SEMPRE IN RITARDO

XXVa Domenica T.O. 
Anno A

Il premio è sempre il massimo della promessa
C’è una costante che angoscia i catechisti: dopo la Cresima i loro ragazzi diventano quasi tutti desaparecidos, scompaiono dall’orizzonte delle chiese e degli oratori. In piazza, a differenza dei lavoratori a giornata della famosa vigna, proprio non ci vanno nemmeno più. Forse qualcuno è di quelli che vi arrivano alle cinque di sera, per sentirsi dire:“…perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente? (dal Vangelo secondo Matteo)
Furbescamente rispondono, per nascondere il loro ritardo: “perché nessuno ci ha preso a giornata.”
In effetti, se non erano fra quelli dell’ora prima, probabilmente se ne stavano in un’altra piazza, quella dove convergono vie che non sono propriamente del Buon Dio.

Perché in quella piazza stazionano predatori e commercianti d’uomini, perciò è difficile sfuggire alle loro grinfie fatte da adulazione, dolce vivere, gaudenti promesse e ricchezze varie. Eppure, puntuale, arriva anche in quel luogo la Parola di Dio, con il tono perentorio del profeta Isaia:“…l’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri.”
’ dura, però, trovare il coraggio di ascoltarla in quanto ci sono “tre nemici forti e accaniti da vincere in ciascuno: la superbia dello spirito che fa si che vuoi essere visto, stimato, ascoltato; c’è poi la tua carne che ti assale con l’impurità del corpo e dello spirito. Infine, l’ispirazione alla cattiveria, ai pensieri amari, sospetti, giudizi malevoli, odio e desiderio di vendetta.” (Giovanni Taulero domenicano)
E’ così, ecco perché ci si nasconde, si cercano altre vie. Si pensa di essere immuni da ogni dovere, anzi proprio non esistono i doveri. Tutto ti è dovuto, salvo quando ti accorgi, all’ultimo momento, che non hai nulla fra le mani.
Allora vai, in ritardo, ma vai nella piazza giusta perché:“…giusto è il Signore in tutte le sue vie e buono in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, a quanti lo invocano con sincerità.” (dal Salmo 144)
Forse non si ha neppure il coraggio di invocarlo ad alta voce, in cuor proprio ci si rende conto che “il Signore ci ha fabbricato come ha voluto, ci ha messo al mondo, come quindi potremmo pensare a realizzare od operare qualunque cosa senza la sua forza?” (Simone il Nuovo Teologo, monaco)
In realtà, non siamo padroni di nulla, tutto, anche la vita ci è stata affidata, rientra nel suo originario disegno su di noi. E’ inutile tentennare, d’altronde senza la sua volontà e senza la sua bontà nulla possiamo, conosce i nostri limiti e le nostre furberie, si commuove lo stesso e dice anche a noi:“…andate anche voi nella mia vigna.” (dal Vangelo)
C’è da lavorare, certo, l’impegno è necessario come pure la libertà di mettersi a disposizione per qualunque servizio. L’importante è farlo con gioia. A Gesù, da quanto si può capire dalla parabola, non preme tanto il risultato del lavoro, ma la gioia di chi si impegna per lui, anche all’ultima ora. Il premio è sempre il massimo della promessa, nonostante il consueto ritardo con cui si capiscono le cose. D’altronde c’è da consolarsi se pure Sant’Agostino ci ha lasciato la sua poetica “tardi t’amai bellezza antica, tardi t’amai, ma t’amerò per sempre.”
 Un po’ come San Paolo che ai filippesi scrive:“.. per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno…Comportatevi dunque in modo degno del Vangelo di Cristo.”
Non lasciamoci, quindi, coinvolgere nell’invidia degli operai della prima ora. L’invidia cancella la gioia e non si può essere discepoli di Cristo se non si vive il suo vangelo nella gioia. Non attardiamoci. Il mondo visibile passerà e quello che attendiamo verrà bello; presto allora, andiamo in fretta in piazza, quella giusta, prima che cali il sole e sia troppo tardi.

Is 55,6-9 / Sal 144(145) / Fil 1,20-24.27 / Mt 20,1-16
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