IL NOSTRO TEMPO BREVE

Terza Domenica T.O.
                      Anno B  


Giona fu inviato e camminava per la città di Ninive, la città peccaminosa; Gesù, dopo il Battesimo, andava per la Galilea; il salmista vuole conoscere le strade da percorrere; e noi? Siamo pronti ad avviarci come pellegrini sulle vie di questo mondo, sempre più simile alla malvagia Ninive? Non sentiamo dentro di noi l’urgenza di cambiare la nostra vita, di cercare una dimensione più spirituale, più vera, per dare senso al nostro essere cristiani? Guardate che anche il nostro tempo si è fatto breve! Perciò dovremmo essere pronti, magari anche maldisposti, ma spronati dalla Parola, ogni esitazione dovrebbe cadere:“…Alzati, va a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico…”. (dal Libro del profeta Giona)

Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini
“Alzati!” – ci dice il Buon Dio – non nasconderti, è di te che ho bisogno, è con te che voglio salvare le città dell’uomo. Hai il Vangelo, annuncialo e chi lo accoglierà sarà salvo. Con questo non voglio dire che tutti dobbiamo prendere armi e bagaglio e partire come facevano i missionari di una volta. D’altronde, pure Gesù ha percorso gran parte della sua vita sulla terra in una dimensione, sì storica, ma soprattutto interiore, nel vissuto della sua famiglia, del suo paese, quale piccola o grande società qual’era l’Israele di allora.

Nel nascondimento rese diritta la sua via, praticando l’umiltà e la semplicità dei suoi pensieri e delle sue relazioni. In questo modo chi veniva in contatto con lui veniva trasformato, come Andrea, il futuro apostolo, che, trascorsa una giornata con il “Maestro”, non può fare a meno di condurre con sé anche suo fratello Simone: “Andrea ha condotto Pietro dal Signore. Che meraviglia! Andrea non è ancora discepolo e già conduce persone al Signore.” Basilio di Seleucia, vescovo.Mi domando, allora, se a mia volta, ho mai cercato di mettermi nelle condizioni di capire, di cercare le motivazioni per cui avrei dovuto mettermi alla sequela di Gesù, così come canta il salmista:“…fammi conoscere Signore le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza.” (dal Salmo 24)
Devo dire, con tutta onestà, che la molla decisiva per farmi mettere in gioco è quel riferimento alla salvezza. Di che? Salvezza da che cosa, mi domando tuttora, se non dalla perdizione? Perdersi, girare a vuoto, non riuscire più a ritrovare la strada, perché attratti da altri e da altro, per vivere la vita, questa nostra personale breve vita nel modo più carnale possibile, indifferenti alle conseguenze che il peccato di supponenza provoca nei confronti di quanti ci stanno attorno. Indifferenti al dopo, perché non può non esserci un dopo con cui dovremo fare i conti. Se questi saranno in rosso, lo valuterà il Buon Dio, allora sarà la perdizione, cioè l’esistenza eterna nel nulla perché lontani dall’Amore del nostro Creatore. Sta qui l’inferno e, proprio perché di città come Ninive non convertite, da sempre, è pieno il mondo, di sicuro l’inferno è strapieno. Verrebbe da dire, cavoli loro, ma la compassione per ogni uomo che muore ci deve muovere alla pietà cristiana e alle preghiere di suffragio. Ci conviene farlo anche perché in un attimo anche noi ci saremo dentro, il tempo, il nostro tempo è come quello che ci ricorda San Paolo:“…fratelli, il tempo si è fatto breve…passa, infatti la figura di questo mondo.” (dalla prima lettera ai Corinti)
Eccome se passerà questo mondo, nessuno sa come, ma di certo nostro Signore Gesù Cristo ritornerà per chiamare a sé tutti coloro che lo avranno riconosciuto e seguito. Molti, purtroppo, ancora oggi non lo conoscono perché i suoi discepoli, oggi più di ieri, non hanno il coraggio di andare per il mondo, proclamando il Vangelo di Dio e dicendo, come Gesù:“…il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo.”(dal Vangelo secondo Marco).
Per inciso, ricordiamoci come termina proprio questo Vangelo di Marco. Il proselitismo ha, dunque, la sua ragion d’essere perché è un dovere portare quante più persone a Gesù. E’ l’unico modo concesso a noi per avvicinarli alla salvezza ed è una grossa responsabilità perché il regno di Dio è vicino, molto vicino a noi, nei tabernacoli e nel sacrificio eucaristico. Per certi versi, quindi, non ci sarebbe neppure tanto difficile. C’è da muoversi, però, perché, non possiamo dimenticarlo, anche per noi, qui sulla terra, il tempo si è fatto breve. 
digiemme
Gio 3,1-5.10 / Sal 24(25) / 1Cor 7,29-31 / Mc 1,14-20