Avviso agli argonauti: non sono alla ricerca del vello d’oro, non mi interessa,
sono alla fronda per guardare avanti e dietro di me, immerso nel silenzio delle
domande sul significato della vita, la mia e di ciascuno.
Avviso ai miei trentatrè lettori: inizia il cammino e questo si articola a
cavallo di quattro anni. Motivo per cui ci saranno intercavallamenti temporali e
protagonisti varianti di tappa in tappa.
Per quanto riguarda i “magnifici dodici”, che, immersi nella foschia uggiosa di
Saint Jean, si consultano su quale via, alta o di montagna – bassa o di
fondovalle, indirizzarsi, bisogna aggiungere ancora un paio di precisazioni.
Lo status di pellegrino “ad limina Sancti Jacobi” viene riconosciuto con la
consegna de “La Compostela”, una pergamena scritta in latino con stampato il
proprio nome (in latino), solo se si è in grado di dimostrare che si sono
percorsi, a piedi, almeno 100 chilometri.
Pertanto, un gruppo di dodici persone non può andare all’avventura, si deve
necessariamente pianificare e stabilire delle ben precise tappe, sette,
sufficienti a superare il minimo sindacale. Le abbiamo identificate in – Saint
Jean / Rocesvalles – è lo storico inizio del Cammino Francese; -Pamplona /
Puente la Reina – è il luogo dove il Cammino Francese incrocia il Cammino
Aragonese e da quel punto diventa un solo Cammino; e le ultime cinque tappe, da
Sarria a Santiago.
Così abbiamo anche potuto prenotare in tempi adeguati i posti dove avremmo
pernottato.
Ecco che ci troviamo, perciò, alle 7,30 di mattina a Saint Jean. Minaccia
pioggia e in cielo corrono
pesanti nuvole. Dopo aver messo il timbro (il sello) “Accueil Saint Jacques” con
lo stemma della città e la silouette del Santo, sulla credenziale, ci siamo
seduti per fare colazione e il decidersi cosa fare. Nel frattempo, guardando il
“sello”, ricordavo a tutti dell’importanza della credenziale, in quanto è la
carta d’identità del pellegrino, è la tavolozza che colora le orme e le tracce
che ci lasciamo indietro per arrivare alla meta. Alla fine dell’ultima briciola
di briosches, per inciso, per tutto il cammino, sempre favolose, Gianni, Nora,
Giampiero, Anna e Maria Carmela decidono di percorrere la via alta o della
montagna, gli altri si preparano per la via bassa o del fondovalle.
Ci separiamo, gli “alpinisti”
attraversano la mediovale Saint Jean e scompaiono, io e Rebecca alla guida dei
pulmini ci rechiamo a Roncisvalles, circa 30 chilometri, parcheggiamo là una
macchina e torniamo a Saint Jean, dove parcheggiamo anche la seconda e
raggiungiamo gli altri che dopo aver fatto la spesa hanno iniziato a camminare
ai bordi della strada N135.
Qualche scroscio di pioggia intervalla il togli e metti la mantellina, mentre,
per la prima volta, vediamo e seguiamo la famosa freccia gialla (fecha
amarilla), che indica la via. Non ci lascerà più: per questo motivo è
impossibile perdersi sul Cammino, si può proseguire, per assurdo, anche senza
guida.
Questa tappa si svolge quasi tutta su asfalto, pur se, con opportune deviazioni
si riesce ad allontanarsi dal traffico veicolare. I chilometri da farsi, secondo
la guida, sono 25 e si prevedono almeno 7 ore di cammino, con un dislivello di
mt.1200, e la stanchezza non tarda
ad arrivare. Ben viene, perciò la pausa pranzo a Arneuy, al riparo del pronao
della Chiesa.
Appena smette di piovere, ripartiamo compatti, ma dopo il paese di Valcarlos,
cominciamo a distanziarci. Rimangono indietro Rebecca, Eva e Marisa che si auto
appelleranno “le formichine”. Poi ci inoltriamo su uno sterrato alternato alla
statale e perdiamo anche Francesco e Giovanna. Appena dopo esserci inoltrati sul
sentiero, si scatena un nubifragio che in breve trasforma tutto, terra, erba,
arbusti, piante in un acquaio: tutto sgocciola, acqua sopra, acqua sotto e del
colle del Puerto de Ibaneta nemmeno
l’ombra. Ci ha salvato, in parte, un bosco, ma temporaneamente, perché poi,
ritornati sull’asfalto, l’acqua ha ripreso a tutto spiano, al punto che non ce
la facevamo più. Una scassata Renault 4 con due giovani baschi si è fermata e ci
ha risparmiato gli ultimi tornanti prima del colle. Ci volevano portare fino a
Roncisvalles, ma abbiamo voluto scendere, li abbiamo ringraziati, intanto aveva
smesso. Eravamo proprio mal conciati: una pellegrina quando ci ha visto, presso
la cappella dedicata alla Vergine di Rocesvalles, ci ha offerto da bere (ci sarà
sempre un “angelo” dietro l’angolo) e dopo un breve riposo, giù in 20 minuti
alla Collegiata . Poco dopo, fradici fino all’osso del midollo, arrivano gli
amici della via alta, sono distrutti. Ci dicono che la discesa, impervia, non
finiva mai e sotto la pioggia era uno scivolo d’acqua.
Un caffè e via, io e il Gianni, con il pulmino ritorniamo a Saint Jean,
recuperiamo l’altro pulmino e sulla strada raccogliamo la Marisa che era in
difficoltà. La Eva e la Rebecca le abbiamo ritrovate poi che erano a loro volta
arrivate. Fatta la conta, prendiamo per Zubiri dove avevamo prenotato per la
notte. A Roncisvalles ci ritorneremo l’indomani dopo una visita turistica a
Pamplona, perché uno dei pulmini s’è guastato ed abbiamo perso una ½ giornata
per trovare l’officina autorizzata. Anche in questo caso bisogna dire che il
Cammino non ti lascia solo: il titolare dell’officina, in un giorno d’agosto –
farsi capire in iberico, fra l’altro scopriamo che la Rebecca se la cava molto
bene con lo spagnolo, viene subito nominata interprete ufficiale – ci presta
immediata attenzione, distoglie un meccanico per guardare
il nostro mezzo, e…non farci pagare perché siamo pellegrini sulla via di
Santiago…che ne dite?
Appunto, fra gente che arriva, che entra ed esce dal rifugio del pellegrino, fra
zaini, bastoni conchiglie, ci guardiamo fra noi, respiriamo l’aria fredda e
tipica di montagna, al cospetto di un ambiente che traduce un’atmosfera di altri
tempi e in silenzio ci domandiamo se…davvero il “paladino” ci è venuto incontro
e si è affiancato nella nostra piccola “battaglia” per resistere alla fatica e
allo scoramento. Davanti alla cripta quadrangolare della “Capilla de Sancti
Spiritus”, dove la leggenda racconta che morì e fu sepolto Rolando non si può
non andare all’epopea dell’esercito di Carlo Magno. Il vento freddo non ci porta
il suono di Olifante, il corno di Rolando, ma ci spinge verso la Chiesa per la
Messa del “pellegrino”. Non manchiamo, perciò, di ringraziamenti al Buon Dio
nella chiesa dedicata alla Vergine di Roncesvalles che, nella statua in oro,
argento e diamanti, ci mostra il Bimbo che in un gesto tenerissimo, sembra
appoggiare la mano sul cuore di Maria, quasi così voler appoggiarla sul cuore di
tutti noi. Quasi a voler sentirne i battiti. Che saranno sempre su di giri nei
giorni a venire.