IL PELLEGRINAGGIO:ALLA RICERCA DEL PALADINO DA SAINT JEAN PIED DE PORT A RONCESVALLES 6/8/2007

Avviso agli argonauti: non sono alla ricerca del vello d’oro, non mi interessa, sono alla fronda per guardare avanti e dietro di me, immerso nel silenzio delle domande sul significato della vita, la mia e di ciascuno.
Avviso ai miei trentatrè lettori: inizia il cammino e questo si articola a cavallo di quattro anni. Motivo per cui ci saranno intercavallamenti temporali e protagonisti varianti di tappa in tappa.
Per quanto riguarda i “magnifici dodici”, che, immersi nella foschia uggiosa di Saint Jean, si consultano su quale via, alta o di montagna – bassa o di fondovalle, indirizzarsi, bisogna aggiungere ancora un paio di precisazioni.
Lo status di pellegrino “ad limina Sancti Jacobi” viene riconosciuto con la consegna de “La Compostela”, una pergamena scritta in latino con stampato il proprio nome (in latino), solo se si è in grado di dimostrare che si sono percorsi, a piedi, almeno 100 chilometri.
Pertanto, un gruppo di dodici persone non può andare all’avventura, si deve necessariamente pianificare e stabilire delle ben precise tappe, sette, sufficienti a superare il minimo sindacale. Le abbiamo identificate in – Saint Jean / Rocesvalles – è lo storico inizio del Cammino Francese; -Pamplona / Puente la Reina – è il luogo dove il Cammino Francese incrocia il Cammino Aragonese e da quel punto diventa un solo Cammino; e le ultime cinque tappe, da Sarria a Santiago.
Così abbiamo anche potuto prenotare in tempi adeguati i posti dove avremmo pernottato.
Ecco che ci troviamo, perciò, alle 7,30 di mattina a Saint Jean. Minaccia pioggia e in cielo corrono
pesanti nuvole. Dopo aver messo il timbro (il sello) “Accueil Saint Jacques” con lo stemma della città e la silouette del Santo, sulla credenziale, ci siamo seduti per fare colazione e il decidersi cosa fare. Nel frattempo, guardando il “sello”, ricordavo a tutti dell’importanza della credenziale, in quanto è la carta d’identità del pellegrino, è la tavolozza che colora le orme e le tracce che ci lasciamo indietro per arrivare alla meta. Alla fine dell’ultima briciola di briosches, per inciso, per tutto il cammino, sempre favolose, Gianni, Nora, Giampiero, Anna e Maria Carmela decidono di percorrere la via alta o della montagna, gli altri si preparano per la via bassa o del fondovalle.
Ci separiamo,  gli “alpinisti” attraversano la mediovale Saint Jean e scompaiono, io e Rebecca alla guida dei pulmini ci rechiamo a Roncisvalles, circa 30 chilometri, parcheggiamo là una macchina e torniamo a Saint Jean, dove parcheggiamo anche la seconda e raggiungiamo gli altri che dopo aver fatto la spesa hanno iniziato a camminare ai bordi della strada N135.
Qualche scroscio di pioggia intervalla il togli e metti la mantellina, mentre, per la prima volta, vediamo e seguiamo la famosa freccia gialla (fecha amarilla), che indica la via. Non ci lascerà più: per questo motivo è impossibile perdersi sul Cammino, si può proseguire, per assurdo, anche senza guida.
Questa tappa si svolge quasi tutta su asfalto, pur se, con opportune deviazioni si riesce ad allontanarsi dal traffico veicolare. I chilometri da farsi, secondo la guida, sono 25 e si prevedono almeno 7 ore di cammino, con un dislivello di mt.1200,  e la stanchezza non tarda ad arrivare. Ben viene, perciò la pausa pranzo a Arneuy, al riparo del pronao della Chiesa.
Appena smette di piovere, ripartiamo compatti, ma dopo il paese di Valcarlos, cominciamo a distanziarci. Rimangono indietro Rebecca, Eva e Marisa che si auto appelleranno “le formichine”. Poi ci inoltriamo su uno sterrato alternato alla statale e perdiamo anche Francesco e Giovanna. Appena dopo esserci inoltrati sul sentiero, si scatena un nubifragio che in breve trasforma tutto, terra, erba, arbusti, piante in un acquaio: tutto sgocciola, acqua sopra, acqua sotto e del  colle del Puerto de Ibaneta nemmeno l’ombra. Ci ha salvato, in parte, un bosco, ma temporaneamente, perché poi, ritornati sull’asfalto, l’acqua ha ripreso a tutto spiano, al punto che non ce la facevamo più. Una scassata Renault 4 con due giovani baschi si è fermata e ci ha risparmiato gli ultimi tornanti prima del colle. Ci volevano portare fino a Roncisvalles, ma abbiamo voluto scendere, li abbiamo ringraziati, intanto aveva smesso. Eravamo proprio mal conciati: una pellegrina quando ci ha visto, presso la cappella dedicata alla Vergine di Rocesvalles, ci ha offerto da bere (ci sarà sempre un “angelo” dietro l’angolo) e dopo un breve riposo, giù in 20 minuti alla Collegiata . Poco dopo, fradici fino all’osso del midollo, arrivano gli amici della via alta, sono distrutti. Ci dicono che la discesa, impervia, non finiva mai e sotto la pioggia era uno scivolo d’acqua.
Un caffè e via, io e il Gianni, con il pulmino ritorniamo a Saint Jean, recuperiamo l’altro pulmino e sulla strada raccogliamo la Marisa che era in difficoltà. La Eva e la Rebecca le abbiamo ritrovate poi che erano a loro volta arrivate. Fatta la conta, prendiamo per Zubiri dove avevamo prenotato per la notte. A Roncisvalles ci ritorneremo l’indomani dopo una visita turistica a Pamplona, perché uno dei pulmini s’è guastato ed abbiamo perso una ½ giornata per trovare l’officina autorizzata. Anche in questo caso bisogna dire che il Cammino non ti lascia solo: il titolare dell’officina, in un giorno d’agosto – farsi capire in iberico, fra l’altro scopriamo che la Rebecca se la cava molto bene con lo spagnolo, viene subito nominata interprete ufficiale – ci presta immediata attenzione, distoglie un meccanico per guardare  il nostro mezzo, e…non farci pagare perché siamo pellegrini sulla via di Santiago…che ne dite?
Appunto, fra gente che arriva, che entra ed esce dal rifugio del pellegrino, fra zaini, bastoni conchiglie, ci guardiamo fra noi, respiriamo l’aria fredda e tipica di montagna, al cospetto di un ambiente che traduce un’atmosfera di altri tempi e in silenzio ci domandiamo se…davvero il “paladino” ci è venuto incontro e si è affiancato nella nostra piccola “battaglia” per resistere alla fatica e allo scoramento. Davanti alla cripta quadrangolare della “Capilla de Sancti Spiritus”, dove la leggenda racconta che morì e fu sepolto Rolando non si può non andare all’epopea dell’esercito di Carlo Magno. Il vento freddo non ci porta il suono di Olifante, il corno di Rolando, ma ci spinge verso la Chiesa per la Messa del “pellegrino”. Non manchiamo, perciò, di ringraziamenti al Buon Dio nella chiesa dedicata alla Vergine di Roncesvalles che, nella statua in oro, argento e diamanti, ci mostra il Bimbo che in un gesto tenerissimo, sembra appoggiare la mano sul cuore di Maria, quasi così voler appoggiarla sul cuore di tutti noi. Quasi a voler sentirne i battiti. Che saranno sempre su di giri nei giorni a venire.