Ottava Domenica del T.O.
Anno C
Ero al cimitero l’altro giorno, la tomba era
aperta, in lontananza si avvicinava un gruppo di persone orante che seguiva, in
processione, una bara. Sarebbe stata calata, da lì a poco, in quel sepolcro di
cemento, definitiva dimora di un corpo in attesa di disfacimento nel nulla,
oppure nella Resurrezione promessa. Intorno, molti alberi, quelli che si
slanciano verso il cielo, quelli sempre verdi, che invitano al silenzio, alla
mestizia, alla preghiera, alla riflessione. Quasi come un anticipo di quanto
suscitano le letture di questa domenica. Lo spunto viene dalla seconda lettura:
“…fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità
e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
Dov’è o morte la tua vittoria, dov’è o morte il tuo pungiglione?” (dalla prima
Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinti)
Quando la morte porta via i nostri cari, sembra
proprio che l’abbia vinta. Quando la morte sorvola i campi di battaglia in una
guerra fratricida, sembra proprio che abbia la vittoria in pugno. Quando il
pungiglione continua a manifestarsi, a colpire, con i peccati che ciascuno di
noi deposita nei magazzini del male, ecco che non ci resta che guardare alla
croce. Per aiutarci a superare lo sgomento del lutto, perché è il simbolo della
redenzione e della misericordia infinita di Dio. Ecco perché sta su quella
tomba e su quasi tutte le fosse del cimitero; ecco perché la mettiamo nelle
nostre case, sui muri, sulle porte; ecco perché la tracciamo sulla fronte e sul
petto, la portiamo nel cuore. Guardare alla croce è guardare dentro di noi,
rispetto alla volontà di esserne degni, di esserne testimoni, come buoni
discepoli di Gesù Cristo. Non è facile. Molto dipende anche delle scelte che
caratterizzano la propria vita: la famiglia, il lavoro, le amicizie,
soprattutto le relazioni con il mondo, sempre pronte alla seduzione più
subdola, come ci suggerisce la prima lettura:“…non lodare nessuno prima che
abbia parlato, quando un uomo discute ne appaiono i difetti.” (dal Libro del
Siracide)
La conferma viene dai fatti che tutti i giorni
constatiamo sul fronte della comunicazione sociale, dove la menzogna prima o
poi viene a galla, dove il confronto è sempre difficile da gestire, perché
spesso rivestito da ideologie e da falsità. Comunque, vale quanto scriveva San
Francesco di Sales: “dovunque andiate, procurate di raccogliere qualche cosa di
buono e fate come le api che, tornando a casa, non vi portano che miele.”
Indipendentemente dall’età, perché anche:“…nella
vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare
quanto è retto il Signore, mia roccia.” (dal Salmo 91)
Verdi e rigogliosi come gli slanciati alberi al
cimitero, che ispirano solidità e bellezza, che in altri contesti, davvero
poggiano sulla roccia, come la fede che dovrebbe animare, fino all’ultimo, le
opere di carità, quale concreta espressione di coerenza con il messaggio
evangelico. Al riguardo, infatti, è tranciante la Parola di Gesù: “…non vi è
albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo
che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto.”
(dal Vangelo secondo Lucca)
In effetti, dovrebbe essere facile riconoscere
l’albero che dà frutti buoni, ma non è proprio così. In ogni caso, la varietà
di frutti che troviamo sui banchi di un supermercato è sinonimo che la bontà
del prodotto non è omogenea e per questo ha prezzi di vendita diversi. Così è
fra di noi, che ci professiamo cristiani. Senza volerci sempre confrontare con
i frutti di quanti rifiutano la proposta evangelica, “cerchiamo di avere un
cuore dolce, tenero, senza risentimento; il cuore indulgente non giudica, distoglie
gli occhi dal male.” (San Charles de Foucauld)
Quanto meno, cerchiamo di fare come dice il
santo, sapendo che il male lo si combatte con il bene e che gli alberi che
danno frutti cattivi possono essere sradicati, anche perché non servono a
niente, se non ad occupare terreno dannosamente.
Sir 27,4-7 / Sal
91(92) /
1Cor 15,54-58 / Lc 6,39-45
digiemme