Seconda Domenica T.O.
Anno B
"Chi cercate?" "Rabbi, dove dimori?" |
A chi non sarà capitato di dover assistere un famigliare in ospedale? Stare accanto, nel silenzio della notte, alla testata del letto, pronto ai suoi bisogni, anche al suo sguardo che si consola della vicinanza:“…venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre vote.” (dal primo Libro di Samuele)
Quante volte nella nostra vita, nella notte della nostra vita, senza che ce accorgessimo, anche a noi venne il Signore, venne a stare accanto a noi, chiamandoci più volte. La malattia dei nostri peccati non ci ha permesso, però, di alzarci, di rialzarci, rispondendo alla chiamata. E se pure sarà capitato di restare all’erta, ben presto ci trovavamo attratti da altre tentazioni che ottenebravano la presenza del Buon Dio. Così infarciti dal nostro egoismo non ce ne rendiamo conto e pertanto non siamo in grado di rendere grazie. Non abbattiamoci, comunque, perché “come un buon soldato non ha paura di combattere, così il buon cristiano non ha paura delle tentazioni. La più grande tentazione è di non averne affatto.” (San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars)
Ci mettiamo, perciò, in condizioni ideali per corrispondere alla chiamata come fece il salmista:“…ho sperato, ho sperato nel Signore, ed Egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido.” (dal salmo 39)
Non più solo lo stare accanto, ma anche il chinarsi per ascoltare meglio il bisogno di aiuto, per incontrare uno sguardo, un’intesa per andare oltre il dolore, oltre un presunto abbandono perché “oggi come allora ci sono anime che cercano Dio. So bene che purtroppo non tutti arrivano a trovarlo, non guardano alla stella, che è la fede, non osano neppure avventurarsi su strade che portano a Lui, strade che richiedono rinunce, umiltà e quasi sempre la croce.” (San Rafael Arnaiz Baron, monaco trappista)
Croce che, sempre, stravolge tutto di noi stessi: la nostra mente, il nostro corpo che si trovano sballottati in una tempesta da cui è difficile uscire. Per certi versi però si gradisce, è più facile lasciarsi trascinare dove forte urla il vento: goditi la vita, un sano egoismo ci sta, le conseguenze sono problemi che altri sapranno sbrigare.
No, non è così, lo dice bene S. Paolo:“…state lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori dal suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo.” (dalla prima Lettera ai Corinti)
Non solo contro il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri, che diventa controparte da sfruttare e poi da abbandonare. Non è forse così? L’uso e il consumo di quanto più sesso a discapito di età, sempre più precoce, rende l’altro/a una mera distrazione dall’indifferentismo che impera nei rapporti interpersonali. Non si è più capaci di guardare chi ci sta accanto, di fissarlo nella sua specificità:“…Giovanni fissando lo sguardo su Gesù…fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse…” (dal Vangelo di Giovanni)
E’ questo il modo per conoscere, fare capire che m’interessi, mi sei caro, è questo che identifica l’uomo tra le altre creature, sapere e fare sapere che si può entrare e stare in rapporto nella piena valorizzazione di ogni persona, tant’è vero che Gesù:“…disse loro: venite e vedrete. Andarono, dunque, e videro dove dimorava e (da) quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.” (dal Vangelo secondo Giovanni)
Evidentemente, l’evangelista non intende, per dimora, una casa, né un luogo fisico, bensì la vita stessa di Gesù che da quel momento, le quattro del pomeriggio, divenne il centro della vita dei due discepoli. La domanda sorge spontanea: che ora era quando Gesù ci disse “vieni e vedrai”? Penso di poter dire, per me, che era ed è l’ora di tutti i giorni, soprattutto quando mi accorgo che là in quel tabernacolo, in quella Eucaristia, custodita dall’Amore della Chiesa, Lui, anche in quest’ora, in particolare in quest’ora di nascondimento, Lui mi sta accanto, è chino su di me.
1Sam 3,3-10.19 / Sal 39(40) / 1Cor 6,13-15.17-20 / Gv 1,35-42digiemme