14 gennaio 2017

IL SERVO DI DIO

IIa Domenica Tempo Ordinario
"Ti renderò luce delle nazioni.." (Isaia)
All’inizio della Messa “Il Signore sia con voi…e con il tuo Spirito” costituiscono il saluto del celebrante e la risposta dei fedeli. E’ molto significativo: è come dire, quando siete entrati in chiesa è venuto a prendervi ed accogliere il Signore. Tutti, poi, si augurano che il celebrante si sia immerso nello Spirito, consapevole di quanto sarà chiamato a fare nella Sacra Liturgia.
Non fa specie, quindi, il saluto di San Paolo ai Corinti: “…grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e del Signore”.
La grazia e la pace sono doni immensi. Il primo è completamente gratuito, mentre il dono della pace è la condizione minima essenziale per entrare in relazione con Dio.
La Grazia, inoltre, fa i miracoli come ci viene detto nel Salmo: “…mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, dal fango della palude: ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi.”
Guardate che immagini forti e chiare:
il pozzo fondo, buio, di cui subito siamo tentati di tastare la profondità lasciandovi cadere un sasso; un cunicolo che sembra, affacciandovisi, trascinarti verso gli inferi, un po’ come succede quando ti affacci sull’orlo del vizio, il gioco, la lussuria, l’ozio, e senza quasi accorgertene ti trovi invischiato nelle brutture del male;
la palude, infida, piatta, grigia che nasconde pericoli ad ogni passo, che t’infanga e ti trattiene, anzi ti trascina nelle sue sabbie mobili, luogo di morte e di asfissia, un po’ come quando non sai dare un senso, una via sicura, alle tue giornate e bamblani  senza un perché nel grigio più vuoto ed infecondo.
Sono questi i luoghi da cui vuole trarci fuori il Buon Dio, offrendoci la possibilità di camminare a testa alta, anche sulla roccia, cioè anche nelle difficoltà, con piedi sicuri perché certi del suo aiuto, perché ci sentiamo in cordata e la nostra guida conosce a menadito i sentieri che dovremo affrontare.
Perché già ci conosceva, addirittura: “…mi ha plasmato suo servo dal seno materno…Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra.” (Isaia).
Fin dal seno di mia madre, sono suo servo, è una verità. Quando, allora, si uccide un essere vivente con l’aborto si uccide un servo di Dio, alla faccia di quel tuttologo napoletano che giustifica la morte di un embrione, un fatto ininfluente in una società come la nostra.
Ecco il peccato, ecco la necessità del sacrificio: “…ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo…dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me…è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio.” (Vangelo).
Ecco il Servo di Dio che viene in soccorso, che si carica dei nostri peccati per offrirci la possibilità di abiurarli, di divenire a nostra volta un servo di Dio, una luce riflessa che possa illuminare almeno fino e attorno al proprio mondo piccolo. Poi, ci saranno anche coloro che porteranno la salvezza fino all’estremità della terra, in una missione che è solo servizio per il bene di ogni uomo. Il Buon Dio ha deciso che ha bisogno di buoni servi per far capire quanto è grande il suo Amore. Non possiamo tradirlo, a tutti dobbiamo portare il suo messaggio. Poi, sappiamo bene che non “tutti” lo accoglieranno, ma bastano i “molti” per giustificare il nostro umile servizio.
Is 49,3.5-6 / Sal 39(40) /1cor 1,1-3 / Gv 1,29-34

digiemme