15 febbraio 2020

L’OFFERTA E IL DONO

VI Domenica T.O. (Anno A)

va prima riconciliati con tuo fratello, poi torna ad offrire il tuo dono
Quando al momento dell’offertorio vengono portati il pane ed il vino sappiamo che questi saranno, dopo la consacrazione, il corpo ed il sangue di Gesù Cristo. Lo crediamo per fede, lo sappiamo per grazia. E’ l’offerta della sua vita terrena che nel sacrificio e nella passione trova la giustificazione per la salvezza degli uomini, per ogni singola creatura che la magnificenza di Dio Creatore vuole per sé.
Mi domandavo: noi, invece, di nostro, cosa portiamo all’offertorio? Mi rispondeva il ritornello di un canto di qualche anno fa: “Io ti offro la mia vita, o mio Signore, io ti offro tutto di me, tutto di me, tutto di me, tutto di me…” E mi sentivo trasportato, pronto a gustare quel momento liturgico propedeutico alla Consacrazione. Ma per meglio capire l’importanza di quella liturgia riascolto la Parola di Gesù:
“…se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare, va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono…” (dal Vangelo di Matteo).

Ecco il punto: noi pensiamo di essere già giustificati perché siamo lì alla Messa ed offriamo il nostro tempo, quindi parte della nostra vita, mentre in realtà stiamo mancando di qualcosa alla grande. Chi di noi non ha qualche conto in sospeso, qualche incomprensione, qualche storia legata ad un dito? Per carità, il passato è passato, eppure certe incomprensioni, certe mancanze tendono a ritornare. Ci abbiamo messo una pietra sopra, ma non è sufficiente se non è accompagnata dal perdono. In questo sta la riconciliazione. In quella frazione di tempo tutto passa nel profondo di noi stessi, per esempio la sollecitazione del Salmo:
“…Tu hai promulgato i tuoi precetti perché siano osservati interamente.”, e così già sapremo se nella nostra condotta avevamo fatto i furbi, osservando solo quelli che ci erano più comodi. Da adesso non ci sono più scuse, anche perché:
“…a nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.” (dal Libro del Siracide)
Giusto per ricordare, in veloce passante, l’inopportuna e discutibile decisione di cambiare la preghiera del “Padre Nostro”.
Ritorniamo, però, a quella nostra offerta, rimasta come sospesa, per continuare a riflettere sulla decisione che vogliamo prendere: stare dalla parte dei:
“…dominatori di questo mondo…” (San Paolo) e lo possiamo essere anche senza far parte della élite. Basta adeguarsi al loro pensiero, alle loro leggi, distruggere la vita, la famiglia, l’amore, la sessualità, il lavoro. In sintesi essere loro schiavi. Oppure stiamo dalla parte di Dio perché in ogni caso quei “dominatori di questo mondo vengono ridotti al nulla.” (dalla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi).
Sappiamo che loro, i dominatori e i loro schiavi, saranno giudicati, non sfuggiranno al giudizio, come d’altronde tutti noi, ma se sapremo, ogni qualvolta ci avviciniamo all’altare, offrire “tutto di me, tutto di me, tutto di me”, allora la nostra vita stessa sarà veramente il nostro dono. Un’avvertenza, da quel momento tutto cambia, ma la nostra vita si farà più semplice perché:
“…sia invece il vostro parlare: Sì, si, No, no, il di più viene dal Maligno.” (dal Vangelo di Matteo)
Anche perché c’è un solo modo per evitare le critiche, diceva Aristotele, non fare nulla, non dire nulla, e non essere niente. Non è il caso di un vero discepolo di Cristo.

digiemme

Sir 15,15-20 / Sal 118(119) / 1Cor 2,6-10 / Mt 5,17-37