Quinta Domenica T.O.
Anno C
Sarà capitato a tutti di tornare a casa dopo
una giornata di lavoro negativa, in cui nulla è andato per il verso giusto.
Sentirsi distrutto, deluso e preoccupato per i bisogni della propria famiglia è
tutt’uno. Eppure bisogna ricominciare, senza abbassare la guardia e volgersi
attorno per capire, per cercare di afferrare motivi di speranza. Un po’ come
deve essere successo a Pietro quando si trovò di fronte Gesù che gli diceva: “…prendi il largo e gettate le vostre resti per
la pesca.” (dal Vangelo di Luca)
Il futuro apostolo non immaginava di certo le
reali intenzioni di quel “profeta”, ma: “…non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola
getterò le reti.” (dal Vangelo)
Il risultato fu sorprendente e lasciò a bocca
aperta i presenti, creando entusiasmi ed aspettative commoventi. E’ come se,
dopo un fallimento professionale, mi venissero a dire di andare a giocare con
un “gratta e vinci” e trovarvi la vincita di un milione di euro. Salti e
capriole, sospiri di sollievo e tanta gratitudine. Non così per Pietro, lui: “al vedere questo si gettò alle ginocchia di
Gesù, dicendo: Signore allontanati da me, perché sono un peccatore.” (dal
Vangelo secondo Luca) In quel
frangente Simon Pietro si accorse delle sue fragilità, dei suoi limiti, li
riconobbe come causa dei suoi peccati e si sentì indegno di fronte alla potenza
di Gesù. Era frastornato, avrebbe capito più avanti quali erano le vere reti
che lui e gli altri undici avrebbero dovuto gettare: “l’articolarsi delle parole, le fasi del
discorso, la profondità degli argomenti, che non lasciano scappare coloro a cui
viene annunciato il Vangelo. Non per farli perire, come i pesci, ma per
conservarli in vita.” (Sant’Ambrogio)
Mettendosi alla sequela di Gesù, Pietro e i suoi soci hanno di fatto iniziato un cammino di umiliazione e di purificazione. In sostanza, come fece a suo tempo il profeta Isaia: “…io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito.” (dal Libro del profeta Isaia)
E’ facile da capire, oggi, questo versetto perché viviamo proprio nel tempo del parlare a iosa, giusto per aprire la bocca, lasciando sproloquiare quanto di più torbido, squallido e volgare sia possibile immaginare. Come sono importanti le parole: possono benedire o maledire, rivelare e donare amore oppure odio.
Le responsabilità sono sempre personali, ma il mondo ci mette del suo, là dove per mondo si deve intendere l’operato dei potenti in combutta con il maligno. Il terreno che quest’ultimi preparano è il luogo dove cresce il peccato, dove la purezza viene infangata allo scopo di deturpare la bellezza della vita che ci è donata dal Buon Dio. Le reti che bisogna gettare, allora, non sono quelle della pesca, ma quelle della parola scritta o parlata come voce dello Spirito, al punto che fa dire: “ora questa mia gioia è piena, perché la amo, la rispetto, la venero, l’ammiro e l’adoro. E questo mi basta.” (San Charles de Foucauld)
Anche a San Paolo bastava. Addirittura a lui che si riteneva come un aborto, che, solo per il fatto di avere avuto in dono la vita, non smetterà di esaltarne la grazia: “…per grazia di Dio, però, sono quel che sono e la sua grazia in me non è stata vana.”(dalla prima Lettera ai Corinzi)
Dopo di che tutta la sua vita è stata solo un affidarsi al Signore, annunciando il suo Vangelo con un comportamento franco, sereno, forte. Di fronte alle menzogne che avvolgono il mondo e lo tengono nella sofferenza, noi cristiani dobbiamo stare sicuri in ciò che crediamo perché: “…il Signore farà tutto per me. Signore il tuo amore è per sempre.” (dal Salmo 137)
Vero è che anche oggi, purtroppo, ci sono tra i cristiani persone incapaci di accogliere pienamente la Parola di Gesù e di annunciarla ad altri, eppure non mancano le opportunità per rivedere la propria condotta: la confessione e l’attesa del perdono da parte del Buon Dio. Il peccatore, ciascuno di noi, tornerà, così, a sperimentare la bellezza di un amore puro e benedetto.
Mettendosi alla sequela di Gesù, Pietro e i suoi soci hanno di fatto iniziato un cammino di umiliazione e di purificazione. In sostanza, come fece a suo tempo il profeta Isaia: “…io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito.” (dal Libro del profeta Isaia)
E’ facile da capire, oggi, questo versetto perché viviamo proprio nel tempo del parlare a iosa, giusto per aprire la bocca, lasciando sproloquiare quanto di più torbido, squallido e volgare sia possibile immaginare. Come sono importanti le parole: possono benedire o maledire, rivelare e donare amore oppure odio.
Le responsabilità sono sempre personali, ma il mondo ci mette del suo, là dove per mondo si deve intendere l’operato dei potenti in combutta con il maligno. Il terreno che quest’ultimi preparano è il luogo dove cresce il peccato, dove la purezza viene infangata allo scopo di deturpare la bellezza della vita che ci è donata dal Buon Dio. Le reti che bisogna gettare, allora, non sono quelle della pesca, ma quelle della parola scritta o parlata come voce dello Spirito, al punto che fa dire: “ora questa mia gioia è piena, perché la amo, la rispetto, la venero, l’ammiro e l’adoro. E questo mi basta.” (San Charles de Foucauld)
Anche a San Paolo bastava. Addirittura a lui che si riteneva come un aborto, che, solo per il fatto di avere avuto in dono la vita, non smetterà di esaltarne la grazia: “…per grazia di Dio, però, sono quel che sono e la sua grazia in me non è stata vana.”(dalla prima Lettera ai Corinzi)
Dopo di che tutta la sua vita è stata solo un affidarsi al Signore, annunciando il suo Vangelo con un comportamento franco, sereno, forte. Di fronte alle menzogne che avvolgono il mondo e lo tengono nella sofferenza, noi cristiani dobbiamo stare sicuri in ciò che crediamo perché: “…il Signore farà tutto per me. Signore il tuo amore è per sempre.” (dal Salmo 137)
Vero è che anche oggi, purtroppo, ci sono tra i cristiani persone incapaci di accogliere pienamente la Parola di Gesù e di annunciarla ad altri, eppure non mancano le opportunità per rivedere la propria condotta: la confessione e l’attesa del perdono da parte del Buon Dio. Il peccatore, ciascuno di noi, tornerà, così, a sperimentare la bellezza di un amore puro e benedetto.
Is 6,1-2a.3-8
/ Sal 137(138) / 1Cor
15,1-11 / Lc 5,1-11
digiemme