotele, non fare nulla, non dire nulla, e non essere niente. Non
è il caso di un vero discepolo di Cristo.
digiemme
Sir
15,15-20 / Sal 118(119) / 1Cor 2,6-10 / Mt 5,17-37